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 Pratica
La produzione di polline da reddito in Toscana
 
di Aldo Metalori
 
Ecco la mia esperienza nella produzione di polline. E questa esperienza, da sempre, cerco di diffonderla e incrementarla, per elevare la produzione e la qualità del polline, a fianco di altri apicoltori e di enti di ricerca, come il Gruppo di Apidologia dell’Università di Pisa. Anche tutte le trappole METALORI sono di libera fabbricazione e di libera vendita, non coperte da brevetto, proprio per incentivare la produzione del polline. Così pure la filiera di lavorazione e di confezionamento è stata potenziata e oggi la nostra azienda è diventata anche un centro di lavorazione conto terzi a livello nazionale, per poter andare incontro alle esigenze dei piccoli produttori che non potrebbero o non avrebbero interesse a realizzare un impianto di lavorazione per il polline che producono. Nell’articolo userò sempre il noi perché il lavoro è portato avanti insieme alla mia famiglia
 
La produzione del polline per produrre reddito, e non solo come prodotto apistico secondario, la avviammo quasi per caso.
Agli “esordi” volevamo produrre polline “pulito” e biologico da offrire sui nostri banchetti al mercato, al posto del consueto polline spagnolo.
Iniziammo usando le trappole che si potevano comprare dalle ditte produttrici di materiale apistico, ma le produzioni che si riuscivano a ottenere erano modeste. E non basta.
Le api si ammassavano all’ingresso e alla fine della giornata ritrovavamo poco polline nel cassettino della trappola. Cominciammo a modificare le trappole, osservando come si comportavano le api e quanto prodotto riuscivano a portare. Il modello migliore era costituito da un’entrata della trappola con solo 3 file di fori rotondi, invece delle 8 file di quelle commerciali, e con un cassettino di raccolta grande e con il fondo in rete per far sì che il polline raccolto traspirasse meglio.
Un altro aspetto? Era importante che l’entrata della trappola fosse proprio davanti all’entrata dell’arnia e non più in alto, come nelle trappole che erano in commercio: costringevano le api a compiere un percorso complicato per entrare. A partire dalla trappola appena descritta, iniziammo a produrre in maniera interessante: non più circa un etto di polline al giorno, ma toccavamo fino a un chilo al giorno.
Alcune, doverose, considerazioni.
La nuova trappola non stava più dentro il portichetto, come le trappole in commercio. Una parte, quella con la griglia di ingresso, stava dentro il portichetto, mentre il cassettino di raccolta era sotto. Le arnie perciò furono modificate con un una fessura nel legno del portichetto, per far sì che il polline staccato dalle zampe delle api cadesse nel cassettino.
Con la trappola siamo riusciti a produrre più polline e di migliore qualità perché meno umido, grazie soprattutto al cassettino di raccolta più grande e più arieggiato. La stessa trappola è pratica e ideale anche per poter fare nomadismo, che come vedremo dopo è importantissimo pure per la produzione di polline di qualità.
Questo modello di trappola è stato, poi, realizzato e modificato in vari modi. Agli esordi era stato ideato per le arnie da nomadismo con portichetto; in seguito fu fatto anche per le arnie cubiche e per i portasciami.
Della trappola oggi ce ne sono più versioni. Una, progettata proprio quest’anno, è stata ideata con la griglia in acciaio direttamente attaccata a un blocco in legno che permette di poterla lasciare sempre all’interno del portichetto. Girandola da un lato, infatti, la griglia si posiziona davanti all’entrata e la trappola entra in funzione. Girandola dall’altra parte, il blocco di legno ha una scanalatura che consente il normale passaggio delle api. Basta, quindi, togliere il cassettino di raccolta e si ha una normale apertura di volo. Così la trappola può essere posizionata sempre nel portichetto, eliminando i problemi di magazzino e riducendo il lavoro per toglierla e metterla. Sempre la griglia in acciaio fa sì che la trappola si possa pulire facilmente e che non si deformi stando continuamente esposta al caldo, al freddo e all’umidità, come succederebbe se fosse in plastica.
Una versione ancora diversa della trappola è la così detta “trappola alta”. Ha sì le solite caratteristiche della trappola METALORI, ma invece di essere posta davanti all’entrata di volo è posizionata a 2/3 dell’altezza dell’arnia, fissata con delle viti a farfalla. In questo caso, l’arnia va modificata, si devono praticare, infatti, 1 o 2 buchi di circa 3 centimetri di diametro nella parete anteriore. I fori sono il nuovo ingresso della cassa e davanti va collocata la trappola. L’entrata di volo in basso, quella classica, dovrà esser chiusa con le normali chiusure dell’arnia. Con questa trappola, che può essere usata con qualsiasi tipo di arnia, il polline prodotto è più pulito e meno umido, e, dunque, fa risparmiare tempo e energie nella pulizia e nella deumidificazione.
Dopo la messa a punto della trappola, si è dovuto perfezionare il modo di lavorare in campo, per produrre polline di qualità.
Innanzitutto, è necessario capire quando e come mettere le trappole. La trappola, così, va inserita all’inizio delle fioriture più pollinifere. La trappole vanno messe contemporaneamente a tutte le famiglie dell’apiario, anche a quelle più deboli. Il motivo? Se lasciamo alcune famiglie senza trappola si avrà un forte effetto deriva che porterà molte bottinatrici verso le arnie senza trappola. Una volta posizionate le trappole, passeranno alcuni giorni prima che le api si abituino alla nuova entrata, dopodiché la produzione del polline procederà a pieno ritmo. Dopo i primi giorni vedremo, quindi, quali famiglie portano poco polline e quali ne portano molto. A quelle che ne portano poco può essere tolta la trappola. La trappola diventa anche una spia della salute o di eventuali anomalie delle colonie. Perché ci sono famiglie che portano poco o pochissimo polline? Hanno spesso problemi di malattie, in particolare di covata calcificata, o hanno qualche altro problema come l’essere orfane o troppo deboli o in prossimità della sciamatura.
Nelle famiglie forti e produttive la trappola si lascia per tutta la durata della fioritura, ininterrottamente. Nelle fioriture di piante molto produttive, come il castagno, la trappola è inserita in simultanea al melario e le colonie sono in grado di produrre contemporaneamente polline e miele.
E il polline caduto nel cassettino di raccolta? Occorre raccoglierlo frequentemente. Quando? Una volta al giorno in caso di produzioni elevate o in caso di forte umidità o di pioggia; oppure una volta ogni 2 giorni, in presenza di raccolti medi e di bassa umidità o di abbondante ventilazione. Perché? Tenere il polline più di 2 giorni nel cassettino vuol dire lasciarlo riempire di umidità e renderlo assolutamente inutilizzabile, buono soltanto per buttarlo via.
Approfondiamo ulteriormente.
Il polline si raccoglie togliendolo dal cassettino e vagliandolo con un vaglio a rete, con maglie di 4 millimetri.
Il polline raccolto e vagliato, si mette, poi, in un recipiente o in un sacchetto in plastica per alimenti e si porta al laboratorio dove si stocca in congelatore, prima della pulizia. La vagliatura in campo è importante per rimuovere i residui più grandi, come api rimaste accidentalmente nel cassettino, o pezzetti di erba. L’operazione non è da sottovalutare. Se non vengono rimosse, subito, queste impurità, non appena il polline è stoccato nel congelatore si congeleranno e durante la lavorazione successiva si sbricioleranno, complicando moltissimo il lavoro di pulizia.
In campo abbiamo iniziato a sperimentare anche nuove tipologie di arnie, per vedere se e quali potessero esser più adatte alla produzione del polline e abbiamo visto che ottimi risultati, in termini di produzione, si registravano con arnie tipo Langstroth, come quelle usate in Germania o in America, con i telai del nido un terzo più piccoli di quelli Dadant Blatt e uguali ai telai del melario.
Nel lavoro di campo, come dicevamo, riveste un ruolo importante anche il nomadismo che permette di inseguire le fioriture più importanti, sia dal punto di vista della qualità che della quantità di polline prodotto. Nelle nostre zone, la prima produzione è rappresentata, in primavera, dal salice, nelle zone di bonifica delle vecchie paludi o lungo il corso dei fiumi. Dopo arriva l’erica nei boschi delle colline e poi, sempre sulle colline e sulla montagna, il castagno. In tarda estate, una fioritura significativa è il rovo e in seguito, a settembre, l’edera. Con il nomadismo è possibile, allora, produrre più polline e si possono produrre anche dei pollini monoflora: al momento, però, mancano dei riferimenti di legge o degli studi per caratterizzare e definire quali pollini possano essere chiamati monoflora.
Dopo il lavoro di campo, prende il via il lavoro in laboratorio: lo stoccaggio, la pulizia, la deumidificazione e il confezionamento. Nel lavoro in laboratorio è stato necessario effettuare delle modifiche e delle innovazioni rispetto ai consueti metodi di lavoro e ai macchinari disponibili in commercio.
Le tradizionali macchine per l’essiccazione del polline presentavano una capacità di lavoro assai limitata, di circa 10-15 kg di polline al giorno.
Una quantità troppo piccola per i volumi di produzione che registravamo con la nuova trappola. Inoltre, le macchine essiccatrici in commercio lavorano con aria calda e il polline in lavorazione non è in un ambiente chiuso ermeticamente e isolato dall’ambiente.
Ciò portava a un prodotto secco, duro, sgradevole a mangiarsi e comportava anche un grande dispendio e spreco di energia elettrica.
A superare i suddetti problemi pensò, inizialmente, Andrea Niccolai, amico e collega apicoltore, ma soprattutto compagno d’avventura nel viaggio del nuovo modo di produrre polline. Andrea progetto e realizzò una nuova macchina per deumidificare il polline. Una macchina interamente in acciaio inox, con vassoi rotanti per permettere una migliore e più veloce deumidificazione del polline e con una capacità di lavoro di 170-190 kg al giorno. Inoltre, la macchina toglieva umidità non tramite aria calda, ma mediante un sistema di ventole collegate a un deumidificatore da ambiente che permetteva di lavorare a temperature basse, sotto i 40 °C, non alterando le caratteristiche del polline e non facendolo diventare duro e polveroso. Con tale macchina abbiamo cominciato a produrre un polline di qualità superiore: lo abbiamo chiamato “deumidificato” e non più “essiccato”, proprio per sottolineare la delicatezza della lavorazione e la qualità del prodotto. In più, la macchina era completamente ermetica e coibentata e permetteva così una igiene e una efficienza energetica molto superiore rispetto a  quelle in commercio.
Oggi per la deumidificazione del polline abbiamo adottato una deumidificatrice a freddo. E’ stata pensata, originariamente, per essiccare la frutta, che lavora il polline a una temperatura di 30-31 °C, deumidificandolo con una corrente di aria forzata a ciclo chiuso che poi viene raffreddata fino a -15 °C, facendo condensare l’acqua che viene così eliminata, rispettando totalmente le caratteristiche organolettiche del polline e aumentando la velocità di deumidificazione e quindi la capacità di lavoro al dì.
Una volta che il polline è stato deumidificato si passa alla fase della pulizia. Per pulire il polline è usato un vaglio ad aria che permette di togliere le impurità più piccole, poi il polline cade su un nastro trasportatore dove avviene la pulizia a mano con una pompa aspiratrice, per eliminare tutti i vari residui rimasti. A questo punto, il polline è pronto per il confezionamento e per la vendita.
Il polline può essere deumidificato in due modi diversi per avere due prodotti diversi. Non a caso, produciamo due tipi di polline: un polline deumidificato e uno congelato. Quello deumidificato si produce deumidificando il prodotto fino al 10% di umidità prima del processo di pulizia. Il polline in oggetto, che può essere conservato a temperatura ambiente, dopo la pulizia, è confezionato in vasetti di vetro per la vendita al dettaglio o in sacchi da 5 kg per la vendita all’ingrosso.
Il polline congelato è deumidificato con un’umidità di circa il 18%, lasciandolo, insomma, più umido per avere un prodotto più fresco e morbido, molto più gradevole al gusto, che dopo viene pulito e conservato in congelatore. Questo polline deve essere conservato in freezer e trasportato in catena del freddo e viene confezionato in vaschette in plastica alimentare di varie dimensioni.
Questa è la nostra esperienza.
E questa esperienza, da sempre, cerchiamo di diffonderla e di aumentarla, per incrementare la produzione e la qualità del polline, a fianco di altri apicoltori e di enti di ricerca come il Gruppo di Apidologia dell’Università di Pisa.
Anche tutte le trappole METALORI sono di libera fabbricazione e di libera vendita, non coperte da brevetto proprio per incentivare la produzione del polline. Così pure la filiera di lavorazione e di confezionamento è stata potenziata e oggi la nostra azienda è diventata anche un centro di lavorazione conto terzi a livello nazionale, per poter venire incontro alle esigenze dei piccoli produttori che non potrebbero o non avrebbero interesse a realizzare un impianto di lavorazione per il polline che producono.
 
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 12 tot.

La trappola tradizionale con 8 file di fori.

Una delle prime trappole METALORI.

La nuova METALORI in legno e acciaio.

La trappola alta montata su un’arnia.

Apiario in produzione con trappole e melari.

La raccolta in campo.

Il vaglio per la prima vagliatura in campo.

Essiccatrice tradizionale.

La deumidificatrice progettata da Andrea Niccolai.

La deumidificatrice usata oggi.

La catena di pulizia del polline.

Le confezioni per il dettaglio
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 26/06/2012 da Aldo Metalori
 
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