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 Malattie
Due nuovi problemi per l’apicoltura siciliana
 
di Santi Longo
 
Di Psilla, il killer degli eucalipti, abbiamo ampiamente parlato sul numero 3/2011 di Apitalia. E sì perché Psilla ha attaccato migliaia di alberi nel Serrabus, nel Campidano e nel Nuorese. In quel periodo ne è stata segnalata la presenza anche in Campania. Ora il contagio si estende: Psilla è passata in Sicilia e nel Lazio (Latina e Fiumicino). In più, gli apicoltori devono lottare anche contro il Cinipede galligeno del castagno. Vi aggiorniamo su come stanno andando le cose
 
Una della peculiarità dell’apicoltura siciliana è il nomadismo, attuato da tempo immemorabile dagli apicoltori tradizionali: è, attualmente, praticato dalla quasi totalità degli operatori apistici. Le numerose fioriture che si succedono nel corso dell’anno sono adeguatamente utilizzate dalle api per la produzione di mieli strettamente legati al territorio in cui vengono prodotti, in quanto le loro caratteristiche di composizione derivano principalmente dal tipo di flora bottinata (qualità e quantità delle piante che fioriscono e producono nettare nello stesso periodo). Non trascurabile influenza sulle caratteristiche del miele hanno, inoltre, il tipo di suolo, lo sviluppo delle diverse attività umane (inquinamento, piante coltivate di interesse apistico, ecc.), le tecniche di produzione (razze di api, sistemi di lavorazione e di trasporto).
Dopo la fioritura degli agrumi, che rappresentano il principale pascolo primaverile, molti apicoltori etnei trasferiscono gli alveari nelle zone dei monti Erei dove è in fioritura l’eucalipto, mentre altri apicoltori raggiungono i castagneti delle pendici dell’Etna, dei Nebrodi e delle Madonie per ottenere pregiate produzioni di mieli unifiorali (Fig. 1).
Nel 2010, in numerosi eucalitteti e castagneti isolani, sono state registrate le prime infestazioni di due insetti esotici di recente introduzione in Italia che, nel 2011, hanno superato la soglia di attenzione degli operatori, destando notevoli preoccupazioni negli apicoltori in relazione alla reale, o presunta, riduzione della produzione di miele.

La psilla dell’Eucalipto

Gli eucalipti sono stati introdotti nel nostro Paese a partire dall’800 come piante ornamentali e largamente impiegati nell’ultimo dopoguerra anche in Sicilia sia per fini industriali che per rimboschimenti. Tali essenze ospitano un limitato numero di specie autoctone adattatesi ai nuovi ospiti e poche altre accidentalmente introdotte negli ultimi decenni del secolo scorso, senza problemi fitosanitari di particolare rilievo; per contro il notevole flusso nettarifero e il polline assicurano alle api abbondanti pascoli estivi e hanno favorito lo sviluppo dell’apicoltura razionale. Lo scorso anno, in alcune località del Calatino, gli apicoltori hanno osservato i caratteristici follicoli di colore bianco, costituiti da cera e melata cristallizzata, secreti dagli stadi preimmaginali della Psilla Glycaspis brimblecombei Moore, nota come red gum lerp psyllid (Fig. 2). La specie, di origine australiana, alla fine del secolo scorso, è stata introdotta e si è rapidamente diffusa nel continente americano (Brennan &, Gill, 1999), nelle isole Hawai, Mauritius, Madagascar, e quindi in Spagna (Valente & Hodkinson 2009) e in Italia (Garonna et al. 2010).
Nel nostro Paese la Psilla è attualmente presente nelle regioni centro-meridionali (Campania, Lazio, Sardegna, Basilicata, Calabria e Sicilia, comprese le isole Eolie) e minaccia di diffondersi in tutte le zone in cui è presente la sua pianta ospite che, a seguito degli attacchi, viene fortemente debilitata. Il notevole calo della produzione di miele registrato in Sardegna e segnalato su questa rivista, ha destato un giustificato allarme negli apicoltori siciliani che auspicano interventi adeguati (Fig. 2).
La psilla australiana è inserita nelle liste di quarantena dell’EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization) per il suo controllo biologico nel continente americano è stato introdotto dall’Australia il parassitoide specifico Psyllaephagus blitens Riek. Sarebbe quindi auspicabile la sua introduzione anche nel nostro Paese, considerato il ruolo marginale svolto dai nemici naturali indigeni rappresentati da Antocoridi predatori e da Vespe (Fig. 3A).

Il cinipede galligeno del castagno

In Sicilia i boschi di castagno sono diffusi su una superficie di circa 8000 ha, nei territori collinari e montani delle province di Messina, Catania e Palermo che vengono frequentati da numerosi apicoltori per la produzione del caratteristico miele di castagno. Nella primavera del 2010 in 30 castagneti, ricadenti all’interno del Parco dell’Etna, nonché nei monumentali Castagno dei 100 cavalli e della Nave, sono state riscontrate le caratteristiche galle prodotte dall’imenottero cinipide Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu (Longo & Sidoti, 2011) (Fig. 4). L’insetto, originario della Cina, nel secolo scorso è stato introdotto in Giappone, in Corea e in USA. Nel 2002 è stato riscontrato in Piemonte e, dopo 8 anni, in tutte le aree castanicole italiane, dove ha causato danni notevoli ai castagneti da frutto.
Nel nostro Paese, la lotta contro tale organismo da quarantena è obbligatoria ed è regolamentata dal Decreto Ministeriale 30/10/2007 “Misure d’emergenza provvisorie per impedire la diffusione del cinipide del castagno, Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu, nel territorio della Repubblica italiana”, che ha recepito la decisione della Commissione 2006/464/CE indicando le misure preventive atte a limitare la diffusione. Tali misure sono essenzialmente di prevenzione; mentre riguardo alla lotta diretta sono state sperimentate, con scarsi risultati, la raccolta e la distruzione delle galle, nonché le energiche potature che, però, favorirebbero la formazione di polloni preferiti per l’ovideposizione dall’insetto.
Riguardo ai trattamenti fitosanitari va sottolineata la loro inefficacia contro uova e larve nelle gemme o nelle galle, mentre sono attivi solo contro gli adulti; al contempo però eliminano entomofagi e pronubi, con il concreto rischio di gravi scompensi biocenotici. La lotta biologica può essere realizzata sia con interventi protettivi degli entomofagi indigeni che propagativi con l’introduzione di specie provenienti dalle aree di origine del cinipide. Considerato che nei castagneti isolani i parassitoidi indigeni non sono in grado di contenere le infestazioni del nuovo fitofago, nel febbraio 2011, nel corso di una apposita riunione promossa dal “Dipartimento Regionale degli Interventi Strutturali per l’Agricoltura 5° Servizio Interventi in materia vivaistica e di difesa fitosanitaria”, dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana, è stata ribadita l’esigenza di avviare, in tempi brevi, un programma di lotta biologica classica per ristabilire l’equilibrio biologico dei castagneti siciliani alterato dall’introduzione dell’esotico cinipide galligeno.
Pertanto è stata avanzata al Servizio Fitosanitario Nazionale, richiesta formale di trasferimento di esemplari del parassitoide asiatico Torymus sinesis Kamijo dal Piemonte (Quacchia et al.. 2008) (Fig. 5) alla Sicilia per il controllo biologico del Cinipide del castagno. Avuta comunicazione che, per il trasferimento del parassitoide, non era necessaria alcuna autorizzazione ai sensi dell’art. 45 del Decreto legislativo 19/08/2005, dopo avere individuato il momento ottimale per l’introduzione del Tormide (seguendo le indicazioni contenute nella scheda predisposta dal DIVAPRA), dopo gli opportuni accordi con il professor Alma, dagli allevamenti del DIVAPRA - Entomologia dell’Università di Torino, sono stati prelevati 360 adulti (240 femmine e 120 maschi) neosfarfallati del Torimide che sono stati rilasciati in tre siti precedentemente individuati, uno dei quali è il monumentale “Castagno dei 100 cavalli” (Fig. 6).
Va sottolineato che l’intervento di lotta biologica classica avviato è valido dal punto di vista ecologico (basso impatto ambientale), tossicologico (nessun impiego di insetticidi) ed economico (elevati e duraturi benefici a fronte di costi relativamente ridotti). Esso richiede la stretta collaborazione di tutte le istituzioni pubbliche operanti nel territorio e dei privati interessati alla soluzione ecocompatibile del problema, che richiede tempi medio lunghi per il ristabilimento  degli equilibri biocenotici nei castagneti. Considerata la gravità del problema per la castanicoltura nazionale, il ministero delle Politiche Agroalimentari e Ambientali ha predisposto un progetto di lotta contro il Cinipide galligeno che vede coinvolte tutte le regioni interessate, e che potrà dare un importante contributo per la soluzione del problema.I benefici degli interventi di lotta biologica avranno ripercussioni positive anche nel settore apistico, considerato che, in Sicilia, l’apicoltura ha un ruolo trainante per l’economia di ampie zone soprattutto di quella etnea. Numerosi apicoltori etnei nel periodo estivo trasferiscono gli alveari nei castagneti etnei dove, in questo periodo, oltre al castagno sono in fioritura numerose altre essenze nettarifere e pollinifere. E’ ben noto che sono rari i mieli che possono essere considerati in purezza di castagno all'esame organolettico, mentre sono comuni quelli caratterizzati dalla presenza di castagno, ma nei quali è possibile individuare la compresenza importante di nettari diversi e di melate. Il nettare di castagno, infatti, risulta per le api meno attrattivo di altre fioriture concomitanti quali rovo (Fig. 7), fiori di sottobosco e delle stesse melate. Dal punto di vista commerciale vengono, comunque, riconosciuti quali monoflora di castagno tutti quei mieli dove la presenza del castagno è rilevabile all’olfatto e quindi al gusto, con la sensazione di amaro. Alla riunione dell’International Honey Commission, nel Congresso EURBEE di Praga nel 2006, è stato evidenziato che il problema ha valenza europea (Ferrazzi, com. pers.). Le cause sono da attribuirsi all’incremento degli incolti e quindi di fioriture tipo rovo, ma anche agli apicoltori che, per avere più produzione, utilizzano molto gli sciroppi,diluendo quindi il miele; la cosa è evidente soprattutto all’analisi melissopalinologica quantitativa. Il castagno, comunque, non è una pianta molto produttiva, e le api non sempre raccolgono molto nettare secreto dai pochi fiori femminili (Fig. 8), mentre si dedicano molto alla raccolta di polline presente nelle vistose infiorescenze maschili (Fig. 9). La melata prodotta da afidi e cocciniglie, sul castagno è ben poco visitata dalle api; gli elementi di melata sono, infatti, molto scarsi nel sedimento di questo miele. Sicuramente l’azione del cinipide agisce anche a livello dei fiori e della produzione mellifera. Nel Cuneese, è stata la prima provincia colpita, i mieli di castagno sono ancora meno frequenti. I due nuovi problemi fitosanitari rischiano di creare ulteriori disagi anche agli apicoltori e pertanto dovranno essere tempestivamente affrontati per trovare soluzioni adeguate ed ecosostenibili sulla scorta delle esperienze maturate in altri Paesi.
 
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 10 tot.
Figura 1
Apiario installato alle falde dell’Etna.
Figura 2
Stadi giovanili e adulti.
Figura 3
Foglie di eucalipto infestate.
Figura 3A
Antocoride predatore.
Figura 4
Galle causate dal cinipide.
Figura 5
Adulti del parassitoide prelevati dagli allevamenti del DIVAPRA.
Figura 6
Introduzione di adulti del parassitoide nel “Castagno dei 100 cavalli”.
Figura 7
Ape su rovo.
Figura 8
Fiore femminile.
Figura 9
Ape su infiorescenza maschile.
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 07/10/2011 da Santi Longo
Dipartimento GeSA Sez. Entomologia Agraria Università degli Studi Catania
 
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