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 Qualità;
Apicoltura Biologica
 
di Federico Valobra
 
Sono una folta schiera gli apicoltori che ci scrivono per avere chiarimenti sul Sistema di Certificazione Biologica in Apicoltura. Invece di fornire delle singole risposte, pubblichiamo uno speciale a cura di Federico Valobra, tecnico in apicoltura biologica di Aiab (www.aiab.it), storica Associazione del Biologico italiano. E’ chiaro che ci sono anche altri Organismi riconosciuti a livello europeo, come potrete verificare consultando il box che pubblichiamo, nella versione cartacea di Apitalia, alle pagine 33 e 34
 
La notifica e il sistema di controllo

Prima di immettere prodotti sul mercato come biologici o in conversione al biologico, gli operatori devono:
notificare la loro attività alle autorità competenti (Provincia di appartenenza),
assoggettarsi al Sistema di Controllo.
La notifica può essere cartacea oppure  elettronica. Nel primo caso dovrà essere inviata dall’apicoltore stesso via raccomandata con ricevuta di ritorno  agli uffici Regionali o Provinciali competenti. Ottenuta la ricevuta, copia del talloncino insieme alla copia della notifica dovrà essere inviata all’Organismo di Controllo prescelto. Nel secondo caso, Regioni, quali la Lombardia, che hanno adottato un sistema informativo agricolo informatizzato, l’operatore dovrà necessariamente associarsi a un CAA (Centro di Assistenza Agricola) che provvederà ad inoltrare notifica elettronica agli uffici competenti e quindi all’OdC (Organismo di Controllo), segnalato dall’operatore nella notifica stessa.
E’ esentato dalla procedura solo chi  vende direttamente al consumatore  finale senza produrre o preparare o immagazzinare in connessione con il punto vendita.
L’OdC rappresenta la “terza parte indipendente e imparziale” che dichiara, con agionevole attendibilità, che un prodotto, processo o servizio è conforme alla norma che regola la produzione e l’etichettatura dei prodotti biologici (Reg. CE 834/2007 e Reg. CE 889/2008).
Il sistema di controllo si basa su 4 elementi:
valutazione del progetto
validazione del processo
campionamenti
sorveglianza
Ricevuta la notifica di assoggettamento al controllo, corredata da ampia documentazione, l’OdC controlla sul campo le dichiarazioni dell’operatore e il contesto aziendale,  valutando la fattibilità o meno del progetto.
Quindi sarà validata la possibilità di produrre secondo quanto richiesto dal Regolamento e sarà predisposto un sistema di sorveglianza e un piano  di campionamento sulle materie  prime o sul prodotto finale finalizzato alla scoperta di eventuali contaminazioni da parte di prodotti non autorizzati, che sarà tanto più severo quanto sarà il rischio di riscontrare possibili irregolarità o infrazioni.

La scelta delle api in un’azienda bio

Nel Reg. (CE) 889/08 si stabilisce  un confine tra l’Azienda (“insieme  delle unità di produzione gestite nell’ambito di un’unica conduzione  ai fini della produzione di prodotto  agricoli”) e l’Unità  Produttiva (“insieme delle risorse utilizzate per un  determinato tipo di prodotto inclusi  i locali di produzione, gli appezzamenti, gli spazi all’aperto, …ogni  fattore  di  produzione”). Viene, quindi, stabilito che  l’Azienda deve essere a totale conduzione biologica con solo alcune eccezioni precisate nell’ambito del regolamento, come ad esempio l’allevamento di specie diverse.
Anche l’origine della specie di api è altamente selezionata dalle aziende biologiche. Si privilegia la razza Apis mellifera ed i suoi ecotipi locali: ai sensi dell’art. 8 paragrafo 2 del Reg. (CE) 889/08, la scelta della razza in apicoltura deve privilegiare le razze  autoctone secondo la loro naturale  distribuzione geografica: Apis mellifera ligustica, Apis mellifera Sicula (limitatamente alla Sicilia), limitatamente alle zone di confine, gli ibridi risultanti dal libero incrocio con le razze proprie dei paesi confinanti. Se riscontra la necessità di ampliare le proprie famiglie, l’apicoltore acquista sciami o altre famiglie solo da allevamenti conformi, oppure procede alla divisione delle famiglie che già possiede. Se ci fosse la necessità il nuovo  Regolamento prevede la possibilità di  introdurre animali convenzionali, qualora non siano disponibili sul mercato sciami o regine biologiche e viene inoltre ammesso il rinnovo degli apiari con il 10% di sciami e regine convenzionali, se collocati su favi o fogli cerei da apicoltura biologica.
Al fine di verificare la disponibilità di animali biologici, di cui all’art. 9 paragrafo 1 e 5 del Reg. (CE) n. 889/2008, è prevista l’istituzione,  presso il MiPAAF, di una banca dati  su base volontaria, contenente le informazioni sulla disponibilità di animali allevati  con metodo biologico.
La banca dati, popolata dalle informazioni provenienti dai produttori stessi ,sarà di tipo informatizzato, è periodicamente aggiornata ed è consultabile dagli operatori sul sito del SINAB: www.sinab.it.

Il periodo di conversione e la cera biologica

Un’azienda apistica che voglia vendere prodotti con riferimento al metodo di produzione biologico è obbligata a sostenere un periodo di conversione della durata di un anno durante il quale la cera dei favi da nido deve essere sostituita da cera  biologica e devono essere rispettate tutte le condizioni imposte dal Regolamento, come l’utilizzo di arnie costruite con materiali essenzialmente naturali, per le quali sparisce il divieto di utilizzo di plastica negli alveari, contenuto nei precedenti Decreti attuativi. La cera rientra a pieno titolo  nell’applicazione dell’834 (prodotto agricolo non trasformato). La sua lavorazione è una fase della produzione  apistica e che anche chi ne effettua la    lavorazione deve essere assoggettato al sistema di notifica e controllo previsto dai nuovi regolamenti.
I fogli cerei, quindi, devono provenire o dalla cera di opercolo della propria  azienda presente nell’elenco degli  operatori biologici oppure da altri operatori sottoposti al sistema di  controllo che garantiscano, in ogni  fase del processo di trasformazione della cera, la tracciabilità e origine della stessa. Come per le api, al fine di verificare la disponibilità di cera grezza biologica e/o fogli cerei ottenuti con cera biologica, di cui alla lettera a) art. 44 del Reg. (CE) 889/08,  verrà istituita e mantenuta una banca  dati consultabile sul sito del SINAB.
La differenza tra cera convenzionale e cera biologica è data dall’assenza di principi attivi non ammessi dal Regolamento. La cera comune proviene dalla lavorazione di quella presente nel nido e di quella di opercolo e  contiene spesso residui di molecole  provenienti dai trattamenti chimici,  impiegati per la lotta alle patologie delle api.
L’utilizzo di cera convenzionale è prevista solo in caso di nuovi impianti o durante la conversione, se:
1. non è disponibile in commercio cera biologica;
2. viene dimostrata assenza di sostanze non ammesse nel Regolamento attraverso risultati analitici;
3. proviene da cera di opercolo.

L’ubicazione degli apiari

La scelta dell’ubicazione degli apiari è molto importante per un’azienda biologica. Le arnie, infatti, quando sono in attività, devono essere posizionate in zone che assicurino sufficiente disponibilità di nettare e polline provenienti essenzialmente da coltivazioni biologiche, flora spontanea o colture in fioritura trattate con metodi a basso impatto ambientale. Obbligo fondamentale è anche quello di mantenere una distanza sufficiente (più di 3 Km) da qualsiasi fonte contaminante quali i centri urbani, le  autostrade, le aree industriali o le discariche. Il miele di apiari posizionati in contesti sbagliati può infatti essere contaminato da sostanze presenti nell’ambiente e nel nettare quali: metalli pesanti, antiparassitari e insetticidi se presenti in quantità inferiori a quelle letali per le api.
Nel caso dell’apicoltura biologica, è prevista un’unica eccezione relativa al servizio di impollinazione: i “prodotti”, di cui al primo comma dell’Art. 41, che non possono essere  venduti con la denominazione biologica sono da intendersi “il miele” e “il polline”. L’unica differenza nella conduzione deve però essere l’ubicazione  delle api in zona non conforme. Per  il resto, l’operatore dovrà rispettare quanto è previsto dai regolamenti.

Reg. ce 889/98 l’ubicazione in zone non conformi

Oltre a quanto previsto per tutte le  attività produttive biologiche, l’apicoltore deve essere in grado di fornire  all’OdC, per la valutazione della conformità del progetto aziendale, l’inventario cartografico delle postazioni.  
Se dall’analisi della cartografia risultassero postazioni situate in zone non conformi è possibile chiederne comunque, l’accettazione producendo adeguate prove, incluse analisi chimiche che ne attestino la conformità. Per quanto riguarda il nomadismo,  gli apicoltori sono obbligati a informare l’OdC, entro 10 giorni dalla movimentazione, nei casi di spostamenti in zone non conformi. Per gli  spostamenti in zone conformi al paragrafo 1, art. 13 del Reg. (CE) n. 889/08 la comunicazione si intende invece assolta con la compilazione e trasmissione del PAP (Programma Annuale delle Produzioni).
i trattamenti sanitari    la nutrizione artificiale
La nutrizione con sostituti del miele  bio non si configura più in deroga  ma è ammessa per aiutare la sopravvivenza a rischio a causa di condizioni  esterne avverse. Nelle aziende biologiche la nutrizione è consentita in ogni caso solo tra l’ultima raccolta di miele e 15 giorni prima del successivo periodo di flusso di nettare, utilizzando miele e zucchero bio o prodotti specifici certificati.
La nutrizione proteica con polline o suoi succedanei  non è prevista specificatamente dal Regolamento nel quale però si fa più volte riferimento al polline come fonte necessaria all’alimentazione delle colonie.

La lotta sanitaria

In agricoltura biologica, ogni metodologia di lotta contro le patologie  deve basarsi prima di tutto sulla prevenzione. In apicoltura deve, quindi, essere privilegiato:
l’allevamento di razze resistenti;
il periodico rinnovo delle regine;
il controllo sistematico della covata per l’individuazione tempestiva delle patologie;
il rinnovo periodico della cera;
la costante disinfezione del materiale e delle attrezzature;
la collocazione degli apiari in ambienti ideali.
Le malattie delle api hanno origini antiche, ma, con l’aumento degli scambi internazionali, nel secolo scorso hanno avuto una rapida quanto radicata diffusione in quasi tutto il mondo. Le patologie delle api  più aggressive sono la peste americana, la peste europea e la varroasi. Mentre le prime due sono di origine batterica, quest’ultima è causata da un acaro parassita, giunto dall’estremo oriente all’inizio degli anni ‘80 che, ha cambiato totalmente il modo di fare apicoltura.
In buona parte dei grandi paesi produttori di miele la prevenzione e la lotta alle malattie batteriche viene attuata con l’ausilio di antibiotici e sulfamidici.
In Italia, e nel resto dell’Unione Europea, non ci sono, invece, preparati autorizzati a base antibiotica neanche per l’utilizzo in apicoltura convenzionale, ed il miele deve risultare esente da qualsiasi residuo di tali sostanze. Se non vi è differenza nella tecnica apistica di lotta alle malattie batteriche, la battaglia contro la varroasi ha segnato spesso un confine netto tra l’apicoltore bio, che deve utilizzare  esclusivamente prodotti naturali come gli acidi organici, nonché mentolo, timolo, eucaliptolo o canfora, e  quello convenzionale che può disporre di svariati acaricidi di sintesi. Poiché nel biologico il benessere animale rimane un obiettivo da perseguire, pur essendo proibito somministrare medicinali allopatici in fase preventiva, è possibile trattare per la cura di una  patologia insorta sotto controllo del medico veterinario. Durante la cura, le colonie trattate dovranno essere isolate in apposito apiario e la cera dovrá essere completamente sostituita con altra cera  biologica. Successivamente, le famiglie saranno soggette nuovamente al periodo di conversione di un anno.
In sintesi è possibile praticare:
soppressione della covata maschile;
trattamenti con acidi organici e oli essenziali;
trattamenti “convenzionali” con conseguente isolamento delle famiglie, sostituzione della cera, conversione di un anno.

L’utilizzo dell’acido ossalico

Tutti i trattamenti effettuati andranno riportati nell’apposito registro  vidimato dall’ASL ed in caso di trattamenti allopatici questi dovranno essere immediatamente dichiarati all’OdC. Per quanto riguarda l’utilizzo  degli acidi organici come acido ossalico e acido formico e di tutti le altre sostanze, utilizzate come farmaci veterinari per la lotta verso una patologia quale può essere la varroasi, che  non sono state autorizzate come previsto dal Decreto legislativo 193/ 2006, anche se permesse dal Regolamento 889/08 risultano vietate dalla legislazione nazionale che reperisce una direttiva europea.
Nel caso dell’acido ossalico, ormai diventata un’arma imprescindibile per la sopravvivenza degli alveari, è stata  avviata una sperimentazione clinica  finalizzata all’autorizzazione del formulato Api-Bioxal a base proprio dell’acido organico in questione.
Contattando la casa produttrice del farmaco, la Chemicals Laif s.r.l., e avvalendosi della collaborazione di un  veterinario regolarmente iscritto all’albo ed autorizzato alla detenzione  delle scorte di medicinali veterinari,  è possibile partecipare alla sperimentazione e quindi utilizzare legalmente  l’acido ossalico nei trattamenti estivi in caso di blocco o asportazione di covata e nel trattamento autunnale/ invernale.
Nota ministeriale: acido ossalico
Reg. (CE) 889/08 Art. 24
Reg. (CE) 889/08 Art. 25
(l’autorizzazione di Api-Bioxal è prossima, ndr).

Etichettatura del miele biologico

Oltre a quanto previsto per l’etichettatura del miele convenzionale, la normativa comunitaria e nazionale prevede altri adempimenti per gli operatori licenziatari che si avvalgono delle diciture di prodotto biologico in etichetta.
Con la nuova normativa, è finalmente possibile definire direttamente l’alimento come biologico e non più attraverso il riferimento al metodo di produzione agricolo (art. 5 EX reg. CEE 2092/91); sono inoltre utilizzabili le abbreviazioni bio ed eco. E’ quindi possibile scrivere in etichetta “Miele Biologico” e non “Miele da Agricoltura Biologica”.
Sono previsti nuovi codici che rappresentano l’organismo di controllo e l’operatore controllato: l’OdC viene indicato con un numero di codice attribuito dal MiPAAF. Tale codice è preceduto dalla dicitura “Organismo di Controllo autorizzato dal MIPAAF”, dalla sigla IT e seguito dal termine BIO.
L’operatore che ha effettuato la produzione o la fase di preparazione più recente, compresa l’etichettatura, è individuato da un codice identificativo attribuito dall’Organismo di Controllo che viene preceduto dalla dicitura “operatore controllato n.…” come da stringa seguente:
Organismo di Controllo autorizzato dal MiPAAF operatore controllato n.IT BIO XXX XXXX
le etichette realizzate dopo il 01/07/2010 dovranno avere il nuovo logo europeo (facoltativo per prodotti da Paesi terzi).
La corretta composizione di una etichetta, in particolare nel caso dell’uso del logo UE, prevede che l’operatore rispetti la seguente disposizione:

logo UE, immediatamente sotto;
codice dell’OdC e, immediatamente sotto questo;
indicazione del luogo dove sono state coltivate le materie prime di origine agricola.


Laboratori di smielatura  e confezionamento: classificazione

L’ambiente di lavorazione del miele  deve possedere caratteristiche diverse  a seconda dell’origine della materia prima e della tipologia di prodotti che vengono lavorati e/o confezionati.
Infatti, il Regolamento 852/2004, il quale stabilisce le norme igieniche da  rispettare per gli operatori del settore alimentare, prevede una distinzione tra i requisiti delle strutture di lavorazione degli operatori che effettuano la sola produzione primaria e i requisiti delle strutture di lavorazione degli altri operatori. Con il termine Produzione Primaria, si intendono tutte le  fasi della produzione, dell’allevamento o della coltivazione dei prodotti primari, ossia prodotti della  terra e dell’allevamento che non subiscono trasformazioni e che includono tra l’altro il miele. Le attività di raccolta del miele, la  smielatura e il confezionamento  nello stabilimento dell’apicoltore proprietario degli alveari sono da intendersi quale produzione primaria.  
Altre operazioni che vengono svolte al di fuori del contesto aziendale dell’apicoltore (ad esempio la smielatura e il confezionamenti del miele effettuato da terzi o utilizzando un laboratorio senza regolare contratto di comodato o di affitto) non possono essere considerate produzione primaria.
In questo contesto, nel settore apistico, si possono distinguere varie situazioni che comportano o meno la classificazione di produzione primaria  o di fase successiva alla produzione  primaria che possiamo riassumere nella Tabella 1.
Nel caso in cui il miele e gli altri prodotti dell’alveare provengono dagli apiari aziendali e non vengono miscelati o trasformati, ma semplicemente estratti e confezionati all’interno del contesto aziendale, si rientra nella definizione di produzione primaria. Quando, invece, tali prodotti vengono del tutto o solo in parte acquistati, anche se non subiscono alcuna trasformazione, si rientra a tutti gli effetti nella fase successiva che comprende anche gli apicoltori che producono miscele a base di miele.

Laboratori di smielatura e confezionamento
Nelle aziende che operano nell’ambito della produzione primaria, i locali di lavorazione dei prodotti dell’alveare (miele, polline, gelatina reale e propoli) devono rispondere ai requisiti igienico-sanitari, previsti dall’Allegato I del Regolamento CE 852/2004. Per aiutare le diverse figure professionali coinvolte (apicoltori e controllori) a interpretare in  modo omogeneo le generiche indicazioni della Norma europea, in Lombardia sono state emanate, con  Decreto D.G. Sanità del 24/07/2009 n. 7631, le “Linee Guida per l’Applicazione delle Norme del Pacchetto Igiene al Settore dell’Apicoltura”.
All’interno del Decreto sono affrontati il tema dei nuovi adempimenti previsti per gli operatori del settore e quello dei requisiti igienico-sanitari relativi ai laboratori di smielatura per la produzione primaria, in modo semplice ed esplicativo.
Requisito principale dei locali è  quello di sostanziale abitabilità e  quindi devono garantire sufficiente superficie aeroilluminante, in spazi di dimensioni e altezze adeguate (2,70 m).
Condizione fondamentale è anche quella dell’utilizzo esclusivo per le operazioni per le quali è stata effettuata la registrazione.
Per quanto riguarda i servizi igienici e lo spogliatoio, in caso di unico addetto alle lavorazioni, è consentito l’utilizzo dei locali annessi all’abitazione privata. Nei locali di lavorazione le superfici devono essere in materiale non assorbente, lavabile e non tossico. Le pareti dei locali destinati a lavorazione e dei servizi igienici devono essere rivestite con piastrelle o trattate in materiale impermeabile, facilmente lavabile e disinfettabile, fino ad un’altezza non inferiore a 2 metri. La superficie deve essere liscia, priva di fessure e di colore chiaro.
Le finestre devono invece essere costruite in modo da impedire l’accumulo di sporcizia e munite di zanzariere facilmente rimovibili per la pulizia.
Il lavello o i lavelli presenti devono  essere dotati di acqua potabile calda  e fredda e di sistema di azionamento a pedale.
Gli alimenti devono essere sempre posti su scaffalature, mai poggiati direttamente sul pavimento mentre i vasi di vetro devono essere depositati in aree protette o, comunque, evitare  che si sporchino durante lo stoccaggio. Il Decreto ribadisce inoltre la possibilità di avvalersi di quanto predisposto dalla Circolare 34/SAN/99 in relazione alle attività di smielatura temporanea per gli apicoltori hobbisti.
Si rimanda, infine, ad una lettura completa del testo per una maggiore comprensione dell’argomento.

Laboratori di smielatura  e confezionamento per fasi successive alla produzione primaria

Nelle aziende che effettuano fasi successive alla produzione primaria, i laboratori, come in tutte le altre imprese alimentari, devono rispondere ai requisiti igienico-sanitari previsti dall’Allegato II del Regolamento CE 852/2004 ed essere progettati e costruiti in modo appropriato alla natura delle operazioni del processo da  condurre, ai rischi per la sicurezza  alimentare associati a queste operazioni ed alle potenziali fonti di contaminazioni derivanti dall’ambiente.
Le strutture interne devono essere quindi costruite in modo da facilitare le buone pratiche di lavorazione e l’igiene generale ambientale.
Il flusso delle materie prime, dei prodotti finiti e del personale deve essere  progettato in modo tale da prevenire  qualsiasi fonte di contaminazione. Le  lavorazioni devono quindi essere impostate nel rispetto della “marcia in avanti”, su un percorso che garantisca la protezione degli alimenti dalla contaminazione.
I locali devono avere dimensioni adeguate alla realtà aziendale, tali da consentire aree separate per anche per il deposito delle materie prime, stoccaggio, vendita, lavaggio delle attrezzature e deposito dei rifiuti.
Il laboratorio dovrà quindi avere locali o zone distinti e funzionalmente separati, destinati a:
Magazzino
Ampio locale collegato con la parte esterna per lo scarico dei favi da smielare e il deposito delle attrezzature varie. Non sono richieste particolari caratteristiche strutturali.
Locale di smielatura
Locale separato cui si può accedere dal magazzino o dallo spogliatoio. Deve essere dotato di un lavandino con erogatore a pedale di acqua calda e fredda, dosatore sapone e rotoli di carta a perdere per asciugare le mani.
Locale di confezionamento
Vi si accede dal locale di smielatura  ma possono anche non essere fisicamente divisi se le fasi di lavorazione (smielatura e confezionamento) sono temporalmente separate.
Nel caso in cui i due locali siano divisi è plausibile la presenza di un altro lavabo. Nei locali di lavorazione i pavimenti e le pareti devono essere in materiale non assorbente, lavabile e non tossico. Inoltre, la superficie dei pavimenti deve assicurare un sufficiente drenaggio e quindi avere una pendenza del 2% per regolare le acque di lavaggio verso un chiusino sifonato.
Le pareti dei locali  di smielatura e confezionamento devono essere rivestite con piastrelle o trattate in materiale impermeabile, facilmente lavabile e disinfettabile, fino ad un’altezza non inferiore a 2 metri, a meno che gli operatori alimentari non dimostrino all’autorità competente che altri tipi di materiali possono essere impiegati propriamente.
La superficie deve essere liscia, priva di fessure, di colore chiaro. Le finestre devono invece essere costruite in modo da impedire l’accumulo di sporcizia e munite di zanzariere facilmente rimovibili per la pulizia.
Locale vendita
Vi si accede dall’esterno e dai locali di lavorazione. Unico locale a cui può accedere il personale non autorizzato alle lavorazioni. Tutti i  prodotti in vendita dovranno essere  posti su scaffali ed etichettati.
Servizio igienico
Composto da bagno e antibagno,  con superficie minima complessiva  di 2,5 mq dotato di acqua corrente, WC e lavabo, quest’ultimo  dovrà essere posto nell’antibagno  (locale antistante il locale WC). La superficie minima del locale WC può essere di 1,5 mq, con lato minore non inferiore a metri 1,0 mq.
Il  numero dei servizi deve essere adeguato al personale addetto alla lavorazione e avere pareti e pavimenti con le stesse caratteristiche dei locali di lavorazione.
L’antibagno deve avere superficie minima di 1,00 mq e impedire che i servizi igienici immettano direttamente sugli altri locali.
Nel caso di attività con un unico addetto, può essere utilizzato anche come spogliatoio.
Spogliatoio
Il personale addetto alle lavorazioni  può accedere ai locali di lavorazione  solo dopo aver indossato le divise idonee all’attività. Per questo, la dislocazione dei locali deve essere tale da consentire l’utilizzo dello spogliatoio preliminarmente, attraverso specifici percorsi.
Le dimensioni minime possono indicarsi in 1,2 mq per addetto, con lato minimo di 1,2 m e superficie utile minima di 2,4 mq (comprensivi dell’eventuale antibagno).
Dispense e depositi
I locali adibiti a dispensa devono  essere asciutti, dotati di superfici  lavabili, aerati direttamente dall’esterno, con zanzariere alle finestre. Gli alimenti devono essere posti su scaffalature, mai poggiati direttamente sul pavimento. I vasi  di  vetro devono essere depositati in aree protette o comunque evitare  che si sporchino durante lo stoccaggio attraverso specifiche misure di autocontrollo.

Altezze
a) I locali di lavorazione devono avere l’altezza di 3.00 metri derogabile fino a 2.70 metri come previsto per i locali di abitazione e successive modifiche ed integrazioni.
b) I locali accessori (bagno, spogliatoio, corridoi, deposito) devono avere l’altezza non inferiore a 2,40 metri.

Attrezzature e piani di lavoro
Devono essere mantenuti in buone condizioni ed essere facili da pulire e disinfettare, per cui il materiale di costruzione deve essere: liscio, lavabile, atossico. Sono, quindi, preferibili le superfici in acciaio inox, o altri materiali idonei a venire a contatto con gli alimenti dotati sempre di certificazione del fornitore.
 
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 23/06/2011 da Federico Valobra
Tecnico in apicoltura biologica, AIAB www.aiab.it
 
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