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 L'opinione
Alzheimer delle api
 
di Luciano Pecchiai
 
Negli ultimi anni si sta assistendo a un calo del deficit delle difese delle api. Risulta intaccato il loro sistema immunitario. La responsabilità? Di diversi fattori. Sotto accusa innanzitutto i pesticidi utilizzati in agricoltura; fattori patogeni a livello larvale; stress delle api e sfruttamento della loro attività. Vediamo le soluzioni proposte dal Professor Pecchiai
 
Nel numero di maggio 2007 di Apitalia, in un articolo titolato “Le api a rischio estinzione”, Massimo Ilari e Alessandro Tarquinio informano, che negli Stati Uniti è in atto un “dissolvimento delle colonie apistiche”, che, in molti casi, va dal 60 al 90%. Da noi la situazione è analoga, anche se meno drammatica.
Le api morirebbero per la stanchezza, o perché disorientate, tanto da non riuscire a ritrovare la porta di casa, cioè dell’alveare e finiscono con l’esporsi al freddo, fino a morire. Inoltre, sarebbero meno difese nei confronti di vari agenti patogeni.
Un medico eubiotico, di fronte a una situazione analoga, in campo umano, non avrebbe alcun dubbio nel considerare l’eventualità, che si tratti di Alzheimer.
A chi volesse far notare, che qui stiamo parlando delle api e non degli umani, si potrebbe replicare con la celebre frase di Albert Einstein (ricordata da Apitalia): “Se l’ape scomparisse dalla faccia della Terra, all’uomo non resterebbero che 4 anni di vita”. Quindi, preoccuparsi della salute delle api, significa occuparsi della propria salute.
E’ per questo, che, come medico, mi sento coinvolto in questo problema, tanto da sentire il dovere di proporre per la salvaguardia della salute dell’alveare, gli stessi principii, che attuo per l’Alzheimer umana.
I presupposti di questi trattamenti in campo umano e apistico, sono stati già da me pubblicati fin dal 2005 e diffusi, sempre nel numero di maggio di Apitalia, in un articolo titolato; “Alveare e salute; nuove osserazioni terapeutiche”.
Prima di prospettare la proposta preventiva e curativa per risolvere il “Disturbo da dissolvimento delle colonie”, ritengo opportuno considerare le cause della sua insorgenza.
A questo proposito è il caso di ricordare, che gli insetticidi di ultima generazione, come l’imidacloprid, agisce (Apitalia) “sul sistema nervoso delle api, non permettendo loro di trovare la strada di ritorno per l’alveare”.
Ho ricordato questa precisazione, non tanto per sottolineare la responsabilità degli insetticidi per l’insorgenza della sindrome, cosa ovvia in senso generale, quanto per far notare che l’imidacloprid colpisce, tra i tanti punti metabolici vitali, proprio il sistema nervoso.
I fondamenti della ricerca eubiotica
A questo punto è opportuno ricordare sinteticamente alcuni concetti ignorati o dimenticati da molti, che stanno alla base della Medicina Eubiotica.
1) La centrale operativa, funzionale e trofica di ogni organismo è il cervello.
2) La centrale operativa dell’alveare è l’Ape Regina e di conseguenza, la centrale operativa dell’alveare è, di fatto, il cervello dell’Ape Regina.
3) II neurotrasmettitore, che dà l’impulso funzionale ai cervello è l’Acetilcolina.
4) Le api, a “conoscenza”, da sempre, di questi concetti, producono l’acetilcolina, che immettono nella Pappa Reale (1 mg. per grammo di Pappa Reale ), fornendo così all’Ape Regina l’impulso di longevità e vitalità, per anni, invece che per pochi mesi, come le api operaie.
5) Le api producono l’acetilcolina digerendo e usando i microorganismi presenti nel nettare, melata e polline, ricavando dalla loro capsula ceroide, cefalina e colina. Producono poi un enzima, l’acetil-coenzima A, con il quale acetilano la colina, così da produrre acetilcolina, che immettono nella Pappa Reale, prodotta dalle ghiandole sopracerebrali.
6) Se a causa di pesticidi, o di farmaci dati alle api, contro vari patogeni, come la varroa, o di fattori ambientali, dei quali verrà successivamente detto, può essere turbata questa sintesi dell’acetilcolina e quindi la sua normale concentrazione nella Pappa Reale, così da pregiudicare la longevità e vitalità dell’Ape Regina, con conseguente danno per tutto l’alveare. Andrebbe quindi condotta una ricerca sull’Ape Regina degli alveari in dissolvimento.
7) Una responsabilità del deficit delle difese dele api, anche nei confronti di fattori patogeni opportunisti, può essere fatta risalire anche a livello larvale, fin dalla fecondazione delle uova da parte degli spermatozoi. E’ noto, che gli spermatozoi immessi dai fuchi nella spermateca dell’Ape Regina, durante il volo nuziale, restano vivi e mantengono la loro vitalità per tutti gli anni della fertilità della Ape Regina, in virtù dei principii vitalizzanti secreti dalla spermateca, la cui natura dovrebbe essere dimostrata.  Venendo meno la vitalità dell’Ape Regina, potrebbe essere turbata, nella pratica la vitalità degli spermatozoi. E quindi la vitalità della larva e poi dell’Ape adulta.
8) Oltre al danno provocato alle api dai pesticidi, da un punto di vista chimico e biochimico, dovrebbe essere considerato anche il danno ambientale provocato dallo smog e dall'elettrosmog, caratterizzati da cariche elettromagnetiche positive, nei cui confronti gli insetti e le api sono particolarmene sensibili.  Le api andrebbero protette da queste cariche, con ionizzatori a cariche negative, mettendo l’alveare, colpito da spopolamento in una serra, per far sì che l’Ape Regina, adeguatamente vitalizzata, quindi escludendo alle api operaie alimenti sterilizzati, a base di saccarosio e fruttosio, possa ripopolare l’alveare, sempre, ovviamente, che la salute dell’Ape Regina non sia stata eccessivamente pregiudicata.
9) Mettere nell’alveare laminette di tessuto incorporante cristalli piezoelettrici (quarzo, tormalina, corindone), cosiddetti tachionici, in grado di captare l’energia cosmica a carica elettromagnetica negativa, per contrastare le cariche dell’elettrosmog a carica elettromagnetica positiva.
10) Mettere nell’alveare una spirale di Lakovsky micronizzata (della grandezza di una moneta di 2 Euro), che è in grado di rimettere ordine in una situazione di campi elettromagnetici contrapposti positivi e negativi.

Conclusioni
E’ evidente, che queste considerazioni sulle cause della “sindrome dello spopolamento dell’alveare” e sui suggerimenti pratici per risolverla, richiedono una verifica scientifica sperimentale. Mentre di solito, prima si compie una sperimentazione in campo animale e poi si passa alla sperimentazione umana, spesso attuo un processo inverso e cioè trasferisco la sperimentazione dal campo umano a quello zootecnico e agronomico. In questo caso quindi, trasferisco gli interventi curativi, che pratico nei confronti del deficit della memoria breve dell’Alzheimer umana, a quella che considero “l’Alheimer delle api” e quindi l’uso di fattori probiotici naturali e delle cariche elettromagnetiche negative, emesse da uno ionizzatore, i cristalli piezoelettrici tachionici e la spirale di Lakovsky. Poiché è ovvio, che tutti questi “marchingegni” non sono assolutamente noti in campo apistico, sono naturalmente in grado di metterli a disposizione nell’ambito di una ricerca ufficiale patrocinata da Apitalia.
 
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 01/06/2007 da Luciano Pecchiai
Libero Docente in Anatomia Patologica, Primario Patologo Emerito dell’Ospedale dei Bambini «Vittore Buzzi», Milano
 
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