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 Malattie
Cosa c’è di nuovo sul fronte occidentale: la battaglia al calabrone asiatico nel ponente ligure
 
di Laura Bortolotti
 
Vespa velutina, essendo un predatore estremamente vorace, rappresenta un pericolo anche per altri insetti, compresi quelli utili in agricoltura, oltre che per l’equilibrio dell’ecosistema in generale. Può inoltre diventare un pericolo per le persone. La maggior parte dei nidi nel ponente ligure sono stati trovati in zone urbane, fortemente antropizzate; e non solo sugli alberi a grandi altezze, dove è abitudine per questa vespa nidificare, ma anche a livello del suolo, in luoghi facilmente accessibili alle persone...
 
Sono trascorsi due anni dal ritrovamento del primo esemplare adulto del calabrone asiatico Vespa velutina Lep. in Italia, e quasi altrettanti dal rinvenimento del primo nido. In questi mesi il calabrone ha proseguito la sua inesorabile avanzata nel territorio italiano, verso est fino a Savona e verso nord nella provincia piemontese di Cuneo, dove tra aprile e ottobre di quest’anno sono stati catturati altri esemplari adulti della vespa. Ma com’è oggi la situazione nel ponente ligure, zona del suo primo arrivo? Quali danni ha fatto in questi anni, quali preoccupazioni ha sollevato, quali contromisure sono state prese? E come mai, nonostante il pericolo rappresentato per l’apicoltura, oggi sembra quasi che il problema sia sottovalutato?
Forse perché in questi stessi mesi un altro flagello dell’apicoltura ha fatto la sua comparsa in Italia, si tratta di Aethina tumida, il piccolo coleottero dell’alveare, ritrovato a settembre 2014 in alcuni apiari della Calabria e già diffusosi anche in Sicilia (frattanto l’UE ha bloccato il commercio di api vive e materiale apistico, inclusi i prodotti dell’alveare per uso umano, dell’intera Calabria e Sicilia sino al 31 maggio 2015, ndr). La preoccupazione degli apicoltori, del tutto giustificata, per questo parassita rischia però di oscurare la grave situazione della Liguria, dove nel frattempo Vespa velutina ha potuto espandersi in modo quasi incontrollato.
Ma questo “quasi” ha la sua importanza. Perché in questi anni, in questi mesi e ancora adesso, c’è qualcuno che si sta opponendo con tutte le sue forze all’invasione del calabrone asiatico. E come spesso accade nella storia, la resistenza è venuta dal basso.
Non stiamo infatti parlando di eserciti e guarnigioni, ma di apicoltori, volontari, cittadini, che di fronte a questa emergenza si sono rimboccati le maniche per andare in soccorso alle api, ma non solo a loro. Vespa velutina, essendo un predatore estremamente vorace, rappresenta infatti un pericolo anche per altri insetti, compresi quelli utili in agricoltura, oltre che per l’equilibrio dell’ecosistema in generale. Può inoltre diventare un pericolo per le persone.
La maggior parte dei nidi nel ponente ligure sono stati trovati in zone urbane, fortemente antropizzate; e non solo sugli alberi a grandi altezze, dove è abitudine per questa vespa nidificare, ma anche a livello del suolo, in luoghi facilmente accessibili alle persone (Foto 1). E proprio a queste persone, gli apicoltori dell’associazione Apiliguria di Imperia, capitanati da Fabrizio Zagni e Nuccio Lanteri, hanno prestato il maggior numero di soccorsi, rispondendo alle chiamate di spaventati cittadini che si trovavano, magari nel proprio giardino, un nido di calabroni di dimensioni mai viste; segnalazioni sempre più numerose, cui nemmeno i Vigili del Fuoco riuscivano a far fronte e dirottavano quindi sulla loro associazione. Ma non è semplice eliminare nidi del diametro anche di un metro, posti talvolta a 20 metri di altezza dal suolo. Si sono così attivati per trovare tecniche efficaci, mutuandole dai vicini apicoltori francesi, che con questo predatore lottano già da diversi anni: nebulizzazione di insetticidi a pressione, attraverso aste di metallo cave e leggere, lunghe fino a 20 metri, con cui raggiungono e perforano il nido, avvelenandone la popolazione (Foto 2). Per meglio convogliare le segnalazioni, hanno predisposto un volantino da distribuire capillarmente (disponibile sul sito web di Apiliguria) e organizzato incontri e seminari per mettere a conoscenza e sensibilizzare i cittadini e le istituzioni verso il problema. Solo in questa stagione nel ponente ligure i nidi avvistati grazie a questo passaparola sono stati una settantina, e più della metà sono stati distrutti, ma chissà quanti ancora ce ne saranno nella zona; oltretutto non sempre i volontari sono stati in grado di rispondere prontamente alle segnalazioni, ricordiamoci che non fanno questo di mestiere e non sono nemmeno remunerati per farlo. Così hanno deciso di organizzare corsi di formazione, rivolti soprattutto ad altri apicoltori, i più sensibili al problema, ma anche a comuni cittadini che si vogliono rendere utili. In questi corsi illustrano le caratteristiche del calabrone e dei suoi nidi e istruiscono i partecipanti sulle tecniche di distruzione, attraverso un percorso sia teorico che pratico (Foto 3).
Così è trascorsa questa seconda stagione di assedio della Vespa velutina per gli apicoltori del ponente ligure, in una incessante corsa contro il tempo, perché più tardi si interviene a distruggere i nidi, più è probabile che le regine del calabrone siano scappate per andarsi a rintanare in qualche rifugio nascosto, da cui usciranno a primavera per fondare una nuova colonia. Da ogni colonia di possono nascere fino a 300 regine e di queste circa un 10% sopravvivono all’inverno. Così per ogni nido sfuggito alla distruzione, ce ne saranno potenzialmente altri trenta l’anno successivo. E questo significa nuove sofferenze per le api. Perché già quest’anno, mentre gli apicoltori erano impegnati nella lotta al predatore, le loro api erano circondate, da inizio estate a fine autunno, da almeno 4-5 calabroni per arnia, fissi davanti al predellino ad afferrare le bottinatrici al rientro, decimandone la popolazione e spesso costringendole a rimanere per mesi recluse nell’alveare, senza nutrimento per le larve e senza scorte per l’inverno. Cosa sarà di loro l’anno prossimo - di quelle poche fortunate che saranno sopravvissute - quando la pressione di predazione sarà almeno 30 volte maggiore? Se le parole non bastano, le immagini dei video pubblicati sul sito (www.apiliguria.it) possono dare un’idea di quanto accade oggi e di quello che potrebbe essere domani.
E nel frattempo, mentre in Liguria le api morivano e gli apicoltori si armavano alla guerra, cosa hanno fatto le istituzioni? Alcune se ne sono disinteressate da subito, affermando che il problema della Vespa velutina non ricade sotto le loro competenze. Altre invero si sono mosse, anche se con un po’ di ritardo, sensibilizzate dalle associazioni di apicoltori e dai ricercatori del DISAFA (Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali e Alimntari) di Torino, che per primi hanno avvistato il calabrone asiatico sul territorio italiano. All’inizio del 2014 il MiPAAF ha stanziato fondi per il monitoraggio di V. velutina in Italia nell’ambito del progetto BeeNet, la rete di monitoraggio apistico coordinata dal CRA-API.
A maggio dello stesso anno ha incaricato il CRA-API di coordinare la redazione di un progetto di ricerca sul controllo del calabrone, in collaborazione con le altre istituzioni di ricerca già impegnate nello studio di questo insetto. A causa delle lentezze burocratiche, però, il monitoraggio è partito solo a settembre 2014, mentre il progetto di ricerca vedrà la luce solo dal gennaio 2015. è andato così perso un intero anno, durante il quale il calabrone non è stato altrettanto immobile. Più rapidi gli interventi a livello regionale. In Liguria, dove nell’estate 2014 l’Assessorato regionale all’Agricoltura, grazie all’interessamento dell’assessore Giovanni Barbagallo, ha concesso un finanziamento alle attività di lotta che gli apicoltori avevano portato avanti, fino a quel momento, su base volontaria. In Piemonte, dove attraverso la Regione sono stati destinati al DISAFA dell’Università di Torino i fondi nazionali residui del Reg. 1234, cui si sono aggiunti quelli stanziati dall’associazione apistica piemontese Aspromiele, per la messa a punto di un sistema radar con cui individuare i nidi del calabrone.
A livello istituzionale, poi, lodevole è stata la battaglia della senatrice Donatella Albano, originaria di Bordighera, che si è presa a cuore la grave emergenza che minacciava la sua terra di origine ed è riuscita a portare al Senato un’interrogazione parlamentare, terminata con un’importante risoluzione in base alla quale si impegnano le istituzioni a definire una strategia di pronto intervento per il contenimento di V. velutina e a sostenere, dal punto di vista finanziario e tecnico, gli enti statali e gli organismi regionali impegnati nella ricerca di mezzi di contrasto; oltre ad altre importanti misure tra cui l’indennizzo dei danni agli apicoltori.
Cosa possiamo fare per dare il nostro sostegno in questa battaglia che si sta combattendo sul fronte occidentale? Come andare in aiuto alle persone come Fabrizio e Nuccio, e alle altre che come loro si stanno impegnando per arginare l’invasione? Che lottano per evitare che nel giro di pochi anni il calabrone asiatico si diffonda in tutta Italia, così come è già avvenuto in Francia?
Il primo passo è la collaborazione tra apicoltori, mondo della ricerca e istituzioni, per la definizione di piani d’azione comuni e coordinati nelle diverse regioni, con il coinvolgimento di tutte le forze presenti sul territorio. Solo così sarà forse possibile, se non fermare, almeno arginare la diffusione di questo predatore e tentare di salvare le api italiane, colpite negli ultimi anni da tante avversità, vecchie e nuove.
 
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 3 tot.
Foto 1
Distruzione di un nido di Vespa velutina costruito all’interno di una barca a Ventimiglia, da parte degli apicoltori di Apiliguria.
Foto 2
Tecnica di distruzione adottata dagli apicoltori di Apiliguria sui nidi di Vespa velutina situati a grandi altezze.
Foto 3
Un momento del corso di formazione tenuto dai tecnici di Apiliguria per l’APAS - Associazione Produttori Apistici di Sondrio.
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 04/02/2015 da Laura Bortolotti
Ricercatrice del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura Unità di ricerca di apicoltura e bachicoltura (CRA-API)
 
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