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 Varroa
Aiutare le api ad “autopulirsi” dalla varroa
 
di Giuseppe Morosin
 
«Ho deciso di pubblicare questo articolo su Apitalia proprio per aprire un confronto e un dibattito sul metodo di diagnosi per me molto speciale ed efficace. Se uniamo le nostre competenze e specializzazioni in apicoltura chi per la pratica; chi per le conoscenze scientifiche; chi per la semplificazione della burocrazia sanitaria; chi per divulgare delle tecniche sostenibili che valorizzano le straordinarie capacità e potenzialità delle nostre api, sono sicuro che dei risultati costruttivi saranno garantiti»... Il nostro amico apicoltore sta parlando delle Diatomee, formulato costituito da una polvere del tutto naturale composta da scheletri di preistoriche piante unicellulari, acquatiche, fossilizzate. L’apicoltore sperimentatore vuole però l’aiuto dei ricercatori per mettere a verifica le sue intuizioni. «Certo la mia è un’ipotesi e dunque chiedo il parere di entomologi e ricercatori specializzati, proprio perché le loro competenze possono portarci oltre e aiutarci a capire meglio»
 
na qualità degli  apicoltori è quella di essere  osservatori, curiosi, capaci di porsi in comunicazione con le proprie api. Servono però delle condizioni particolari che dobbiamo saper gestire. Esaminiamole, per comprendere al meglio come stanno le cose.

IL TEMPO
Spesso siamo presi dalla frenesia del ritmo di lavoro finalizzata in modo esasperato a far abbassare i costi di manodopera. Ogni tanto bisogna rallentare, dedicare tempo a meditare, osservare, studiare e ragionare su come possiamo interagire in stretta collaborazione con le nostre api, senza la presunzione di sostituirci a loro ma semplicemente cercando di assecondare i loro istinti e le loro straordinarie capacità, più forti e organizzate di qualsiasi tecnica apistica  specializzata.

OSSERVARE E ASCOLTARE
Sembra banale ma non sempre abbiamo il giusto stato d’animo per saper ascoltare le api. La paura, la maschera, i guanti, una divisa sigillata certamente non aiutano a mettersi in gioco, anzi creano spesso un grande ostacolo e una barriera che ci impedisce di comunicare profondamente. Prima dobbiamo riuscire a fidarci di loro e poi è possibile andare oltre con l’osservazione mirata di che cosa sanno fare e come. Se siamo disturbati dalla paura delle punture vuol dire che non sappiamo comprendere tutte quelle forme di linguaggio che le api mettono in atto prima di attaccare. Non si sacrificano per niente, c’è sempre un motivo preciso perché pungono e se non lo sappiamo valutare vuol dire che la nostra pratica apistica è ancora in evoluzione. Pertanto diventa, spesso, difficile poter cogliere i veri bisogni di questi insetti e di conseguenza agire in sintonia con i loro complessi istinti naturali, istinti che regolano la vita del super organismo “alveare”.

STUDIARNE L’ANATOMIA E LA FISIOLOGIA

L’ape e il superorganismo “alveare” sono molto diversi da noi, una diversità che va studiata in modo approfondito e meditata a fondo, senza la pretesa di saper tutto ma con grande apertura mentale.
Il continuo aggiornamento e il confronto con i veri specialisti dell’apicoltura, non ultimi i nostri colleghi apicoltori che con passione, impegno e sincerità vogliono il bene di una apicoltura sostenibile, sono fondamentali.

SPERIMENTARE E SAPER AUTO-VALUTARE IL PROPRIO OPERATO
è il punto che valorizza ogni apicoltore nel suo stile di lavoro, nella sua professionalità, nella serietà e spirito di collaborazione e nell’inventare, ideare, creare tutto ciò che può aiutare le api a vivere in salute e produrre in modo qualitativo. Per autoverificare il proprio operato diventa fondamentale confrontarsi con altri apicoltori, tecnici e ricercatori. Più cervelli impegnati e più casistiche affrontate con lo stesso metodo permettono di evidenziare le criticità cui si va incontro, analizzarle e studiare come superarle.
Ho fatto la premessa sulla figura degli apicoltori curiosi e attivi, per mettere in evidenza una sperimentazione sulla diagnosi preventiva alla lotta alla varroa che mi trova diretto protagonista da diversi anni nella gestione tecnica delle mie famiglie e nuclei d’api.
Si tratta di un metodo di diagnosi immediata con l’uso di zucchero a velo e diatomee (una polvere del tutto naturale composta da scheletri di preistoriche piante unicellulari, acquatiche, fossilizzate). Il metodo di diagnosi con lo zucchero a velo è molto conosciuto e diffuso. è basato sul cospargere  un campione di api che si preleva dall’alveare (50 g di api, occupano un volume di 100-120 ml), e trattarlo con circa 35 g di zucchero in polvere. In base alla  al numero di varroe cadute, si valuta il livello di infestazione della famiglia. Un test facile e molto indicativo per verificare, in diretta, la reale infestazione del parassita. Sperimentando il metodo mi sono reso conto che è molto più semplice trattare tutta la famiglia in una fase di blocco di covata, quando tutte le varroe sono sulle api e la famiglia è stata ridotta a 6-7 favi. La ragione? Perché le migliori regine sono già state destinate a formare nuclei, proprio con quei telaini senza covata che sono stati prelevati dalle famiglie (2-3 favi per alveare. Questi nuclei, spostati a 3 Km dall’apiario di origine, sono subito puliti dalla varroa, in quanto non è presente covata opercolata e subito le regine avviano una nuova e ricca deposizione stimolata da una adeguata nutrizione).
Questi nuclei andranno a formare le migliori famiglie di rimonta per l’anno successivo. Tutti gli alveari di partenza che hanno prodotto, in periodi diversi, in base al clima e alle fioriture, vengono orfanizzati,  insieme a tutta la covata che sta nascendo. L’introduzione di una cella reale “selezionata”, accettata da 2-3 giorni e proveniente da madri di qualità, permette di attivare tutta la forza ormonale della famiglia nello stato di orfanità che lavora per allevare una nuova regina, come fosse un cambio naturale deciso da loro stesse, stimolato dallo stress dell’orfanità che abbiamo provocato.
L’integrazione sperimentata è quella di aggiungere allo zucchero a velo circa il 20-25% di polvere di “diatomea rosa”, il tipo più sottile, che solleva lo zucchero, si miscela perfettamente, riducendo lo stato volatile, ed evita così il rischio di respirarla. Le diatomee, se usate in forma pura sugli insetti, costituiscono una polvere mortale perché avvolgono l’insetto e lo paralizzano, soffocandolo. Utilizzate in purezza, proprio per tale motivo, sono molto efficaci per allontanare le formiche dagli alveari. Se, però, le api vi entrano a contatto si paralizzano e muoiono anch’esse. Mescolate allo zucchero a velo creano una miscela soffice che non si compatta e non fa grumi: ideale per essere cosparsa sopra le api. Diventa facile da distribuire con un passino, dall’alto, spostando e piegando leggermente i telaini, senza estrarli. Un insieme di forze elettrostatiche le fanno aderire alla peluria delle api, ne basta poca e subito si vede che viene attratta attorno all’ape. In 2-3 minuti si sparge facilmente nei 6-7 favi. Le api non si innervosiscono e subito si spazzolano energicamente, spulciandosi dalle varroe che ricoprono il loro corpo. La diagnosi è immediata, in 4-5 minuti le api si ripuliscono da quasi tutte le varroe. Diventa facile così comprendere il livello di infestazione reale delle famiglie che spesso è diversificato, e quindi individuare i focolai più pericolosi sui quali sarà necessario agire in modo più accurato e quelli invece meno infestati nei quali un secondo trattamento si potrà considerare risolutivo. Il trattamento di diagnosi preventiva va eseguito solo sempre in assenza di covata o dopo aver attuato il blocco di covata.
Ho deciso di pubblicare questo articolo su Apitalia proprio per aprire un confronto e un dibattito sul metodo di diagnosi per me molto speciale ed efficace. Se uniamo le nostre competenze e specializzazioni in apicoltura chi per la pratica; chi per le conoscenze scientifiche; chi per la semplificazione della burocrazia sanitaria; chi per divulgare delle tecniche sostenibili che valorizzano le straordinarie capacità e potenzialità delle nostre api, sono sicuro che dei risultati costruttivi saranno garantiti.
Metto in evidenza alcune mie osservazioni empiriche e ricerche che devono essere, però, ancora scientificamente provate e verificate.
La polvere di diatomee è una polvere del tutto naturale formata da silicio 33%, calcio 19%, sodio 5%, magnesio 3%, ferro 2% e molti altri microelementi. è impiegata nel mondo dell’agricoltura biologica e biodinamica per fissare e veicolare i principi attivi, o in enologia per chiarificare gli spumanti. Per gli insetti risulta mortale in quanto i microscopici bordi sono affilatissimi. è innocua per gli animali domestici e l’uomo ma l’aspirazione della polvere è da evitare, soprattutto quando si esegue la miscelazione con lo zucchero. Dopo aver miscelato i due componenti, la polvere diventa più pesante ed è velocemente  attirata da forze elettrostatiche sui peli delle api, facendo diminuire il rischio di aspirazione, specie in assenza di vento. Gli spigoli taglienti delle diatomee tagliano il rivestimento di protezione delle varroe e le fanno scivolare via dai peli dell’ape. La fitta peluria dell’ape, invece, agisce come una protezione, e se la polvere di diatomea è mescolata allo zucchero a velo non subisce danni. Se utilizzata in purezza, di contro, paralizzerebbe l’ape e la farebbe morire come tutti gli altri insetti. A quanto appena detto avevo già accennato, ma sono convinto che “Repetita juvant”, come dire che gli avvertimenti non sono mai abbastanza. Sono arrivato a sperimentare una miscela fino a un massimo del 30% di diatomee con risultati molto efficaci e una caduta immediata di quasi tutte le varroe foretiche adulte.
Dopo 4-5 minuti dal trattamento si possono raggruppare le varroe cadute sul cassetto e, osservando accuratamente, si potrà notare che queste ultime si muovono facendo un movimento ben preciso: si rovesciano sulla schiena e muovono le zampe velocemente creando una forma di spettacolare spumeggio, soprattutto nel momento in cui vengono spostate. Questo mettersi rovesciate sulla schiena, (Foto 1), e muovere le zampe senza potersi spostare, indica una particolare sofferenza nelle varroe che cercano disperatamente di galleggiare sopra i resti di polvere che si depositano nel vassoio. Dopo un paio d’ore muoiono non riuscendo più a camminare: restano intrappolate nella miscela zucchero-diatomee che le avvolge. Ho, inoltre, cercato di approfondire l’anatomia e fisiologia della varroa adulta e ho appreso che respira attraverso degli orifizi posti tra il secondo e terzo paio di zampe. La cosa più interessante e che mi ha colpito? Agli orifizi si collega una specie di proboscide detta “peritrema” che sporge in fuori ed è mobile. Il peritrema aumenta di dimensione e favorisce gli scambi gassosi, soprattutto quando il parassita è chiuso e vive all’interno della cella. Osservando il disperato tentativo di rovesciarsi e spumeggiare che l’insetto mette in atto, una volta ricoperto dalla miscela di zucchero e diatomee, ho formulato l’ipotesi che ciò sia dovuto a difficoltà respiratorie causate dalla polvere e che la morte sopravvenga per asfissia.
Certo, la mia è un’ipotesi e, dunque, chiedo il parere di entomologi e ricercatori specializzati, proprio perché le loro competenze possono portarci oltre e aiutarci a capire meglio. Torniamo a noi. Tutte le varroe si presentano coricate sul dorso e agitano le zampe senza riuscire a spostarsi tra i resti della miscela di zucchero e diatomee.
Come si comportano le api durante e dopo il trattamento? Anche in questo caso diventa fondamentale il nostro rapporto con le api e la nostra sensibilità nell’osservarle. Questi trattamenti li faccio, generalmente, senza maschera e noto che le api non diventano aggressive ma cominciano subito a pulirsi e spazzolarsi, creando un caratteristico ronzio che coinvolge tutto l’alveare, non si notano mortalità anche facendo ripetuti trattamenti. Resta da vedere se si accorcia la loro vita media e quali danni possano avere. Servono anche analisi del miele e della cera per ricercare eventuali residui. Insomma, sono indispensabili prove condotte con criteri scientifici molto precisi. Dopo queste riflessioni, aperte a tutti i possibili approfondimenti di apicoltori, ricercatori, tecnici, veterinari specializzati, entomologi ecc… ritengo interessante elencare i punti di praticità ed efficacia che ho sperimentato, in particolare, in questi ultimi 2 anni. Per ogni punto allego una foto che aiuta a comprendere la tecnica.

COME PREPARARE LA MISCELA ZUCCHERO-DIATOMEE
Nelle mie prove di diagnosi ho considerato il 30% come valore massimo di diatomee da miscelare con lo zucchero a velo. Le api lo hanno sopportato senza danni apparenti.

QUANDO FARE IL TRATTAMENTO DI DIAGNOSI
Dal mio punto di vista resta la convinzione di fare meno trattamenti possibili e di restare, sempre, in sintonia con le forze e le esigenze del superorganismo alveare. Quindi ritengo opportuno intervenire sugli sciami, quando non c’è covata chiusa o dopo il blocco di covata, quando la regina ha iniziato a deporre. In questi momenti ci sono anche meno api e tutto diventa più facile, sicuro e veloce.

VERIFICA IMMEDIATA SICURA
Le Foto 2-3 si riferiscono al controllo di uno sciame, non mio, catturato casualmente verso metà giugno 2014. Dopo soli 4-5 minuti dal trattamento, è risultata impressionante la quantità di varroa caduta. Le api sono riuscite a ripulirsi perfettamente. Ora la famiglia si trova su 6 telaini, con regina nuova e con una covata compatta e ben tenuta.
La Foto 4 è riferita a un trattamento diagnosi su famiglia molto infestata di 7 telaini che ha subito il blocco di covata e dove la nuova regina ha appena iniziato a deporre e ricostruire la famiglia con nuova covata pulita. Le varroe spumeggiano, coricate sul dorso.
Le Foto, dalla 5 in poi, sono state scattate dall’apicoltore Roberto Smiderle che è venuto in visita tecnica all’Alveare del Grappa con il gruppo di “Cooperazione tra gli apicoltori della Val Leogra-Schio”. Sono giovani apicoltori provenienti da Schio, Vicenza e coordinati dall’esperto apistico Alessandro Sella, molto interessati e volonterosi di sperimentare nuove tecniche di allevamento e selezione.
La particolare strumentazione fotografica di Roberto, unita alla sua professionalità e passione per la fotografia, ci hanno portato oltre nell’osservare diversi particolari, che potete valutare direttamente grazie a queste foto macro, appositamente studiate e selezionate, che ci aiutano a comprendere l’impatto e la attiva reazione di auto-pulizia delle operaie che imparano ad approfittare di una tale occasione per scrollarsi “di dosso” le varroe. Nello stesso tempo ho cercato anche di razionalizzare e velocizzare la tecnica di distribuzione dello zucchero e diatomee, (in media 2-3 minuti per famiglia di 6-7 telaini, a fine blocco covata). Per disturbare meno le api e non farle cadere fuori dall’alveare (Foto 6) non conviene estrarre i telaini uno per uno, basta creare 2 spazi vuoti, inclinare il telaino, prima da una parte, poi dall’altra, e cospargere la polvere dall’alto. Diventa tutto facile, sicuro e veloce.

Foto 7: possiamo cogliere chiaramente la fase di spazzolatura delle api attivando l’uso del pettine e delle zampe con un istinto specializzato, simile a quello usato per “cogliere” il polline. Vengono usate anche le mandibole e la ligula, per fare pallottoline della polvere, prima di farle cadere sul fondo.

Foto 8: i fuchi non si sanno spazzolare e in qualche caso le varroe restano attaccate. Controllando con attenzione tutte le foto dei favi da nido abbiamo scoperto questi 2 fuchi con varroa sul corsaletto.

Foto 9-10 (dopo 10 minuti dal trattamento): le api si spazzolano velocemente e la varroa cade sul fondo tra i piccoli grumi di zucchero e diatomee in 3-5 minuti, poi non cade più nulla. Controllando le foto macro ci siamo accorti che alcune api hanno ancora qualche singola varroa che si protegge al centro del corsaletto, forse dove l’ape ha più difficoltà a spazzolare. Il particolare ci porta a sperimentare, in caso di elevata infestazione, una ripetizione del trattamento, aumentando la % di diatomee nello zucchero. Diventa fondamentale studiare la percentuale massima di diatomee sopportata dalle api senza subire danni.

Foto 11-12-13: in pochi minuti, tirando il vassoio del fondo, abbiamo la diagnosi del livello di infestazione della famiglia e in base al numero di varroe cadute dobbiamo fare le nostre scelte di pulizia efficace. Alcune ipotesi sono:

A) Ne cadono poche: non serve intervenire ulteriormente, ma sempre vigilare con attenzione (Foto 11).
B) Ne cadono abbastanza: mi conviene fare un trattamento con Api-Bioxal (sublimato o gocciolato), oppure posso ripetere il trattamento con diatomea (Foto 12).
C) Ne cadono molte: devo assolutamente intervenire come sopra ed eventualmente ripetere il trattamento aumentando la % di diatomee nello zucchero a velo. Ripeto solo quando siamo in assenza di covata (Foto 13).

Concludendo, resto a disposizione per ogni collaborazione che possa contribuire a costruire delle certezze scientifiche sulla efficacia di questo metodo che aiuta le api ad auto-pulirsi dalla varroa, rendendole sempre più specializzate a sapersi difendere.
Ricordiamoci che le api riescono a imparare, bene, tutto ciò che serve per la loro sopravvivenza e quindi sono convinto che  i risultati saranno migliori con il crescere della capacità igienica dell’ape ad autopulirsi, adoperando come “veicolo” questa miscela polverosa che possiamo mettere a sua disposizione, sopra le stecche di telaini in più circostanze di visita all’alveare, stimolando l’ape ad approfittare. Altra questione importante è valutare se i minimi residui che rimangono nella cera e nel miele siano dannosi, pur essendo naturali, e soprattutto se la vita media dell’ape si accorci a causa delle diatomee.
Sono certo che le pagine di Apitalia possano avviare uno scambio di conoscenze e collaborazioni, non solo tra gli apicoltori ma in particolare tra le diverse professionalità di esperti, ricercatori, veterinari, enti specializzati che si occupano di apicoltura e che possono aiutare le api e gli apicoltori a controllare questo flagello diretto ed indiretto della salute dei nostri alveari. Il recente convegno dell’11 aprile a Crespano del Grappa, in ricordo del Professor Giorgio Celli, organizzato dalla nostra Associazione Regionale Apicoltori del Veneto, mi ha fatto approfondire  quanto è sorprendente la mente dell’ape e quanto dobbiamo ancora imparare da questo magico insetto che continua a vivere e produrre in un mondo sempre più chimico che ci aggredisce giorno dopo giorno. Le api ci ringraziano per il nostro impegno di aiuto in sinergia con i loro istinti naturali.
Desidero concludere con una frase del Professor Celli che ci indica la via giusta da percorrere: «La biodiversità costituisce un segnale, se in un prato che state attraversando ci sono molti fiori, molte api e farfalle sulle loro corolle, se le bisce strisciano tra le erbe e le allodole cantano nel cielo, potete essere certi che quel luogo è salubre, e che, per sovrappiù, contribuisce alla nostra felicità suggerendoci che l'uomo non è ancora solo nel mondo».
 
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 12 tot.

Foto 1

Foto 2
Foto 3
Foto 4
Foto 5
Foto 6
Foto 7
Foto 8
Foto 9-10
dall'alto, Foto 11, 12, 13
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 24/10/2014 da Giuseppe Morosin
Esperto apistico Azienda apistica “L’alveare del Grappa”
 
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