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 L'opinione
Imparare dalla natura
 
di Francesco Colafemmina
 
La lettera dell’apicoltore Crocini, “l’Italia è un Paese per Apicoltori?”, ha fatto decollare un serrato dibattito in apicoltura. Siamo subissati di considerazioni in merito al tema mosso, ne siamo contenti: è la prima volta che succede, in Apicoltura
 
Caro Direttore Editoriale,
sento il dovere morale di ricambiare le parole di apprezzamento di Luciano Crocini in merito al mio articolo sui neonicotinoidi e il professor Capri. E lo faccio ringraziando lo stesso Crocini e Fabio Mussi per il quale nutro una immensa stima. Li ringrazio per aver offerto all’apicoltura italiana una prospettiva diversa, per aver contribuito a garantire nel loro piccolo la permanenza di una visione dell’apicoltura che si alimenta di “meraviglia”, di “stupore” per la natura e cerca di imparare dalla natura e non di insegnarle i corretti metodi per la cura di patologie che solo l’uomo ha contribuito a diffondere. Non considero questo approccio né arretrato, né anti-moderno, né tantomeno dilettantesco. Il diletto, d’altro canto, dovrebbe animare tutti gli apicoltori.
E dovrebbe animarli anche la capacità di ascolto, la curiosità, l’unione, l’armonia. Anche quando vanno a tentoni, anche quando nel tentativo di superare la chimica industriale, cercano di testare la chimica naturale, quella del succo di limone... A proposito del quale è vero, come afferma Luca Tufano, che è stata pubblicata nel 2001 una ricerca del professor Milani, ma nel 2009 è stata anche pubblicata una ricerca di studiosi egiziani i quali gocciolando succo di limone associato a sciroppo in diverse percentuali hanno riscontrato una caduta di varroe fino all’87%. Il tutto trattando con un acido che ha un livello di tossicità inferiore rispetto all’ossalico. E soprattutto per la prima volta hanno aggiunto alla ricerca di Milani (fatta esclusivamente su varroe in laboratorio) il riscontro che la caduta non fosse solo dovuta alla tossicità dell’acido, quanto all’innesco di un meccanismo di pulizia da parte delle api infastidite. Lo studio si concludeva affermando: “Il succo di limone usato ad alte concentrazioni riduce la popolazione complessiva di varroe in una colonia. L'uso di succo di limone per il controllo delle varroe è un trattamento semplice, efficace ed economico”.
Magari si tratta di semplici “palliativi”, ma non stiamo certo parlando di cure fantascientifiche tipo “metodo stamina”. Non sono trattamenti dannosi per le api, né tantomeno parliamo di farmaci prodotti da poche industrie chimiche e venduti a caro prezzo. Studiamoli meglio e mettiamo in pratica ricerche indipendenti. Ma non mi accanirei contro chi ne promuove la conoscenza e la diffusione perché parte semplicemente dall’assunto - a mio avviso corretto - che la natura ha già in sé il rimedio al problema Varroa. Come non mi accanirei contro quei ragazzi laziali che stanno iniziando a girare un film sulla permapicoltura. O contro l’efficacia dello “spazioMussi” e altre analoghe ipotesi di lavoro. Non facciamoci prendere da una prospettiva personalistica o da una visione burocratica di stampo sovietico dell’apicoltura. Mettiamoci in ascolto l’uno dell’altro, come giustamente dice Tufano, superando i limiti dell’«orticello». Senza tuttavia rinchiuderci in una setta di scienziati pronti a tacciare il prossimo di ignoranza, dilettantismo, arretratezza. O pronti a fare lobby solo per promuovere legislazioni fatte a immagine e somiglianza di una mentalità elitaria o delle esigenze del mercato dei farmaci, dei trattamenti, delle alimentazioni di supporto ecc. che assediano letteralmente l’apicoltura. Dobbiamo essere aperti, costruttivi e capaci di ascoltarci a vicenda. D’altra parte l’inchiesta sull’apicoltura giapponese pubblicata su Apitalia di dicembre non ci mostra, forse, una nazione ipertecnologizzata che ha una apicoltura “arretrata?” E quella meccanizzata e “avanzata” statunitense non è forse la più devastata del mondo? Questo vorrà pur dire qualcosa!
Leggo, infine, in questi giorni che l’European Beekeeping Coordination ha denunciato l’azione dell’Università Cattolica di Piacenza per favorire le industrie dei neonicotinoidi. In questa denuncia si parla proprio di quanto avevo accennato nel mio recente articolo. Mi rincuora, dunque, vedere che gli apicoltori hanno ancora energie adeguate per scrollarsi di dosso la prepotenza dell’industria agrochimica, un po’ come le nostre api dovrebbero fare con la varroa. Andiamo avanti così e cerchiamo di tradurre gli auspici in proposte concrete, partendo dalle nostre piccole realtà locali.

Un caro abbraccio e buon anno a tutti!
 
 
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Scritto in data 25/02/2014 da Francesco Colafemmina
 
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