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 Malattie
Velutina questa sconosciuta
 
di Luca Tufano
 
Nello speciale di novembre abbiamo fatto la conoscenza della Velutina. Ora ci occuperemo del “Che fare?”, per contrastarla. Una raccomandazione. Le brillanti azioni individuali in questo caso servono a poco, e se qualcuno avesse intuizioni folgoranti è invitato a condividerle perché da soli non ci si salva e non si salvano le api. Allevare api e avere la Vespa velutina nei paraggi è come allevare buoi con un Tyrannosaurus rex in circolazione. Perciò, considerato che abbiamo di fronte l’inverno - cioè poco tempo ma comunque un vantaggio sul nostro avversario - cerchiamo di chiarirci le idee su questa tanto temuta Vespa velutina, il presente articolo è un invito a ulteriori e necessari approfondimenti in tutte le direzioni possibili. E iniziamo a parlarci tra apicoltori, invitando i vertici delle nostre Associazioni a fare altrettanto tra di loro (tra tutte loro!) e informando tempestivamente della prossima emergenza gli Enti pubblici e sanitari preposti
 
Per quanto riguarda le trappole utilizzate per colpire le regine (fondatrici), queste debbono essere istallate nel periodo che va dalla metà di febbraio a maggio (a seconda delle condizioni climatiche di ciascun territorio), in modo da attirare le regine di Velutina, appena uscite dall’invernamento e desiderose di nutrirsi di sostanze zuccherine. Le azioni isolate e individuali sono irrilevanti e l’esperienza francese insegna che per ottenere dei risultati significativi tali trappole devono essere distribuite in un territorio con caratteristiche omogenee e in modo coordinato. Le trappole debbono essere altamente selettive, così da non comportare la cattura di individui di altre specie, con ricadute negative sulla biodiversità. L’ingresso delle trappole proposte è solitamente pari a 7 mm, così da impedire l’accesso a specie di taglia superiore al calabrone asiatico, con uscite alla base della camera di cattura pari a 5,5 mm, tali da consentire l’uscita di specie di dimensione inferiore che non si desidera catturare con l’esca. Le esche preferibili per le prime catture primaverili debbono avere una base zuccherina e si consigliano miscele di birra scura e zucchero, oppure secondo alcuni il cocktail birra, vino bianco (repellente per le api), sciroppo zuccherino.
La nostra spiegazione, a prima vista, può apparire sommaria, in realtà mira a presentare semplicemente uno strumento di lotta già utilizzato.
Insomma, riteniamo sia necessario, anche per quanto riguarda le trappole selettive, che gli apicoltori vengano formati e istruiti in modo serio e il più possibile uniforme.
L’intento? Non lasciare spazio al gusto e all’iniziativa personale, con tutte le approssimazioni che potrebbero comportare. Ecco perché, nell’articolo che state leggendo, non ci addentreremo oltre nell’illustrare forme e funzionalità delle trappole in uso. Al di fuori di un’azione collettiva e coordinata, capace di coinvolgere con la giusta tempistica apicoltori, agricoltori, operatori delle ASL, sindaci, settori dello Stato e del volontariato impegnati nella tutela e salvaguardia dell’ambiente (Guardia Forestale dello Stato, guardie ecologiche, volontari ambientalisti ecc) ogni azione individuale è irrilevante e inutile. Ciò premesso, poiché non nutriamo particolari speranze circa le reazioni di alcuni settori da noi sopra citati, auspichiamo che almeno le organizzazioni apistiche, in collaborazione con realtà del mondo agricolo, sappiano e vogliano coordinare, abbandonando le rivalità storiche tra diverse realtà associative, delle azioni di lotta significative già dal 2014, formando, istruendo e invitando ad agire in modo corretto i propri associati. Naturalmente, comprendiamo lo stato d’animo dei colleghi apicoltori che, vedendo le proprie api divorate dal calabrone asiatico, istintivamente si mettono davanti alle arnie e con retini o racchette da badminton cercano di eliminare gli esemplari di V. velutina che si presentano. Sono reazioni istintive e comprensibili, perché nessuno di noi può restare con le mani in mano assistendo ad un massacro di api, ma tutto ciò si rivela con il tempo inutile, vano, oltreché frustrante, e i numeri della colonizzazione della specie esotica sono tali da rendere necessari interventi più incisivi. Certo, le segnalazioni e le catture di esemplari da inviare agli Enti competenti, lo ribadiamo ancora una volta, sono doverose e importantissime, specialmente in questa fase, ma per contrastare il fenomeno serve altro. Soprattutto, è necessario abbandonare il proprio «particulare», la tendenza a chiudersi nel proprio orticello indifferenti a quanto accade al nostro vicino, perché se questo è già deleterio e dannoso rispetto ad altri nemici dell’apicoltura (come la varroa, che per la sua diffusione endemica è in tutti gli apiari), in questa nuova emergenza può risultare fatale nel breve periodo. Perciò si abbandoni l’individualismo e l’ «interesse di bottega» e ci si relazioni almeno con i colleghi. E se dovessimo vedere le associazioni apistiche pigre, lente, o prive di coordinamento tra di loro, sarà appropriato reagire energicamente e far loro notare che così facendo, dividendo il fronte comune, si danneggia e compromette l’apicoltura italiana.
Chiarito questo punto e proseguendo, è giusto ricordare che l’eliminazione delle fondatrici non è che un elemento di una strategia più globale di lotta integrata contro la specie esotica. Il fatto che in Italia, per il momento, sia stato individuato e segnalato, ufficialmente in Liguria, un solo nido di Velutina, deve già metterci in guardia; e date le abitudini di nidificazione del calabrone asiatico, forse proprio l’autunno, con la caduta delle foglie, potrà portarci qualche spiacevole sorpresa… Tuttavia, se la collocazione di trappole risulta un’operazione già complessa e necessita di un coordinamento, la distruzione di nidi è l’operazione più difficile da realizzarsi. Per quanto riguarda il periodo opportuno, questo va dalla seconda metà di giugno alla fine di agosto, protraendosi, secondo alcuni apicoltori francesi, fino ad ottobre incluso solo in condizioni climatiche eccezionali. Oltre questo mese, benché la distruzione dei nidi sia in ogni caso opportuna e doverosa, tale pratica perde d’efficacia.
Oltretutto, la distruzione non è facilmente realizzabile e richiede grande attenzione e prudenza, nonché opportuna preparazione ed equipaggiamento del personale. Non ci si improvvisa, lo ribadiamo, disinfestatori di calabrone asiatico. La cosa più importante, così come avviene per altre specie esotiche dannose per il nostro ecosistema, è la sensibilizzazione non solo dei settori più esposti all’emergenza ma una più generale sensibilizzazione dei cittadini. A differenza della varroa e di altri agenti patogeni, che possiamo riscontrare solo noi apicoltori controllando le nostre arnie, qui siamo di fronte a un «ospite» che può venire avvistato e segnalato anche da un comune cittadino, da un escursionista, da un birdwatcher o da chiunque altro. Raccolta una segnalazione, è necessario che il nido venga avvicinato per la distruzione in determinate ore del giorno. Nelle ore diurne, circa il 30% dei componenti della famiglia di Vespa velutina si trova all’esterno del nido e pertanto la distruzione più efficace possibile della colonia avverrà nelle ore notturne. Inoltre, dalla metà del mese di agosto/settembre in poi, è probabile che le fondatrici abbiano già abbandonato il nido o lo stiano per fare; quindi, un intervento tempestivo, in primavera o inizio estate, ha conseguenze ed efficacia ben diverse, costituendo ogni fondatrice superstite come un potenziale veicolo di nuova colonizzazione. Coloro che si dispongono a eliminare un nido di calabrone asiatico debbono essere ben equipaggiati, sia per tutelare la propria incolumità con apposita vestizione (le punture di Velutina possono superare uno strato di protezione spesso 1 cm) sia per rendere più radicale l’intervento di disinfestazione.
I metodi possono essere diversi, ma quel che si tende a garantire è l’impossibilità per gli esemplari di fuoriuscire dal nido, attaccando chi vi si avvicina, e allo stesso tempo consentire a degli iniettori di diffondere nel nido un principio attivo letale, obiettivi questi tutt’altro che facili da raggiungere, considerando le altezze a cui arrivano a trovarsi i nidi del calabrone asiatico (in alcuni casi fino a 15 o 20 metri) e la suscettibilità degli esemplari presenti nel nido, prontissimi ad avventarsi sugli assalitori.
I prodotti chimici utilizzati per l’eliminazione di Vespa velutina sono piuttosto pericolosi anche per le altre specie di insetti e tossiche in alcune condizioni per l’uomo, ragion per cui alcuni prodotti autorizzati in Francia per la lotta contro il calabrone esotico rischiano di essere revocate e sono oggetto di dibattito. In data 21 agosto 2013, i ministeri francesi dell’Agricoltura e dell’Ecologia hanno autorizzato, con decisione ufficiale e congiunta pubblicata sul Journal officiel il 7 settembre, l’impiego sperimentale limitato a 120 giorni (dunque, fino al 5 gennaio 2014) del diossido di zolfo (o anidride solforosa, o biossido di zolfo) SO2, sostanza da tempo reclamata a gran voce dal mondo apistico francese, preferita ad altre per la sua efficacia, ma non autorizzata. Il diossido di zolfo, infatti, non faceva parte prima del 21 agosto di quest’anno dei prodotti insetticidi ammessi dal Governo francese, benché sia lo stesso principio attivo utilizzato per sanificare le arnie, ma a fronte dell’emergenza segnalata dalla associazioni apistiche è stato infine autorizzato. Ciononostante, una nota congiunta dei due Ministeri fa notare la tossicità importante per gli operatori in caso di inalazione del principio attivo e ne sottolinea una tossicità relativa per l’ambiente, con presenza di residui inferiori rispetto alle altre alternative. Naturalmente, non possono sfuggire a noi apicoltori le possibili pericolosità e dannosità di un pesticida autorizzato e immesso nell’ambiente con una certa disinvoltura, ragione per cui si ritiene questa misura eccezionale e transitoria, nella speranza di poter trovare qualche alternativa credibile. Se questo è il prodotto ritenuto meno tossico, si può facilmente dedurre cosa possano contenere le «bombe insetticide», come vengono chiamate in Francia, cioè quei miscugli chimici fino ad ora autorizzati nella lotta contro il calabrone asiatico… Diciamo che, per ironia della sorte, coloro che furono tra i primi a battersi giustamente e doverosamente contro i neonicotinoidi in Europa, sono anche i primi a dover ricorrere a prodotti piuttosto aggressivi per difendere le proprie api…
Se un tardivo, temporaneo, discusso e discutibile utilizzo del SO2, è quanto è riuscita a produrre la Francia, un colosso agricolo europeo, in possesso attualmente di una cultura apistica apprezzabile e sensibile ai problemi dell’apicoltura, allora vengono davvero i brividi pensando a quel che potrebbe avvenire in Italia…
L’emergenza costituita dall’avanzata della Velutina comporterà, presumibilmente, la necessità di leggi e autorizzazioni ad hoc, e dati i tempi della nostra burocrazia possiamo solo immaginare quali problemi, ritardi e disguidi tutto ciò causerà.
Abbiamo citato i metodi in uso in Francia, Paese per tanti versi affine al nostro, in cui sono migliaia l’anno gli alveari distrutti da Velutina e in cui migliaia sono pure i nidi del calabrone asiatico diffusi e distrutti sul territorio, per informare ma anche per segnalare che l’arsenale è limitato e che inoltre richiede interventi collettivi e coordinati per avere una certa efficacia. C’è la necessità di contrastare una specie esotica, un insetto che attacca e divora insetti pronubi, e così occorrono strumenti di lotta tanto efficaci quanto rispettosi dell’ambiente. Probabilmente verremo ancora una volta posti di fronte a domande che richiedono risposte immediate, riposte difficili da dare perché capaci di condizionare il nostro ecosistema e la sua salubrità.
L’esperienza francese può e deve essere emulata negli aspetti virtuosi e positivi, nella capacità di coordinamento tra Istituti pubblici e soggetti privati, nella comunicazione efficace del problema anche ai comuni cittadini attraverso organi di stampa, televisioni e web, negli strumenti di lotta integrata, ma dobbiamo anche renderci conto che dopo anni di lotta alla Vespa velutina la sua avanzata appare inarrestabile. E se ciò accade in Francia, dove è palese una certa confusione e anche l’imbarazzo seguito all’autorizzazione di un insetticida prima fuorilegge, mi chiedo cosa accadrebbe da noi, con i particolarismi che ci caratterizzano e con la disinformazione che alberga nei vari settori. Tutto ciò spaventa forse anche più del calabrone asiatico perché è evidente che quel poco di incisività delle nostre azioni dipende, in questo caso più ancora che in altri, dalla possibilità di un’azione non individuale di buon livello. Le brillanti azioni individuali in questo caso servono a poco, e se qualcuno avesse intuizioni folgoranti è invitato a condividerle perché da soli non ci si salva e non si salvano le nostre api. Allevare api ed avere la Vespa velutina nei paraggi è come allevare buoi con un Tyrannosaurus rex in circolazione. Perciò, considerato che abbiamo di fronte un inverno - cioè poco tempo ma comunque un vantaggio sul nostro avversario  - cerchiamo di chiarirci le idee su questa tanto temuta Vespa velutina (e il presente articolo è un invito ad ulteriori e necessari approfondimenti in tutte le direzioni possibili) e iniziamo a parlarci tra apicoltori, invitando i vertici delle nostre associazioni a fare altrettanto tra di loro (tra tutte loro!) e informando tempestivamente della prossima emergenza gli Enti pubblici e sanitari preposti. Cominciamo a preparare le «armi» per rendere l’avanzata del calabrone asiatico più difficile e pericolosa, per lui. L’esperienza francese indica alcuni metodi: possiamo copiarli o trovarne di migliori, iniziando a discuterne e provando già dal febbraio 2014 a catturare regine di calabrone asiatico. La presenza di Vespa velutina in Piemonte indica che ormai questa specie ha di fronte a sé la Pianura Padana e il Nord dell’Italia, non essendoci in quella direzione altre barriere naturali. È quindi attesa in Lombardia, Veneto, Emilia ecc. Oltre a ciò che noi apicoltori possiamo fare direttamente, vi sono, inoltre, a mio avviso percorsi complementari. Si può anche «lasciar fare» alle api, che avranno sicuramente bisogno di tempo per adattarsi e respingere il nuovo predatore, ma hanno dalla loro millenni di selezione naturale e capacità di adattamento alle condizioni più varie4. Dobbiamo, da buoni «custodi delle api», provvedere alla loro sicurezza e tutela, cercare di contrastare il loro nuovo predatore esotico, ma anche rispettare i loro tempi e riporre in loro, più che negli strumenti della nostra chimica, un po’ di fiducia. Qualche reazione più energica comincia a notarsi in alcune colonie di Apis mellifera mellifera, al di là delle Alpi, e mi chiedo se non sia opportuno anche riflettere su ciò che effettivamente la V. velutina è capace di danneggiare. Se, ad esempio, ciò che più danneggia le api (in particolare le famiglie più forti e resistenti) è la cessazione dell’importazione (specialmente di polline) nel delicato periodo in cui le famiglie si preparano all’invernamento, allora mi sento di consigliare una nutrizione di sostegno come se fossimo in piena carestia. Così come facciamo di fronte alle avversità stagionali, anche di fronte alle avversità animali dobbiamo iniziare a porci in un’ottica più di sostegno alla vita che stiamo proteggendo, piuttosto che di semplice contrasto a quella vita che siamo avversando. Del resto, come è scritto anche nella Bibbia: «Vinci il male con un bene più grande». Le famiglie forti possono resistere, se coadiuvate nei loro lavori e ben nutrite mentre combattono sui loro predellini di volo e noi combattiamo al loro fianco bonificando le arnie circostanti. Ma ricordiamo che il detto «l’unione fa la forza» vale anche per noi apicoltori!
 
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 5 tot.


Nido di Vespa velutina. Mayac, Dordogne, Francia.

Trappola per la cattura della Vespa velutina.

Una Vespa velutina che, in primavera, sta costruendo un nido.

Possibile diffusione della Vespa velutina in Italia.
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 14/01/2014 da Luca Tufano
 
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