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Contaminazione radioattiva
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Oms: Giappone grave la contaminazione radioattiva di cibo. In Italia, a rischio salute, miele e pesce importati

Con i livelli di radioattività “superiori ai limiti legali” riscontrati in Giappone nel latte prodotto nei pressi della centrale nucleare di Fukushima e negli spinaci coltivati nella vicina prefettura di Ibaraki nonché le tracce di iodio radioattivo nell’acqua di rubinetto a Tokyo, ecco una mappa dei rischi a tavola legati al nucleare.
«Rischi appunto, e non effetti certi - ha sottolineato il direttore dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) Eugenio Picano - le eventuali conseguenze di natura oncologica (malattie tumorali) dipendono dalla dose, dalla lontananza dalla fonte di emissione, e dalla durata dell’esposizione a radiazioni degli alimenti assunti con i bambini e le donne più a rischio rispetto alla categoria degli uomini adulti».
Dalle fughe radioattive legate alle centrali nucleari nipponiche messe ko dal terremoto e dallo tsunami dell’11 marzo «nessun rischio si paventa per l’Italia», afferma il nostro ministero della Salute che, sui rischi teorici legati all’import di cibo dal Giappone, ha disposto l’aumento dei controlli soprattutto su pesci, crostacei, caviale, soia, alghe, tè verde. Mentre sono «pari allo zero - rassicura Coldiretti le importazioni di latte e spinaci Made in Japan». E c’è dell’altro. «Se si sospetta di essere stati esposti a radiazioni - sono le indicazioni della Protezione Civile nei casi di rischio nucleare - è importante riporre gli alimenti in contenitori chiusi o in frigorifero, e mettere al riparo il bestiame fornendogli foraggio di magazzino.
È buona prassi di precauzione, come avvenne per l’emergenza Chernobyl, evitare di mangiare i vegetali freschi a foglia larga, come appunto gli spinaci, broccoli, cavolfiore, insalata, latte e la carne degli animali che si nutrono di questi vegetali coltivati a cielo aperto». Per lo iodio, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), come nel 25 gennaio 2005 e nel 29 maggio 2009, ricorda che: «tra gli alimenti ottenuti da animali, sono latte e uova a mostrare le maggiori concentrazioni di iodio». «L’uranio – rimarca l’Efsa - può essere presente nell’acqua, nell’aria, negli alimenti e nei mangimi a concentrazioni variabili, per emissioni dell’industria nucleare. Circa un terzo dell’uranio assorbito rimane nell’organismo: nell’uomo per 180-360 giorni».
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha stabilito in 0,6 æg/kg di peso corporeo il giorno l’assunzione giornaliera di uranio tollerabile. «Niente rischi per gli italiani a tavola derivanti da prodotti agroalimentari importati dal Giappone», questo è ciò che emerge da un’analisi fatta dalla Coldiretti sul commercio estero con il Giappone, gravemente colpito dalla grave tragedia del terremoto e dall’incubo della contaminazione nucleare per la radioattività per via di alcune centrali nucleari danneggiate dal terremoto prima e dallo tsunami poi, innescando il rischio di contaminazione radioattiva.
«Per gli italiani – dichiara la Coldiretti - non ci sono rischi a tavola perché gli arrivi di prodotti agroalimentari dal Giappone nel nostro paese sono del tutto marginali. Nel 2010 l’importo complessivo dell’import agroalimentare dal Giappone in Italia è stato di appena 13 milioni di euro, solo lo 0,03% dell’import agroalimentare totale del nostro paese, che nello stesso anno è stato pari a 36.346 milioni. Inoltre, le già limitatissime importazioni dell’agroalimentare giapponese riguardano per ben 3 milioni di euro piante e fiori, che non sono destinati a fini alimentari, mentre si rilevano arrivi praticamente irrisori di semi oleosi, bevande alcoliche, oli vegetali, prodotti dolciari, pesce e tè». Più rilevanti, invece, le spedizioni di prodotti agroalimentari made in Italy nel Paese del Sol Levante, che potrebbero essere colpiti dagli effetti della tragedia sull’economia nipponica.
A rischio ci sono le esportazioni agroalimentari nazionali, che nel 2010 hanno fatto segnare un valore 536 milioni di euro, in aumento del 2% rispetto all’anno precedente. «Il prodotto più esportato in valore è - spiega la Coldiretti - il vino con oltre 102 milioni di euro, seguito dalla pasta per 82 milioni, dalle conserve di pomodoro con 70 milioni, dall’olio di oliva con 69 milioni e dai formaggi con 41 milioni di euro». Sono stati già avviati i controlli nei porti e aeroporti italiani sui prodotti di origine animale e vegetale in arrivo dal Giappone. Nonostante le rassicurazioni per l’emergenza nucleare, all’aeroporto di Malpensa è stato bloccato un primo carico di pesce, in particolare di ricciole, in base alla nuove disposizioni del Decreto ministeriale.
Come previsto, il pesce sarà controllato e solo se risulterà senza contaminazione radioattiva sarà rilasciato per la vendita. «Non ci sono motivi di particolare allarme - ha detto il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini - ma, anche vista la richiesta dell’Unione Europea di controlli su questi prodotti, noi teniamo alta la guardia». Si tratta di una piccolissima quantità di prodotti che arrivano nel nostro paese, lo 0,03 dell’import agroalimentare totale nazionale, anche perché i ristoranti giapponesi in Italia si approvvigionano di pesce sul posto. «Vista la qualità e la quantità di prodotti alimentari presenti in Italia - ha anche affermato Martini - non vedo la necessità di utilizzare in questa situazione cibo giapponese. Gli ispettori frontalieri e gli uffici di Sanità Marittima e di Frontiera devono controllare gli alimenti “di origine animale e no” (soprattutto pesci, crostacei, caviale, soia, alghe, tè verde) che arrivano dal Giappone prodotti e confezionati dopo l’11 marzo, data del terribile sisma e dello tsunami che ha colpito il paese».
Ma come verificare l’origine del prodotto?
«I blocchi della merce - spiega il ministro della Salute Ferruccio Fazio, dureranno uno, al massimo due giorni, il tempo dei test. I campioni per le analisi vengono inviati ai laboratori dell’istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata (la cui sede centrale è a Foggia) e dell’istituto Zooprofilattico sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana (con sede a Roma). Nessun limite di importazione invece per tutti gli arrivi di alimenti per i quali esiste la certificazione che sono stati prodotti o confezionati prima dell’11 marzo». «Ma - come ricorda Impresa Pesca di Coldiretti - è possibile anche controllare direttamente l’origine del pesce acquistato, verificando sul bancone l’etichetta che per legge deve prevedere la zona di pesca e scegliendo la zona Fao 37 se si vuole acquistare prodotto pescato del Mediterraneo». «Gli arrivi di pesce dal paese del Sol Levante sono estremamente limitati per un valore che nel 2010 è stato di appena 700 milioni di euro. Nessun problema quindi per sardine e acciughe ma anche - precisa la Coldiretti - per gli altri pesci utilizzati nei ristoranti giapponesi per la preparazione del sushi che sono, comunque, acquistati localmente». Complessivamente ammonta a 13 milioni di euro il valore dei prodotti agroalimentari importati dal Giappone e che secondo le nuove disposizioni sarà sottoposto a test.
«I rischi per la salute, derivanti da alimenti contaminati provenienti dal Giappone, per gli italiani, è inesistente». Lo afferma Walter Ricciardi, Direttore dell’Istituto di Igiene dell’università Cattolica di Roma, commentando le dichiarazioni del portavoce regionale dell’Oms (Organizzazione mondiale sanità), Peter Cordingley, che ha definito “grave” la contaminazione radioattiva di cibo in Giappone. «Quando si è in presenza di un inquinamento nucleare – ha affermato Ricciardi - ci sono effetti a breve e a lungo termine. Nel primo caso – spiega il Direttore - gli alimenti più a rischio sono quelli freschi: latte, uova, verdure, frutta, pollame, carni. Ma - continua - si tratta di tipologie che non vengono importate in Italia e, anche nei ristoranti giapponesi, vengono processate materie prime italiane”. Diversa è la situazione per i giapponesi - prosegue – che dovranno distruggere tutti questi alimenti perché la contaminazione dura per decenni».
Quanto ai rischi a lungo termine, Ricciardi, indica come alimenti a rischio il miele e il pesce. Anche in questo caso, però, si tratta di categorie merceologiche importate in Italia in piccole quantità che, in ogni caso, vanno eliminate. «Il miele anche se prodotto anni dopo l’incidente – aggiunge - si produce da fiori che sono stati contaminati. Poi, il ministero della Salute, quello dell’Ambiente hanno dei “terminali frontalieri dove si fanno controlli anche sulla radioattività”.
 
(by Il Giornale di Barga - Roberta Valeriani)