Traffici marittimi: il miele è l’incubo degli importatori [Torna all'indice generale] |
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![]() Il miele è l’incubo degli importatori: la merce perfetta per far impazzire qualunque spedizioniere. Una volta sbarcato dalla nave, il miele deve passare un controllo veterinario (è un prodotto animale), poi un controllo sanitario (perché sarà consumato, almeno lo si spera, da consumatori che lo apprezzano). Dovranno essere verificate solo bolle e bollette. Oppure, il container sarà aperto. Tutte e due le volte. Una volta ottenuto il nulla osta dalla Sanità marittima, è la volta del controllo doganale vero e proprio. Anche qui, ci potrebbe essere solo un controllo documentario. Oppure il miele può essere passato allo scanner. O ancora, il container verrà ancora aperto, svuotato, controllato e, nuovamente, riempito. E non finisce qui. Se, poi, c’è un’allerta, il miele potrebbe incappare nel controllo antifrode. Usciti dalla cinta doganale, rimane la Guardia di Finanza: in base a un Regio Decreto del 1896 può decidere una nuova verifica. Che può limitarsi ai documenti, oppure richiedere una nuova ispezione del container. La quarta. Per come è strutturato oggi il sistema doganale nei porti (competenza di tre ministeri, quattro se includiamo anche il padrone di casa, cioè quelle delle Infrastrutture e dei Trasporti) non può che funzionare così. Con un certo masochismo, la Fedespedi (Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni) ha contato tutti i controlli legati alla merce. In totale sono 17. I documenti da presentare sono, invece, 73. Lo scenario? A risentirne sono le tempistiche: un semplice nulla-osta sanitario può richiedere un giorno. Ma se i controlli si complicano, occorre mettere in conto un lasso di tempo che va da una settimana a 10 giorni. Per il controllo ordinario in dogana servono, in media, 3 giorni; nei tempi più bui – come è capitato due anni fa - ci sono voluti anche 15 giorni per passare questo tipo di verifica. Tra il 2007 e il 2008 accadde che il boom di traffici mise in ginocchio la dogana, che, come è ormai chiaro al lettore che è giunto a questo punto, è solo un anello dell’intero sistema. Come che sia, la cosa bastò a mandare in tilt il porto. Oggi, con il recupero dei traffici, dopo la crisi del 2009, il fenomeno rischia di ripetersi. Ora l’anello debole è la Sanità marittima. Anche in questo caso, problemi di personale, come rileva Massimo Colucci, Rsu Cgil del ministero della Salute. Otto tecnici e tre medici non bastano più. Il direttore della Sanità marittima della Liguria, Massimo Lobrano, è al lavoro per chiedere personale in prestito dalla Regione, non a caso Lobrano si è visto costretto a convocare una riunione con i dipendenti per fronteggiare eventuali emergenze. Un’altra ragione? Capire come affrontare la crescita dei traffici in porto degli ultimi tempi: Genova ha movimentato nei primi 9 mesi dell’anno 1,3 milioni TEU (Twenty – Foot Equivalent Unit: misura standard di volume del container. La maggior parte dei container hanno lunghezze standard, rispettivamente di 20 e di 40 piedi: un container da 20 piedi (6.1 m) corrisponde ad 1 TEU, un container da 40 piedi (12.2 m) corrisponde a 2 TEU. Per definire quest'ultima tipologia di container si usa anche l’acronimo FEU, Forty-Foot Equivalent Unit), il 14,2% in più rispetto allo scorso anno, vicino ai volumi del 2008. Quando il sistema doganale era crisi nera il problema, ieri come oggi, era la mancanza di personale. «Difficile che la situazione cambi - spiega Piero Lazzeri, Presidente degli spedizionieri. Che fare? Il sistema dei controlli dovrebbe essere organizzato in uno sportello unico, ma ormai se ne parla da tempo e a “vuoto”. Noi proponiamo anche di concentrare l’ingresso di merci a rischio su cinque grandi porti nazionali, in modo da poter razionalizzare e concentrare meglio anche l’intera struttura dei controlli. Ma a mio parere, oggi manca la volontà per creare un progetto simile». Eppure, per far girare le cose nel modo giusto basterebbe un’organizzazione razionale che però, così sembra, non calza con l’Italia delle 25 Autorità portuali. |
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(by Il Secolo XIX – di Alberto Quarati) | |