Moria di api: si attiva anche il Mipaaf [Torna all'indice generale] |
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![]() Ultimo anello della lunga catena di segnalazioni giunte negli ultimi anni al Mipaaf (e anche al ministero della Salute) è la lettera che Legambiente e Unaapi, l’Unione nazionale associazioni apicoltori italiani hanno deciso di scrivere ai ministri Paolo De Castro e Livia Turco (rispettivamente delle Politiche agricole e della Salute) al fine di sollecitarne l’attenzione sul preoccupante fenomeno – ormai drammaticamente evidente anche in Italia – della moria delle api a causa della diffusione di alcuni fitofarmaci sistemici in agricoltura. I fitofarmaci in causa sono quelli contenenti molecole neonicotinoidi, che sin dalla loro introduzione in agricoltura in Francia, nel 1991, hanno espresso effetti letali sulle api, determinando dei pronunciamenti giudiziari che, in osservanza al principio di precauzione, hanno vietato l’uso di questi pesticidi su molte colture. Le due organizzazioni si sono appellate quindi ai due ministri affinché s’impegnino ad acquisire con celerità tutti gli elementi che stanno alla base delle denunce degli apicoltori italiani. “Sarebbe un errore - ha dichiarato Francesco Panella – pensare alla moria delle api come a un problema solo per gli insetti o per gli apicoltori. Le api rappresentano infatti un sensibile indicatore di ben più rilevanti conseguenze all’insieme dell’equilibrio ambientale. E se un pesticida può risultare così dannoso per l’ape – ha precisato Panella - riteniamo debbano essere approfonditi anche tutti i potenziali effetti sull’intera catena alimentare e quindi sull’uomo”. Il presidente di Unaapi ha poi ricordato che in Francia sono state emesse sentenze dal più alto organo giudiziario che confermano il mancato rispetto delle garanzie necessarie rispetto ai due principi attivi incriminati, mentre in Italia c’è stato “un silenzio assordante in risposta a tutte le denuncie e agli allarmi espressi da diversi e autorevoli soggetti”. Legambiente e Unaapi hanno pertanto chiesto ai ministri di attivarsi per “l’immediata sospensione dei preparati contenenti neonicotinoidi in agricoltura e di predisporre rapidamente tutte le procedure per rivedere l’autorizzazione dei principi attivi che non si limitino allo studio degli effetti immediati ma nel medio e lungo periodo per tutto l’insieme delle forme viventi”. Sulla pericolosità dei neonicotinoidi e la conseguente necessità di rapido intervento precauzionale del ministero della Salute, "che sospenda dal commercio questi prodotti in attesa di ulteriori accertamenti", si è espressa anche la senatrice dei Verdi e capogruppo in Commissione Agricoltura, Loredana De Petris, che sin dal 2004 presentò un'interrogazione parlamentare relativa alla crescente moria delle api in Italia. “Gli studi condotti anche da istituti universitari e di ricerca italiani - ha detto la De Petris - concordano nell’attribuire ai pesticidi della classe dei neonicotinoidi gravi responsabilità nella strage delle api che mette a rischio l’ambiente e l’impollinazione delle colture agricole in vaste parti del Paese”. La senatrice dei Verdi ha poi osservato che la situazione negli alveari è stata quest’anno particolarmente grave a causa degli effetti climatici che si sono sommati a quelli derivanti dai prodotti tossici: “La giusta ricerca delle concause della strage non deve esimere dal prendere subito tutte le misure per limitare un danno che si riflette a catena su produzioni di frutta e ortaggi del valore stimato in 2,5 miliardi di euro”. De Petris ha poi insistito nel richiedere la sospensione dal commercio, analogamente a quanto già avvenuto in Francia, dei prodotti fitosanitari contenenti i principi attivi Fipronil, Imidacloprid, Thiametoxan e Clothianidin, utilizzati prevalentemente per la concia delle sementi di mais e sui vigneti per gli interventi di prevenzione della flavescenza dorata. “I ministeri della Salute e delle Politiche agricole hanno già ricevuto dall’Istituto nazionale di apicoltura e dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie documentazione di rilievo sull’azione fortemente neurotossica dei neonicotenoidi e sulle concentrazioni dei prodotti in questione rilevate sulle api morte. Ci sono tutti gli elementi – ha concluso infine l’esponente dei Verdi – per un intervento cautelativo che può fra l’altro facilitare la diffusione di prodotti non dannosi per l’apicoltura, anche mediante un’idonea azione di informazione rivolta alle aziende agricole”. Aspro anche il botta e risposta tra Coldiretti e Cedab, il Centro documentazione agrobiotecnologie, in merito alle cause che sarebbero all’origine della crescente moria di api nel mondo. é scaturito dopo che l’organizzazione agricola ha puntato il dito, tra l’altro, contro il pericolo rappresentato dell’estensione delle coltivazioni ogm in Italia in seguito ai nove protocolli d’intesa firmati la scorsa settimana dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e Assobiotec, l’Associazione che rappresenta l’industria agrobiotecnologica del nostro paese. Questa la replica del coordinatore del Cedab, Patrick Trancu: “Ogni volta che emergono problemi con il nostro ecosistema, come nel caso della moria di api, gli ogm sono accusati di essere i responsabili. Il prossimo passo sarà di ritenerli responsabili anche dei cambiamenti climatici?”. Secondo i dati forniti da Coldiretti sono decine di migliaia gli alveari spariti in Pianura padana, mentre in Svizzera dopo l’inverno caldo si è verificato un crollo del 25 per cento della popolazione di api e in Montana negli Stati Uniti la moria è arrivata al 75 per cento. Una vera ecatombe mondiale per le api segnalata oltre che in Italia anche in 27 Stati degli Usa, in Brasile, Canada, Australia e in molti Paesi europei come Svizzera, Germania ed Inghilterra. Si tratta, ha sottolineato la Coldiretti, “di una situazione che mette in discussione l’equilibrio naturale globale con rischi anche per la salute e l’alimentazione che dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro di insetti, al quale proprio le api concorrono per l’80 per cento. Prodotti come mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e colza, dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione dei frutti. Di fronte a questo scenario, la Coldiretti ha individuato alcuni interventi prioritari per rimuovere le cause eventuali della strage che mettono a rischio la salute, la qualità, l’alimentazione e ambiente. “Occorre una verifica scientifica immediata – ha sostenuto l’organizzazione agricola - di tutti i principi attivi sospetti al fine di una loro sospensione cautelativa al pari di quanto è avvenuto in altri Paesi come in Francia dove è stato tolto dal commercio un conciante aggiunto direttamente nelle sementi prima che queste vengano acquistate dagli agricoltori”. Ma è anche necessario, aggiungono alla Coldiretti, “bloccare immediatamente qualsiasi forma di sperimentazione di colture Ogm in campo a partire dai nove protocolli firmati dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali con Assobiotech per vino, olio, pomodoro e altre importanti colture mediterranee che rischiano di inquinare in modo irreversibile l’ambiente. “È l’ennesima manipolazione della realtà che ha come unico dichiarato fine quello di bloccare l’avvio delle sperimentazioni con piante geneticamente modificate in Italia”, ha aggiunto a sua volta Trancu. Per quanto riguarda le api, gli ogm non si coltivano né nel Montana, né in Svizzera, né nella Pianura Padana, le zone in cui si sono evidenziati negli ultimi 15 anni netti cali nella popolazione di api. “Questo – ha tagliato corto il coordinatore del Cedab - sarebbe sufficiente per dimostrare la fragilità della tesi di Coldiretti”. Le informazioni divulgate oggi dall’associazione agricola provengono dall’autorevole sito www.gmo-safety.eu., ha aggiunto Trancu: “Coldiretti omette tuttavia di riferire che diversi gruppi di lavoro scientifici negli Usa e in Europa hanno studiato anche l’ipotesi secondo la quale l’introduzione di mais Bt geneticamente modificato potrebbe essere responsabile della decimazione delle api. E, dopo un’attenta analisi dell’evidenza scientifica, i ricercatori hanno tuttavia concluso che gli studi attualmente disponibili non contengono prove certe che indichino che le piante Bt possano essere dannose per le api”. Il calo delle popolazioni di api è un fatto molto serio e preoccupante. La decimazione delle popolazioni (Colony Collapse Disorder) è un fenomeno che viene studiato in tutto il mondo. Le ricerche più attuali - tra le quali anche una dell’Accademia americana delle scienze - e relative allo stato di salute delle api, indicano che sono diversi i fattori oggetto di studio che sembrano concorrere a questo sterminio. “La demagogia nostrana - ha concluso Trancu - non può tuttavia dare alcun contributo a scoprire le cause e ad identificare le migliori soluzioni per far fronte a questa tragica situazione”. Anche Agrofarma, l’associazione delle imprese del comparto agrofarmaci prodotti per la difesa delle colture dai parassiti animali e vegetali, è voluta intervenire nel dibattito che si sta animando intorno alle cause che avrebbero scatenato la strage delle api nel mondo in questi ultimi anni. “La tutela delle api rappresenta una priorità anche per l’industria degli agrofarmaci”, hanno sottolineato da Agrofarma nel precisare come siano molte le concause dalle quali può dipendere la crescente moria di api che sta coinvolgendo tutto il pianeta: “Le cause di tale mortalità sono state attribuite sia a fattori patologici, sia a modificazioni dell’ambiente naturale o climatico, così come al non corretto utilizzo di alcuni agrofarmaci”. Agrofarma ha ricordato infine che ciascun prodotto, per ottenere l’autorizzazione all’immissione nel commercio, deve rispondere a criteri adottati dall’organizzazione mondiale della sanità (Oms), dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico europeo (Ocsee) e dal ministero della Salute italiano. Sono molti però i ricercatori che hanno, in seguito a studi di laboratorio, individuato nei neonicotinoidi, principi attivi di alcuni concianti per le sementi usati in agricoltura, i principali responsabili della scomparsa delle api. Inoltre le associazioni di settore e l’Università degli studi di Bologna, l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie e l’Istituto nazionale di apicoltura hanno scritto ripetutamente ai ministeri della Salute e delle Politiche agricole, alimentari e forestali chiedendo ricerche adeguate e la sospensione cautelativa di tali sostanze senza avere però mai alcun esito e risposta e Silvio Borrello, direttore generale della sicurezza degli alimenti e della nutrizione del ministero della Sanità aveva dichiarato al VELINO di non aver mai sentito parlare di alcuna moria di api. “Siamo impegnati a favorire lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile attraverso il rispetto dell’ambiente, la protezione degli utilizzatori e la salute dei consumatori” ha concluso l’associazione del comparto agrofarmaci ribadendo la disponibilità a collaborare con gli apicoltori e con il mondo scientifico per chiarire le dinamiche dei fenomeni denunciati. Dopo quello di Agrofarma è stato raccolto il commento della Federazione apicoltori italiani (Fai): “Che le api siano particolarmente sensibili ai fitofarmaci impiegati durante il periodo della fioritura è un'evidenza scientifica ma che tali danni siano i segni premonitori di una catastrofe naturale appare quanto meno azzardato in quanto le mortalità degli alveari registrate in questo periodo sono fisiologiche”. È in tal senso che la Fai ha promosso una campagna nazionale di sensibilizzazione sul ruolo delle api per l'agricoltura e l'ambiente, il cui preciso intento è quello di far percepire agli agricoltori, per primi, il valore che l'ape rappresenta per l'incremento delle principali produzioni agro-alimentari. Preoccupazione suscitano anche le malattie di origine virale e batterica che si verificano a causa degli scarsi controlli sulle importazioni di api vive dai vari paesi europei ed extra europei. “Di scarsa rilevanza invece – hanno concluso dalla Federazione degli apicoltori - i danni attribuibili all'inquinamento elettromagnetico. Infatti, le indagini condotte in tale ambito dall'università tedesca di Landau sono datate e riferite a un sistema di trasmissione desueto e a un campione di api non rappresentativo”. |
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(by Edoardo Spera e Federico Tulli) | |