I soldati romani che attraversavano l’Europa a tappe forzate portavano nel tascapane dei rimedi per un pronto soccorso. Questi erano bende per coprire le ferite, succhi di bulbo di giglio per lenire i dolori ai piedi, e propoli toccasana per infiammazioni o infezioni. Gli apicoltori l'hanno sempre detto il nome di propoli, d’origine greca, significa “davanti alla città”, in riferimento alla barriera eretta dalla api davanti all’alveare contro gli aggressori. Le sostanze contenute, raccolte dalla corteccia e dalle gemme degli alberi, sono resinose, gommose e balsamiche. Ai tempi di Cesare la propoli non era una novità, perché già utilizzata da greci, persiani, fenici ed egizi. Aristotele aveva tentato di scoprire i segreti delle api realizzando un’arnia dalle pareti trasparenti, ma la sua curiosità era stata frustata per gli scuri muri di propoli eretti dagli insetti. Plinio riferendosi a questa sostanza diceva: «toglie le spine e quello che è entrato nelle carni, riduce il gonfiore e rammollisce gli indurimenti della carne. Diminuisce i dolori nervosi, guarisce ulcere, accessi e foruncoli…». Le proprietà terapeutiche di questo prodotto delle api continuarono ad essere sfruttate nel Medioevo e nelle epoche successive, sia nel mondo islamico, come testimonia Avicenna, sia in quello cristiano.
Indagini scientifiche hanno evidenziato che in natura non esiste un prodotto uniforme, ma la composizione varia a seconda della stagione e del luogo, del numero delle api e della natura degli alberi. La medicina contemporanea ha riscoperto il valore della propoli contro le infiammazioni di bocca, gengive e gola. Concludiamo con una piccola nota curiosa: alcuni sostengono che la propoli venne utilizzata da Antonio Stradivari come vernice dei suoi insuperabili violini. |