Nitrati [Torna all'indice generale] |
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![]() Massimo Ilari Direttore Editoriale Apitalia Tutti felici. Perché? A più di 20 anni dall'emanazione della Direttiva nitrati sembra si sia riusciti a preparare un dossier per dimostrare che i limiti proposti e/o la definizione delle zone vulnerabili non sia adeguata alle caratteristiche agricole e pedologiche del nostro paese. Sulla questione ho almeno 2 perplessità: non credo che i limiti né la zonizzazione siano errate o troppo restrittive, forse qualche aggiustamento è opportuno e si può fare ma non si può negare un problema reale, scientificamente misurato, e che coinvolge tutti i cittadini come quello della lisciviazione dei nitrati di origine zootecnica; ma anche che fosse tutto da rifare, perché ci siamo arrivati 20 anni dopo? Forse che all'approvazione della direttiva CEE (al tempo c'erano ancora le 2 E) 91/676, i parlamentari italiani non frequentavano il parlamento europeo né le relative commissioni? Cerco, invece, di interpretare: il problema nitrati è innegabile ma abbiamo cercato di mettere la testa sotto la sabbia per anni (infatti, la Direttiva è stata recepita in Italia solo nel 99 e sotto la spada di Damocle delle sanzioni per inadempienza); poi, costretti, si è realizzata la definizione delle zone vulnerabili, ma sempre con l'idea che poi, insomma, “combineremo in qualche modo”. Nel frattempo, si sono spese non poche risorse per ricerca, formazione e divulgazione, cosa che ha prodotto ottimi manuali di agronomia e di gestione dei reflui zootecnici e qualche dato scientifico in più a testimonianza di due cose: 1) che i nitrati sono un problema se i liquami non vengono gestiti in modo razionale; 2) che ci sono pratiche e tecniche applicabili in tutte le tipologie di aziende ed areali, che possono trasformare le deiezioni animali da “rifiuto pericoloso e costoso” in “risorsa”. Nel biologico da anni si fa necessità virtù e le aziende zootecniche bio rispettano i limiti di apporto azotato di origine animale (che è in pratica tutto ciò che si usa in bio, visto che l'azoto di sintesi non è ammesso) su tutti gli areali, non solo nelle zone vulnerabili. Anche se nel caso dei bio si tratta di letame e non di liquame, materiale di migliori caratteristiche per l'uso agronomico e minori rischi ambientali. Quindi, per quanto riguarda i nitrati i biologici (chi produce e chi consuma bio) sono in regola ed hanno fatto la propria parte, però pagheranno le sanzioni comunitarie come tutti i cittadini, visto che è ormai evidente che gli argomenti italici non reggono nella discussione europea. C'è una somiglianza con la vicenda delle quote latte, anche lì dopo tanto rumore la conclusione è stata pagare. E perché vicende analoghe ritornano? Forse perché la politica agricola (e anche quella ambientale in buona parte) non interessa più a nessuno? Perché non ci si è resi ancora conto che a Bruxelles si fanno delle norme che poi debbono essere rispettate e quindi non vale la logica molto nazionale del “combineremo poi in qualche modo?” Intanto, paghiamo tutti e rischiamo di aprire il rubinetto e beneficiare di un fertilizzazione azotata gratuita quanto dannosa. |
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(by Cristina Micheloni - Bioagricoltura Notizie, newsletter@aiab.it - 31.01.2013) | |