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Cadmio nel riso, ora l’Europa rivede i valori massimi
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La possibile assunzione di cadmio attraverso riso contaminato rimane, ad oggi, un grande rischio per la salute umana: il problema è dovuto soprattutto alla contaminazione dei suoli a causa della presenza di industrie sul territorio. Una prova in più dell’inquinamento ambientale che può finire nel miele. Quanti fanno finta di non capire, ora, che cosa dicono? E i media che sono sempre pronti ad attaccare gli apicoltori sulla questione antibiotici? Cari signori, l’inquinamento ambientale c’è. Eccome

Il ministero della Salute, con una nota ufficiale, ha reso noto che nella riunione del Gruppo di esperti sui contaminanti ambientali che si è tenuta a Bruxelles alcuni giorni fa, è stata presentata una proposta di modifica del reg. 1881/2006 che definisce i limiti massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari, per quanto riguarda i tenori massimi di cadmio in taluni alimenti.

Nella proposta sono stati previsti limiti massimi più restrittivi anche per il riso. Attualmente il tenore massimo di cadmio è pari a 0.20 mg/kg di peso fresco. Secondo la proposta della Commissione Ue, il limite dovrà essere gradualmente ridotto in due fasi: dopo un anno dalla data di entrata in vigore della modifica al reg. Ce 1881/2006 e dopo tre anni dalla data di entrata in vigore della modifica al reg. Ce 1881/2006.

L’applicazione dei nuovi limiti richiede la revisione sistematica delle attuali pratiche agricole e l’adozione di ogni iniziativa volta a ridurre l’assorbimento di cadmio presente nel terreno da parte della pianta del riso.

E’ opportuno, quindi, che le imprese agricole tengano conto di tali limiti massimi che saranno pubblicati tra qualche mese in Gazzetta Ufficiale, per iniziare ad applicare sin da ora procedure di Buona Pratica Agricola che riducano progressivamente la presenza di tale metallo nel riso, fino a raggiungere i nuovi valori indicati.

Per limitare la presenza di cadmio in una coltura così importante, oltre a rigidi controlli sugli scarichi industriali di metalli pesanti nel suolo, una strategia percorribile potrebbe essere anche la selezione di varietà di riso che non siano in grado di assumere questo elemento (bisognerebbe domandarsi perché non si rinunci a scaricarlo nell’ambiente, ndr).

Ad ogni modo, il rigore della legislazione nazionale e comunitaria è una garanzia per i consumatori. Maggiori problemi, invece, sussistono per controllare il problema del riso importato. Come è emerso da una ricerca dell’Istituto risorse, ecosistema e ambiente dell’agricoltura dell’Università dell’agricoltura di Nanjing, riportata nella rivista New Century, condotta su oltre 100 varietà di riso cinese, oltre il 10% di tale prodotto è avvelenato con cadmio e altri metalli pesanti.

E’ importante, quindi, che il consumatore sia consapevole dell’elevata qualità del riso italiano garantita da norme comunitarie molto restrittive a tutela della salubrità del prodotto e della necessità di controllare sempre in etichetta l’origine territoriale del riso acquistato.
 
(by Apitalia)