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Infezione acuta e persistente da virus DWV in Apis mellifera
 
di Gennaro Di Prisco*, Xuan Zhang**, Francesco Pennacchio*, Emilio Caprio*, Jilian Li***, Jay D. Evans****, Gloria DeGrandi-Hoffman*****, Michele Hamilton****, Yan Ping Chen****
 
La vita dell’ape è oggi costellata da eccessiva presenza di avversità e di patogeni. Questa presenza si può condensare, alla fine, in un effetto letale che conduce alla morte dell’alveare. Ciò è quello che si comprende mettendo insieme la grande produzione scientifica realizzata per spiegare i fenomeni di moria di alveari ormai riscontrati da diversi anni. Il lavoro che pubblichiamo fa capire che occorrono mezzi efficaci per contrastare gli effetti letali avviati dalle infezioni virali. Leggiamolo con attenzione
 
Introduzione

Una prima, doverosa notazione. Nelle famiglie colpite da Colony Collapse Disorder (CCD) è presente una consistente presenza virale. Ciò fa nascere serie preoccupazioni riguardo ai rischi prodotti dalle infezioni virali e fa comprendere la necessità di disporre di mezzi efficaci e strategie di controllo riguardo alle problematiche virali, per salvaguardare la salute delle api. E’ riportato in letteratura che le api possono essere attaccate da almeno 19 virus. Tra questi, il virus delle ali deformate (DWV) è uno dei più comuni e prevalenti. DWV, in genere,  persiste come infezione asintomatica trasmessa per via orale tra le adulte attraverso la trofallassi e verticalmente dalla regina madre alle uova. Il virus, però, può essere ri-attivato in ogni momento come risultato di vari stress cui l’ape è sottoposta, con moltiplicazione esponenziale e comparsa di sintomi sulle alle api nascenti.
La manifestazione della virosi da DWV porta alla comparsa di api rimpicciolite, con ali deformate, rinsecchite, scolorite e soprattutto dalla ridotta aspettativa di vita. E non è tutto. Sintomi consistenti di infezione da DWV sono associati all’infestazione da Varroa destructor. Sia studi di laboratorio che di campo dimostrano che la Varroa non è solo vettore di DWV acquisendo il virus dalle api infette e trasmettendolo a quelle non infette, orizzontalmente, durante la nutrizione, ma anche un attivatore del virus, causando immunodepressione nell’ape ospite che apre la porta alla replicazione del virus nell’ape. “Per fare un bell’esempio, è come se nell’assedio di una roccaforte medioevale dalle alte e spesse mura, qualcuno, da dentro, aprisse le porte (ndr)”.
DWV è, perciò, un significativo fattore di mortalità di api e da ciò la necessità di comprendere pienamente i meccanismi che portano all’aperta manifestazione della patologia virale. La dinamica di replicazione virale è dipendente dalla condizione dell’ape ospite che è regolata da fattori biotici e abiotici, singoli o in combinazione. Per questi motivi sono state condotte ricerche di campo volte a determinare, tra l’altro, la dinamica di replicazione virale su api stressate.

2. Risultati e discussione

Infezione persistente da DWV nelle api
L’infezione da DWV è stata rinvenuta - in condizioni di campo - in tutti gli apiari studiati e in tutti i mesi dell’anno. La percentuale di api infette da DWV è risultata del 25% nelle famiglie forti e del 35% nelle famiglie deboli, in marzo,primo mese di studio (Figura 1). La percentuale di api infette comincia a crescere dopo l’estate raggiungendo il picco del 53% nelle famiglie forti e del 77,5% nelle famiglie deboli, nel mese di dicembre; prima di diminuire alla fine dell’inverno (in questo periodo sono sopravvissute, verosimilmente, le api sane e quelle a  più bassa presenza virale, ndr). Nonostante che a inizio stagione non vi sia differenza significativa nel livello di infezione da  DWV tra famiglie forti e famiglie deboli, dopo la primavera l’infezione virale è più frequentemente rinvenibile nelle famiglie deboli. Tutte le famiglie deboli dello studio  non sono sopravvissute all’inverno e sono morte prima di febbraio.

Elevato titolo di DWV in api stressate dal freddo
La temperatura ottimale per l’allevamento della covata risulta essere di 33-35 °C. Temperature di allevamento da 33 °C a 30 °C rendono necessari quattro giorni supplementari, rispetto ai 12 normalmente richiesti, affinché la pupa possa nascere come adulta, con però una perdita del 15% della covata. A 29 °C le api non nascono. La verifica quantitativa del DWV mostra che la quantità di virus presente in api nate con temperature di incubazione di 30 °C è 296±12.57 volte più alta della quantità rilevabile in api nate con temperatura di incubazione di 33 °C.  

Elevata quantità di DWV in api infestate da Varroa
La quantità di DWV osservabile sulle api (adulte appena nate infestate con numero variabile di acari e mantenute in apposita struttura di osservazione), risulta aumentare, sia per quelle delle famiglie forti che per quelle delle famiglie deboli, in conseguenza della presenza di Varroa sulle api.
Vi sono, però, delle notevoli differenze. Per le api delle famiglie deboli (Figura 3A), la quantità di DWV risulta stabilmente aumentata per l’intera durata dell’esperimento, a seguito dell’infestazione da Varroa, raggiungendo il massimo di presenza a 7 giorni dall’infestazione.
Il massimo livello di presenza virale è osservato nel gruppo di api (deboli) con infestazione di Varroa del 30%, Varroa sempre dopo 7 giorni dalla parassitizzazione.
E’ evidente la correlazione tra la quantità di virus DWV presente nell’ape e la quantità di varroe che la infestano.
Anche nelle api delle famiglie forti (Figura 3B), la presenza di DWV risulta aumentare a seguito di esposizione alla varroa. Anche in questo caso mostrando una correlazione positiva fra quantità di varroa e quantità di virus. La differenza sostanziale, però, è che dopo un aumento iniziale della presenza di DWV, dopo l’infestazione con varroa (osservabile al giorno 3), il livello di presenza del virus DWV comincia a diminuire. In aggiunta, la quantità di presenza virale non differisce significativamente variando il livello di infestazione da Varroa (significa che le famiglie forti sopportano molto, meglio, più alti livelli di infestazione da varroa, ndr).

Espressione di Vitellogenina
Anche in questo studio si è osservato che il livello di vitellogenina nelle api delle famiglie forti è più alto di quello delle famiglie deboli. La produzione di vitellogenina non risulta condizionata da presenza di Varroa o di virus.

Sezione sperimentale

Alveari e varroe
Le famiglie dello studio sono state mantenute in due differenti apiari.
La forza delle famiglie è stata determinata come quantità di adulte, covata e scorte presenti.

Investigazione di campo della prevalenza stagionale di DWV negli alveari
Per verificare la stagionalità e la prevalenza delle infezioni virali negli alveari in condizioni naturali sono state identificate cinque famiglie forti e cinque deboli. Campioni di 25 api sono stati raccolti, mensilmente, da marzo a febbraio.

Conclusioni

I nostri risultati mostrano chiaramente che fattori di stress e stato di salute dell’ape ospite possono avere una profonda influenza sulla dinamica della replicazione virale e sul risultato dell’interazione ospite-patogeno.
Lo studio dell’attività stagionale del DWV mostra che una infezione persistente, e a lungo termine, è ormai presente sulle api. Si può osservare una variazione della resistenza da parte delle api nelle differenti stagioni. L’infezione da DWV è più comune in autunno e inverno. Questa variazione di presenza probabilmente dipende dal vigore dell’ape ospite e dalle condizioni climatiche che modulano il normale sviluppo e le funzioni dell’ape.
L’osservazione della quantità di DWV, significativamente più alta nelle api allevate a temperature inferiori alla norma, suggerisce che lo stress termico durante l’allevamento non causa solo ritardo del normale sviluppo dell’ape, ma anche indebolimento del suo sistema immunitario con aumento della suscettibilità alle infezioni virali. Le famiglie deboli, che non hanno sufficienti api per mantenere una adeguata produzione e ritenzione di calore, subiscono un aumento della vulnerabilità ai virus  e per questo potrebbero soccombere facilmente all’arrivo dei climi freddi.
Di contro, alveari con consistente popolazione di api sane e adeguate scorte di miele hanno una migliore regolazione della temperatura.
Tuttavia, significative variazioni di temperatura durante l’inverno possono anche alterare l’abilità della famiglia di regolare la risposta immunitaria e il controllo delle infezioni. Il risultato? Cresce la presenza virale e la gravità dell’infezione, con eventuali conseguenze letali per l’ape. I risultati di questo studio, in parte, spiegano l’alto livello di mortalità invernale associata allo stress da freddo e supportano le scoperte precedenti. Scoperte secondo le quali DWV può agire indipendentemente dalla Varroa nel far perire gli alveari.
Eppoi, non sorprende che crescendo il numero di varroe aumenti la concentrazione di virus DWV nelle api.
E’ possibile rinvenire il virus DWV in api appena nate prima di tutti gli eventi di trasmissione virale, a indicare la persistenza del virus negli alveari, verosimilmente via trasmissione virale verticale (dalla regina alla progenie). Si ricorderà su questo tema il lavoro di Yanez, pubblicato su Apitalia e relativo alla trasmissione virale prodotta dai fuchi che fecondano le regine e le conclusioni degli autori ovvero minimizzare il problema attraverso opportuni trattamenti varroacidi in primavera, ndr). La presenza di Varroa costituisce un elemento di accelerazione della riproduzione virale agendo non solo come vettore, ma anche, nel corpo dell’ape, come attivatore del virus. Relativamente a ciò, le condizioni dell’ape ospite giocano un ruolo sul risultato dell’interazione fra ape e virus.
Durante il corso degli esperimenti, le api delle famiglie deboli si sono mostrate più sensibili alle infezioni virali, avendo in circolo, nel loro corpo, una quantità di virus significativamente più alta di quella riscontrata nelle api delle famiglie forti.
In aggiunta, mentre nelle api delle famiglie deboli è osservabile una quantità di virus continuamente elevata, nelle api delle famiglie forti è stato osservato un declino della presenza virale nella fase finale dell’esperimento, dopo un iniziale aumento di presenza conseguente alla presenza di Varroa.
I risultati suggeriscono che è possibile, per il sistema immunitario dell’ape, riuscire a contenere lo sviluppo virale. E tutto ciò è osservabile in api che nascono in alveari forti e sta a indicare che la salute dell’ape e dell’alveare è un fattore importante nel determinare la suscettibilità o le risposte immunitarie alle infezioni virali. E’ osservabile, ancora, una significativa differenza nel livello di vitellogenina, tipico delle api delle famiglie forti, rispetto a quello delle famiglie deboli.
La “produzione” di tale proteina di stoccaggio non è però condizionata, in alcun modo, dall’eventuale grado di presenza di varroa e virus. La sintesi di vitellogenina dipende dal consumo di polline delle singole api. Vitellogenina, c’è da aggiungere, è alla base di importanti funzioni relazionate all’attività immunitaria e alla longevità dell’ape, oltre che alla base della produzione di pappa reale.
E’ verosimile che il livello di presenza di vitellogenina rifletta lo stato fisiologico dell’ape, ovvero che la robustezza dell’ape possa condurre a una varietà di risposte immunitarie, almeno nelle famiglie forti, contro patogeni e parassiti.
In conclusione, i dati prodotti dal presente studio dimostrano che la condizione fisica dell’ape ha profondi effetti sulla sua immuno-competenza, cioè sulla capacità di resistere alle infezioni virali e che la pratica apistica può avere notevole importanza per difendere le api dai patogeni.
Dovrebbe, perciò, essere realizzata una gestione delle api finalizzata a minimizzare gli stress cui sono sottoposte, per mantenere famiglie sane e forti.
 
Traduzione a cura di Gianni Savorelli
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 4 tot.
Figura 1
Figura 3A
Figura 3B

 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 23/04/2012 da Gennaro Di Prisco*, Xuan Zhang**, Francesco Pennacchio*, Emilio Caprio*, Jilian Li***, Jay D. Evans****, Gloria DeGrandi-Hoffman*****, Michele Hamilton****, Yan Ping Chen****
*Dipartimento di Entomologia e Zoologia Agraria “Filippo Silvestri”, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Via Università n.100, 80055 Portici, Napoli, Italy; **College of Plant Protection, Yunnan Agricultural University, Yunnan 650201, China; ***Institute of Apicultural Research, Chinese Academy of Agricultural Science, Xiangshan, Beijing 100093, China; ****USDA-ARS Bee Research Laboratory, Beltsville, MD 20705, USA; *****USDA-ARS Carl Hayden Bee Research Center, Tucson, AZ 85719, USA
 
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