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 Ambiente
Api, mais e neonicotinoidi (parte II)
 
di Mario Colombo* Marta Mazzoleni e Paolo Tremolada** Francesco Saliu e Marco Vighi***
 
Assodato il pericolo neonicotinoidi, la cosa che più mi meraviglia è che nulla si dica delle morti di apiari, conseguentemente ai trattamenti effettuati sugli individui adulti di Diabrotica del mais e sulle larve di Piralide, nel periodo di piena fioritura del mais. Più precisamente, parrebbe che nei mesi di giugno, luglio e agosto, periodo in cui si fanno questi interventi, non ci siano mortalità o fortissimi indebolimenti delle famiglie di api. Veramente molto strano, considerando che una stima per difetto delle superfici trattate è di 80.000/100.000 ettari, pari a ottocento/mille milioni di metri quadrati; mentre fra i prodotti più impiegati, risulta una miscela di due insetticidi ad ampio spettro d’azione. Eppure, davanti a questa grave situazione, a grande impatto ambientale, non risultano ufficialmente mortalità di alveari. Ricorrente è la voce di morte di fauna selvatica, per esempio di fagiani, ma i dati ufficiali dicono che le api non subiscono danni. Fantastico! Eppure, se si esce dalle stanze dove entra solo l’ufficialità e si parla con gli apicoltori, si viene a sapere che le api sono morte, gli alveari si sono indeboliti e l’imminente inverno verrà affrontato da questi apiari, flagellati dai pesticidi, con grande precarietà o rischio di estinzione
 
Discussione

I due parametri di salute delle api, monitorati per riscontrare un eventuale effetto della semina del mais, hanno evidenziato una netta interferenza sulle api di tutti gli alveari, in concomitanza con le operazioni di semina, benché tale riscontro appaia limitato sia in intensità che nella durata. Il parametro di maggior rilievo (numero di bottinatrici), è quello che ha mostrato effetti marcatamente negativi su entrambi i gruppi sperimentali, benché risulti che il numero di api con polline, nella maggior parte dei casi, sia compensato e quindi ci sia un recupero quasi completo rispetto alle condizioni di “normalità”, a 16 giorni dalla semina.
Premettendo la criticità derivante da un numero di alveari sperimentali estremamente esiguo, in particolare quelli esposti, si devono aggiungere due osservazioni oggettive.
La prima riguarda il numero totale di api bottinatrici che a distanza di 16 giorni dalla semina, in uno dei due alveari esposti, è pressoché identico a quelli protetti. La seconda riguarda l’altro alveare esposto, in cui il numero di api bottinatrici, a pari distanza di tempo, è un terzo rispetto all’altro alveare.
Tale situazione, così opposta delle due colonie, si può spiegare in quanto (Tab. 2) - in data 22 giugno - gli alveari E1 e E2 presentano, rispettivamente 31.3 e 21.66 bottinatrici in entrata, per ogni minuto. La maggiore “forza” di E1, per lo meno nel numero di bottinatrici, determina una superiore capacità di importazione rispetto a E2. Tale fatto può essere inteso in una raccolta di “bottini” maggiore rispetto a E2, ma nella fattispecie anche l’intercettazione di polveri letali. In altri termini, si può ipotizzare che la maggiore capacità metabolica della famiglia, aumenta la gravità dell’effetto insetticida delle polveri. Ovvero, la colonia più vigorosa sarebbe vittima della sua stessa maggiore vitalità.
Un altro elemento interessante emerso dai dati sperimentali è l’effetto della distanza dai campi seminati. Infatti, è sufficiente una distanza di 200 m ed una barriera protettiva come una siepe per minimizzare gli effetti diretti (mortalità nelle underbasket) e ridurre di molto quelli sulle bottinatrici. Tale dato va, però, visto nel contesto di questa prova sperimentale effettuata su una seconda semina di mais e quindi relativa ad un’esposizione molto limitata, nello spazio e nel tempo. Infatti, mentre la superficie seminata a mais a fine marzo-inizio aprile è generalizzata e molto ampia, quella del mais di secondo raccolto è molto più limitata addirittura sporadica, nel panorama agricolo della Pianura Padana e quindi anche l’eventuale contaminazione risulta altrettanto limitata.
Gli effetti negativi sulla salute delle api appaiono correlati con il giorno della semina del mais, unico elemento che può aver influito sulle condizioni ecologiche degli alveari sperimentali in quanto la situazione atmosferica si è mantenuta pressoché costante durante il periodo esaminato, senza eventi estremi che possano avere giustificato quanto osservato, così come gli altri parametri ambientali sull’uso del territorio intorno agli alveari si sono mantenuti pressoché inalterati.
Per poter correlare gli effetti osservati alla tossicità dei neonicotinoidi utilizzati nella concia della semente di mais, occorre però approfondire due aspetti importanti. Il primo riguarda i principi attivi utilizzati nella concia della semente, in quanto insieme all’insetticida sono stati utilizzati anche due fungicidi ed il secondo elemento riguarda i possibili livelli a cui le api potrebbero essere state esposte. Questo secondo elemento avrebbe dovuto essere confermato dalle analisi chimiche che però se da una parte non hanno evidenziato residui al di sopra del limite di rilevabilità, dall’altra non hanno neanche escluso l’esistenza di residui al sotto di questo limite. In particolare, si può verificare in base a calcoli algebrici se gli eventuali residui avrebbero potuto essere al di sotto del limite di rilevabilità (confermando così indirettamente le analisi chimiche) determinando però effetti tossici sulle api, come sembrano indicare i dati biologici.
I due concianti utilizzati sono i formulati Cruiser® e Celest xl® che contengono come principi attivi rispettivamente l’insetticida thiamethoxam il primo e i fungicidi fludioxonil e metalaxyl-M il secondo. Questi prodotti hanno una tossicità verso le api molto differente. Dati di letteratura sulla tossicità del thiametoxam riportano valori di LD50 per contatto da 30 a 24 ng/ape (Iwasa et al., 2004; Senn et al., 1998); mentre quella dei due fungicidi è estremamente più limitata essendo nell’ordine delle centinaia di μg/ape (EU, 2002 e 2007).
In aggiunta, i quantitativi utilizzati dei differenti principi attivi sulla base dei dati forniti dalla casa produttrice sono maggiori di un fattore 10 per l’insetticida nei confronti dei due fungicidi. Il quantitativo complessivo di thiametoxam utilizzato per l’intera area di semina è pari a 51.45 g, mentre quello dei due fungicidi è di 3.675 e 1.47 g (rispettivamente per fludioxonil e metalaxyl-M). Sulla base dei quantitativi utilizzati e della tossicità specifica dei diversi principi attivi per le api sembrano non esserci dubbi su un ruolo praticamente esclusivo del neonicotinoide in eventuali effetti tossici sulle api.
Un possibile ruolo dei due fungicidi sulla tossicità complessiva dei due prodotti potrebbe derivare dall’attività sinergica dimostrata da alcuni fungicidi  nei confronti di alcuni neonicotinoidi (Iwasa et al., 2004), ma questa sembra essere relativa ai soli neonicotinoidi ciano-sostituiti, mentre il thiamethoxam è un neonicotinoide nitro-sostituito dotato, già da solo di un’elevata tossicità specifica verso le api. Quindi è ragionevole pensare ad un ruolo primario del thiamethoxam in eventuali effetti tossici sulle api, derivanti dalla dispersione di polveri contenenti tanto l’insetticida quanto i due fungicidi nelle proporzioni con cui sono presenti nei rispettivi formulati.
A questo punto bisogna verificare se i quantitativi dispersi siano o meno compatibili con i livelli di tossicità noti per le api (24-30 ng/ape).
La dispersione dei neonicotinoidi durante le operazioni di semina con seminatrici pneumatiche è stata dimostrata da Greatti et al. (2003 e 2006) per l’imidacloprid.
Questi Autori hanno evidenziato la presenza di quantitativi di imidacloprid pari a 70-120 μg per minuto sui filtri di carta posti a 2 cm dall’uscita del sistema di aspirazione dei semi, normalmente posizionato al di sopra della seminatrice. Ciò facilita la dispersione delle polveri in atmosfera e la loro ri-deposizione sull’area stessa di semina o nelle vicinanze in funzione delle condizioni atmosferiche. Gli stessi Autori hanno trovato livelli di imidacloprid compresi tra 20 e 120 ng/g nella vegetazione presente nei bordi dei campi interessati dalla semina. Purtroppo, non sono disponibili dati analitici di dispersione relativi al thiamethoxam, ma, considerando le analogie tra imidacloprid e thiamethoxam nei quantitativi utilizzati e nelle loro modalità di utilizzo, si può ipotizzare che anche quest’ultimo possa avere una dispersione simile attraverso le polveri in uscita dal sistema pneumatico delle seminatrici. Se, per esempio, ipotizziamo una dispersione di prodotto pari all’1% di quello presente sui semi, si ottiene un’emisisone in aria di 514,5 mg di principio attivo sull’intera area di semina. Data l’assenza di vento durante la semina possiamo pensare che il quantitativo disperso si distribuisca in un volume di aria di altezza pari a 5 m al di sopra dell’area seminata (volume di aria di 350000 m3), determinando così una concentrazione in aria di 1470 ng/m3.
Se poi ipotizziamo che un’ape attraversi l’area seminata durante i voli di perlustrazione o di foraggiamento, essa può compiere sopra l’area di semina un tragitto anche di 500 m che moltiplicato per la superficie frontale di volo (12,5 mm2) determina un volume di aria attraversato da un’ape che sorvola l’area di semina pari a 0,00625 m3. Una stima approssimativa della superficie frontale di volo è stata ottenuta approssimando l’ape ad un cilindro delle dimensioni di 12-13 mm di lunghezza per 4 mm di altezza. Se poi consideriamo l’anatomia dell’ape caratterizzata da una fitta peluria non è irragionevole pensare che questa intrappoli le eventuali polveri che incontra durante il volo determinando, poi, il contatto tra queste e la sua superficie corporea. Se le polveri sono contaminate da un insetticida, l’esposizione a questo può essere calcolata moltiplicando il volume d’aria attraversato durante il volo (0,00625 m3) per la concentrazione dell’insetticida in aria (1470 ng/m3), ottenendo così per il thiamethoxam un’esposizione teorica di 9,2 ng/ape. Il dato è assolutamente teorico e frutto di calcoli derivanti da approssimazioni, dunque deve essere considerato come tale, ma nondimeno anche plausibile, se le ipotesi formulate risultino anch’esse plausibili. Questo dato risulta pari ad un terzo del valore di LD50 per contatto per le api (24-30 ng/ape), dimostrando così che non è completamente fuori luogo ipotizzare effetti tossici o anche letali per un’ape che attraversa l’area di semina durante le operazioni colturali. Inoltre, bisogna considerare la possibilità di effetti sub-letali che potrebbero verificarsi a dosi inferiori alla LD50 (El Hassani et al, 2008; Aliouane et al., 2009). In particolare Aliouane et al (2009) hanno riscontrato una concentrazione di non effetto per esposizione orale pari alla dose di 0,1 ng/ape/giorno.
Dai calcoli esposti sopra, si può ricavare anche una possibile concentrazione di thiamethoxam sulla vegetazione considerando la ricaduta delle polveri sull’area stessa di semina e sulla vegetazione limitrofa, quantificata ai livelli di 500 g di peso fresco di vegetazione per m2 di superficie.
In questo modo si ottiene una concentrazione presumibile di 14,7 ng di thiamethoxam per g di peso fresco che risulta al di sotto del limite di rilevabilità del metodo analitico da noi utilizzato. Questi calcoli anche se molto approssimati possono essere considerati una prova indiretta del risultato analitico ottenuto e del fatto che le nostre analisi in effetti non possono escludere la presenza del thiamethoxam a dosi molto basse sull’area di studio.

Conclusioni

I dati sperimentali ottenuti mostrano un effetto evidente delle operazioni di semina con semente conciata con neonicotinoidi sulla salute delle api. Questi effetti negativi risultano però limitati sia per intensità che per durata, in quanto sembra che vengano superati nella maggior parte dei casi dalle capacità di recupero delle api nell’arco di 15 giorni.
Un unico alveare sperimentale, posto in prossimità dei campi seminati, mostra una situazione ancora di sofferenza (ridotto numero di bottinatrici) a 15 giorni dalla semina.
Tra i principi attivi presenti nei prodotti concianti Cruiser® e Celest xl®, è presumibile che gli effetti osservati siano dovuti unicamente al neonicotinoide thiamethoxam contenuto del formulato Cruiser®. Anche se non si sono avuti riscontri analitici della dispersione del thiamethoxam nell’area di semina è presumibile che una dispersione ci sia stata ed abbia causato gli effetti riscontrati.
Dai calcoli teorici si è stimata una possibile esposizione delle api in volo sopra l’area di semina pari a 9,2 ng/ape, valore questo non di molto inferiore ai dati di LD50 per contatto (24-30 ng/ape). Dagli stessi calcoli è emerso un possibile livello di contaminazione della vegetazione circostante pari a 14,7 ng/g di peso fresco, il quale risulta compatibile con i nostri risultati analitici. Infatti, la concentrazione del thiamethoxam sulla vegetazione è risultata essere inferiore a 50 ng/g peso fresco.
I risultati, pur mostrando un effetto negativo delle operazioni di semina sulla salute delle api, non sono però compatibili con gli eventi di CCD riportati in letteratura. Occorre comunque, tenere in considerazione che le prove sperimentali effettuate riguardano una seconda semina di mais, quindi una realtà sperimentale non paragonabile a quella che si ha durante le semine di fine marzo-inizio aprile per possibile dispersione degli insetticidi utilizzati e per forza delle famiglie. Allora non è possibile escludere che, in un altro contesto ambientale ed agronomico, si possano determinare effetti più marcati di quelli osservati.
Inoltre, bisogna sempre tenere in considerazione che la dispersione dipende sia dal tipo di seminatrice utilizzato sia dal tipo di semente che, a seconda della provenienza e delle diverse partite commerciali, presenta una polverosità molto variabile ed è appunto questa che determina la dispersione dell’insetticida ed i suoi effetti negativi durante le operazioni di semina.
Gli insetticidi neonicotinoidi hanno sicuramente una tossicità marcata sulle api che rende il loro utilizzo problematico dal punto di vista dell’esercizio apistico e della protezione ambientale in generale, per cui è auspicabile un ulteriore approfondimento sperimentale della loro pericolosità sia con le attrezzature tradizionali che con quelle attualmente in studio per contenere la dispersione delle polveri.

Note

Si ringraziano: l’Azienda Cascina Virolo, nella persona della dottoressa Benedetta Vedove per la collaborazione nella semina e gestione dei campi coltivati e il Signor Natale Sironi dell’omonima Azienda Apistica per avere messo a disposizione e curato gli alveari.
Il presente lavoro, non ha beneficiato di alcun contributo o finanziamento di Enti Pubblici o di Aziende e Società Private.
 
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 7 tot.
Tab. 2

Kinze 3000 all’opera.

Esempi di favi con omogeneo grado di ricoprimento.

Collocazione degli alveari (punti rossi) e area seminata (barratura arancio).

Arnie poste all’interno del nucleo aziendale e arnie rivolte verso il campo seminato a mais.

Entrata in arnia di api bottinatrici con polline.

 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 03/09/2010 da Mario Colombo* Marta Mazzoleni e Paolo Tremolada** Francesco Saliu e Marco Vighi***
* *Dipartimento di Protezione dei Sistemi Agroalimentare e Urbano e Valorizzazione della Biodiversità, Università degli Studi di Milano, Via Celoria 26, 20133 Milano **Dipartimento di Biologia “Luigi Gorini”, Università degli Studi di Milano, Via Celoria 26, 20133 Milano ***Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio, Università di Milano-Bicocca, Piazza della Scienza 1, 20126 Milano
 
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