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 Apiterapia
Punture di imenotteri: aspetti medici
 
di Moreno Dutto, Giuseppe Lauria
 
Spesso con l’arrivo dell’estate sui media si mettono in allarme le persone sui danni da punture di insetti. I titoli sono allarmanti: “Api assassine”, “Calabroni mortali dopo 3 punture”, ecc. Le cose stanno veramente così e quando le punture di imenottero sono veramente pericolose? L’articolo dà una risposta
 
Eros un giorno non vide
un’ape posata fra le rose
e restò ferito.
Punto nel dito della mano
lanciò un grido di dolore:
e di corsa volato
dalla bella Citera
«sono perduto, madre -disse-
sono perduto e muoio.
Mi ha colpito una piccola
serpe alata, che i contadini
chiamano ape»

Anacreonte, 6° secolo a.C.



Introduzione

Le punture di imenotteri sono sicuramente uno fra gli incidenti che possono occorrere a chiunque in ambiente rurale, sub-urbano e urbano. Categorie di persone maggiormente soggette alle punture sono indubbiamente le categorie professionali che operano nel verde (giardinieri, agricoltori e forestali), nel settore del soccorso tecnico urgente (vigili del fuoco), nel settore apistico (apicoltori) e nel settore della sanificazione ambientale (imprese di disinfestazione). Fasce di popolazione maggiormente esposte alle punture sono coloro che per sport o hobby frequentano le aree naturali e naturalmente i bambini che per indole e curiosità toccano ogni sorta di insetto e si avventurano nella vegetazione.
Le specie di imenotteri responsabili del maggior numero di punture sono: (i) l’ape (Apis mellifera), (ii) la vespa (Vespula spp.), (iii) il poliste (Polistes gallicus) e (iv) il calabrone (Vespa crabro); specie che invece sono responsabili di punture occasionali sono: (i) il bombo (Bombus spp.) e (ii) la xilocopa (Xylocopa violacea) (1).
La lesione viene indotta dalla penetrazione del pungiglione - che nella sua essenza non è altro che un ovopositore modificato in organo di difesa e proprio per questa ragione gli individui di sesso maschile sono privi di organo di difesa (2) - e dai secreti inoculati attraverso di esso.
Il secreto venefico inoculato varia da specie a specie ed è composto da una soluzione di svariate sostanze farmacologicamente attive (3).
Il veleno dell’ape, a titolo di esempio, è una sostanza - composta da 60% d’acqua e dal 30% di sostanza secca - fortemente acida (pH 4,5-5,5) date le alte concentrazioni di acido citrico (2) composta da 25-30 sostanze con basso, medio ed alto peso molecolare. Particolarmente importante nel veleno dell’ape è la presenza di melittina (50% peso secco), sostanza spiccatamente citotossica, e di apamina che invece ha effetti neurotossici nell’uomo e negli animali omeotermi.
Le sostanze allergizzanti sono essenzialmente enzimi ad alto peso molecolare quali fosfolipasi, ialuronidasi, fosfatasi acida, ecc. che in associazione alla melittina determinano le proprietà allergeniche del veleno di questa specie (4, 5).
Il veleno delle vespe a differenza di quello delle api manca di melittina e apamina, mentre è presente la serotonina (6) ed è più ricco di sostanze allergeniche che costituiscono fino ad un quarto del peso secco del veleno (5).
I secreti di xilocope e bombi sono sicuramente meno tossici (in termini di citotossicità) dei precedenti, nonostante ciò non escluda reazioni di ipersensibilità di tipo I (anafilassi).
Nonostante tutti parlino di punture mortali, api assassine, calabroni mortali dopo tre punture, ecc. quando le punture di imenottero sono realmente pericolose?
Le punture di imenotteri sono pericolose essenzialmente in tre casi:
soggetti con allergia conclamata al veleno o soggetti atopici;
soggetti che hanno ricevuto punture nel cavo orale (tratto orofaringeo);
soggetti che hanno ricevuto punture multiple nell’ordine di diverse decine.

La puntura nell’uomo

Nei soggetti normali, ossia non allergici, la puntura determina esclusivamente la formazione di un pomfo infiammato e ipertermico con diametro inferiore a 10 cm che si evolve benignamente in meno di 24 ore. Nella giornata successiva nell’area interessata dalla puntura può essere ancora presente una sensazione di fastidio e un ispessimento cutaneo dovuto essenzialmente alla reazione tessutale ai secreti citotossici presenti nel veleno. Stessa cosa non può dirsi per i soggetti allergici che possono andare incontro ad un’evoluzione clinica sistemica più o meno grave in base all’intensità della reazione da ipersensibilità (anafilattica).
In seguito alla puntura nell’area lesa può essere presente il pungiglione, nel caso in cui la puntura sia stata inferta da un ape, oppure il pungiglione può essere assente se il responsabile della puntura è un vespide o un grosso apide (bombi, xilocope).
La possibilità o meno di retrarre il pungiglione dalla cute umana deriva essenzialmente dalla microstrutturazione apicale del pungiglione che nell’ape presenta dei micro arpioni che impediscono all’insetto di estrarre il pungiglione dalla cute: essendo dotata di elasticità oppone resistenza (cosa che non accadrebbe in un insetto che presenta tegumenti rigidi).
Nei vespidi il pungiglione ha una microstrutturazione denticolata apicale notevolmente attenuata o addirittura assente che fa sì che l’insetto, una volta indotta la puntura, può estrarre il pungiglione ed effettuare una nuova puntura (è una situazione tipica delle punture indotte da vespe rimaste imprigionate negli abiti).
Indipendentemente dallo stato di sensibilizzazione soggettiva sono particolarmente importanti nel soggetto adulto le punture multiple (numero di punture superiore a 20-50 unità a seconda della specie) e le punture nel cavo orale. Stato di allergia, età pediatrica o patologie di base concorrono nel determinare la gravità delle manifestazioni cliniche.
Le punture multiple (tipica situazione che viene a crearsi durante bonifiche improvvisate dei nidi) nell’uomo sono molto importanti e determinano una reazione tossica sistemica che si manifesta a distanza di 24-72 ore.
L’esordio generalmente si ha con febbre associata a disturbi gastroenterici (vomito, dissenteria), ipotensione, dispnea, emolisi intravasale, rabdomiolisi e insufficienza renale acuta da necrosi tubulare (9). Proprio l’insufficienza renale - determinata dalla liberazione di grandi quantità di metaboliti tossici che vengono successivamente eliminati dall’emuntore renale - è la causa della maggior parte dei decessi.   
Le punture nel cavo orale - frutto di ingestione di liquidi o alimenti su cui era posato un imenottero - sono particolarmente serie nei soggetti in età pediatrica a causa del ridotto calibro  tracheale e delle prime vie aeree che possono essere facilmente ostruiti da un edema reattivo anche di scarsa entità; anche nell’adulto queste punture non vanno sottovalutate e il rischio è comunque sempre un’ostruzione respiratoria clinicamente significativa.
Gli operatori appartenenti a determinate categorie professionali come gli apicoltori che sono soggetti a ripetute punture, per lo più concentrate alle mani, possono soffrire di una particolare artropatia che prende il nome di artropatia da punture di imenotteri.
Questa tipologia di artropatia esordisce dopo 8-10 ore (forma acuta) o dopo 5-15 giorni (forma ritardata) dalla puntura e interessa elettivamente le articolazioni falangee e il metacarpo (aree fortemente esposte a punture ripetute) (10).
L’artropatia si manifesta con intenso dolore associato ad edema ed eritema in sede di puntura o in aree prossime. La sintomatologia in corso naturalmente riduce la normale funzione articolare che rimane compromessa per 14-21 giorni (10, 11).
Le manifestazioni articolari da punture ripetute possono determinare delle lesioni croniche con una riduzione permanente della funzionalità articolare che fa sì che l’artropatia da punture di imenotteri possa essere considerata una malattia professionale.

Anafilassi questa sconosciuta

L’anafilassi deve essere prontamente distinta in:
reazioni anafilattiche locali (LLR) che consistono in edema e eritema con diametro superiore a 10 cm e perdurante per più di 24 ore;
reazioni anafilattiche sistemiche che interessano più apparati e possono concludersi infaustamente.
L’anafilassi sistemica, nota a tutti erroneamente come shock anafilattico (in quanto lo shock è lo stadio più grave della patologia), è una reazione d’ipersensibilità di tipo I immediata che si verifica nell’arco di tempo che va pochi minuti a circa un’ora dall’avvenuta inoculazione dell’allergene.
Naturalmente l’anafilassi sistemica si può manifestare a tutte le età e in ogni fascia di popolazione nonostante siano maggiormente esposte le categorie professionali che vanno incontro a ripetute punture durante la loro attività professionale, anche in tempi fra loro distanti (es. apicoltori, vigili del fuoco, ecc.).
A priori lo stato di allergia (la cui reazione è l’anafilassi) non è innato ma si determina in seguito a una sensibilizzazione, o meglio la reazione allergica non si verifica alla prima puntura ma può potenzialmente originarsi a successive esposizioni all’allergene quando l'organismo è stato sensibilizzato ed ha prodotto delle immunoglobuline specifiche di tipo E.
L’incidenza delle reazioni allergiche severe nella popolazione comune varia dallo 0,1 al 4% (7), mentre nelle categorie più esposte varia dal 14-42% degli apicoltori al 21,4% dei forestali (8).
Per quanto concerne la prevalenza di sensibilizzazione al veleno di imenotteri nella popolazione comune è stimata fra il 15 e il 25% e le percentuali salgono fino al 43% nei vigili del fuoco (8). L’anafilassi, scoperta all’inizio del ‘900 nel cane, esordisce nell’uomo con gravità diversa probabilmente sulla base del grado di sensibilizzazione soggettiva. Nell’anafilassi sistemica compare generalmente dapprima prurito localizzato al palmo delle mani e alle piante dei piedi per poi diffondersi rapidamente a tutto il corpo in associazione a orticaria diffusa; altre manifestazioni successive sono costituite da instabilità cardiocircolatoria (ipotensione), alterazioni a carico dell’apparato respiratorio (bronco-costrizione, edema delle mucose, ecc.) fino nei casi più gravi allo shock e al coma. Il decesso avviene per arresto cardiocircolatorio o per soffocamento (occlusione vie aeree e bronco-costrizione severa).

Il trattamento medico

Il trattamento delle punture da imenotteri è indipendente dalla specie, mentre è fortemente influenzato da:
grado di sensibilizzazione personale (allergico/non-allergico);
localizzazione della puntura;
numero di punture ricevute;
atopia: predisposizione genetica a sviluppare reazioni anafilattiche localizzate (nonostante solo il 30% dei soggetti allergici al veleno di imenotteri è atopico);
età del soggetto ed eventuali patologie di base significative che possono concorrere all’aggravamento di un eventuale quadro di anafilassi sistemica.
Nel soggetto normale (non allergico) la puntura (salvo le punture nel cavo orale) non costituisce un’emergenza medica e può essere tranquillamente gestita, anche sul soggetto pediatrico, in ambito domestico.
Il trattamento verte su:
rimozione del pungiglione ove presente; la rimozione deve essere fatta evitando di inoculare il restante veleno rimasto all’interno del sacco del veleno e mediante l’impiego di pinzette a punta fine afferrando il pungiglione quanto  più vicino possibile alla cute;
disinfezione dell’area con prodotti a base di ammonio quaternario o composti organici dello iodio (iodopovidone);
applicazione di impacco
freddo e di una pomata a base glucocorticoide; in alternativa, considerato che lo scopo terapeutico è quello di rilassare i tessuti e controllare l’infiammazione, possono essere applicate pomate alla papaina, gel d’aloe o gel al cloruro d’alluminio.
In caso di punture nel cavo orale è necessario sempre ricorrere al pronto soccorso affinché il medico possa valutare l’evoluzione della clinica e intraprendere la somministrazione della terapia  necessaria (broncodilatatori in aereosol e corticosteroidi ev). In determinati casi, in particolare nei bambini, può essere utile l’intubazione orotracheale profilattica al fine prevenire eventuali pericolose ostruzioni delle vie aeree difficili da trattare quando manifeste.
Mentre nei soggetti normali la puntura può essere un’esperienza naturalistica che ci permette di approfondire la dinamica della lesione, stessa cosa non può dirsi per i soggetti allergici che in seguito all’inoculazione del secreto sviluppano una reazione anafilattica.
Le reazioni anafilattiche, per il carattere di emergenza-urgenza che le caratterizza, devono essere prontamente riconosciute e mai sottovalutate. Nelle reazioni anafilattiche sistemiche (in particolare quelle più gravi) il primo soccorso è decisivo sull’evoluzione della clinica e sulla salvezza del soggetto.
Il trattamento va intrapreso senza indugi con l’inoculazione intramuscolare di adrenalina alla dose di 0,3-0,5 mg (solitamente chi presenta allergia conclamata porta con se un comodo autoiniettore che può essere utilizzato agevolmente anche da personale non esperto) e intanto è necessario provvedere al trasporto in ambiente ospedaliero.
In ambiente ospedaliero il trattamento farmacologico dell’anafilassi sistemica con interessamento di almeno due apparati si effettua sempre con l’adrenalina (con particolare cautela nei soggetti in trattamento betabloccante) in associazione all’infusione rapida di liquidi (cristalloidi a dosi generose) e alla somministrazione ev di antinfiammatori (corticosteroidi) e antistaminici. Passata la crisi acuta il soggetto viene comunque monitorizzato e ricoverato in strutture adatte a trattare un’eventuale ripresa della sintomatologia (anafilassi secondaria).
La reazione tossica sistemica è una patologia dose-dipendente dovuta al gran numero di punture ricevute che può essere più seria nei soggetti in età pediatrica (rapporto dose/massa) o nei soggetti con patologie cardiovascolari o renali di base.
Il trattamento si base inizialmente sulla somministrazione di antistaminici e cortisonici che permettono di controllare il quadro infiammatorio e successivamente la terapia si basa sulla correzione delle alterazioni metaboliche (indotte dall’avvelenamento) e sulla terapia di supporto.
A proposito delle punture di imenotteri è necessario portare ancora l’attenzione sulla vaccinazione antitetanica in quanto la soluzione di continuità indotta dalla penetrazione del pungiglione può rappresentare una ferita a rischio tetano anche se il rischio è basso in quanto:
la ferita indotta è scarsamente penetrante;
risulta scarsamente contaminata in quanto il pungiglione negli apidi e nei vespidi e ben protetto e non viene esposto repentinamente a contatto con il substrato.
Nonostante tutto è importante precisare che la copertura antitetanica è indispensabile in tutte le categorie professionali e in tutte le fasce di popolazione ed inoltre nulla può escludere un’infezione tetanica - che rappresenta una tossinfezione sempre molto grave - in seguito a puntura di imenottero.
Resta dunque evidente che non è necessario somministrare una dose di vaccino nei soggetti punti in regola con il calendario di vaccinazione (ultima dose ricevuta da non più di 10 anni) in quanto la ferita da puntura è banale e classificabile a basso rischio tetano.
L’evento può rappresentare un valido momento per attuare una procedura di profilassi nei soggetti che non sono mai stati vaccinati o nei soggetti con vaccinazione scaduta o prossima alla scadenza.

Conclusioni

Le punture di imenottero sono un evento molto frequente in Italia come nelle restanti terre emerse (ad eccezione dei poli) ed in particolare nella stagione primaverile e estiva che coincide con il periodo di massima attività di questi insetti.
La puntura può essere talvolta vissuta come un evento traumatico in particolare se il soggetto colpito è un bambino, nonostante il tutto sia fastidioso e insopportabile anche nell’adulto.
In pratica onde evitare spiacevoli incontri è importante:
mai toccare gli imenotteri anche se sembrano debilitati;
mai cercare di bonificare un nido di vespe o calabroni anche se apparentemente è possibile contare poche decine di insetti;
mai avvicinarsi eccessivamente alle arnie e agli sciami di api se non debitamente protetti;
chi sa di essere allergico deve portare con se un braccialetto che permetta di identificare rapidamente le allergie soggettive;
tutti gli apicoltori dovrebbero essere addestrati sull’anafilassi e portare con sé un auto-iniettore di adrenalina in quanto l’anafilassi sappiamo che esiste ma non sappiamo né quando né chi colpirà!
 
Bibliografia
1. Dutto M., 2008. Punture di imenotteri insoliti. Analisi di tre casi clinici. It J Allergy Clin Immunol, 18: 61-64.
2. Frilli F., Barbattini R., Milani N., 2001. L’ape forme e funzioni. Edagricole, Bologna, 112 pp.
3. Goyffon M., Heurtault J., 1995. La fonction venimeuse. Masson, Parigi, 284 pp.
4. Graziano S., Cirillo C., Zanella D., 2007. Allergie “dalla A alla Z”. Pandora, : 39-58.
5. Puccini V., Tarsitano E., 2003. Parassitolgia urbana. Città, animali e salute pubblica. Edagricole, Bologna, 343 pp.
6. Pastrana J., Blasco R., Erce R., Pinillos M.A., 2003. Picaduras y mordeduras de animales. Annales Sis San Navarra, 26 (1): 225-241.
7. Karalliedde L., 1995. Animal toxin. British Journal of Anaesthesia, 74: 319-327.
8. Minore G., De Benedictis E., Campana E., Bombi C., Lodi V., 2003. Prevalenza di sensibilizzazione al veleno di imenotteri nei vigili del fuoco. Giorn It Allergol Immunol Clin., 13: 82-87.
9. Olson K.R., 1999. Intossicazioni acute. Veleni, farmaci e droghe. Springer, Milano, 477 pp.
10. Giannandrea F., Brandi G., Bernardini P., 2005. Artropatia da puntura di imenotteri come infortunio sul lavoro: report di un caso e aspetti eziologici. G It Med Lav Erg, 27 (2): 250-252.
11. Dutto M., 2008. Lineamenti di Entomologia Medica. C.G. edizioni medico-scientifiche, Torino, 333 pp.
 
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Apis mellifera

Bombus spp.

Polistes gallicus

Vespa crabro

Vespula spp.

Xylocopa violacea
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 08/05/2009 da Moreno Dutto, Giuseppe Lauria
Dipartimento di Emergenza & Accettazione Azienda Sanitaria Ospedaliera S. Croce & Carle, Cuneo
 
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