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 Biologia
Il favo da nido naturale aiuta il benessere delle nostre api
 
di Giuseppe Morosin
 
Come allevare? Certamente le tecniche intensive del TANTO le dobbiamo lasciare agli apicoltori nomadisti-professionisti, veri specialisti nel gestire elevati numeri di alveari con produzioni intensive; mentre chi si avventura a copiare o farsi consigliare su questa strada del TANTO molto spesso incappa in delusioni e fallimenti di vario tipo. Se riflettiamo su COME allevare nel benessere di vita i nostri alveari ci rendiamo conto di tante priorità da rispettare
 
Facendo seguito all’ultimo articolo “L’ape ecologa chiama”, apparso su Apitalia, ribadisco che è interessante conoscere e sperimentare l’apicoltura a favo naturale da nido.
Ho provato lo scorso anno con dei risultati sorprendenti, tanto che  ho deciso per questa nuova stagione apistica di far sviluppare  tutti i nuovi nuclei con il metodo della costruzione del favo naturale da nido auto costruito dalle api sulla stecca portante (Foto 5 -12). Perché questa scelta del COME allevare? Certamente le tecniche intensive del TANTO le dobbiamo lasciare agli apicoltori nomadisti-professionisti, veri specialisti nel gestire elevati numeri di alveari con produzioni intensive; mentre chi si avventura a copiare o farsi consigliare su questa strada del TANTO molto spesso incappa in delusioni e fallimenti di vario tipo. Se riflettiamo su COME allevare nel benessere di vita i nostri alveari ci rendiamo conto di tante priorità da rispettare:
• COME si può arrivare a qualificare l’allevamento, la produzione, la comunicazione e la divulgazione di una vera cultura apistica a 360 gradi.
• COME una grande passione, un costante aggiornamento e competenza riescono a dare importanti risultati.
• COME dovrebbe essere lo spirito e il  senso di collaborazione e organizzazione per aiutarsi reciprocamente.
• COME creare una apicoltura di qualità con tecniche sostenibili e idee originali che puntano al benessere delle api, diversificazione delle produzioni di qualità e non di concorrenza del TANTO prodotto da vendere a basso prezzo per mettere in difficoltà il socio apicoltore concorrente.
Potrei continuare ancora ma preferisco riassumere con un COME creare innovazione allevatoriale, benessere  di vita e una qualità diversificata delle produzioni di territorio? Un primo passo innovativo che ho sperimentato e che condivido con altre esperienze simili si riferisce all’introduzione della tecnica di accompagnare le api ad autocostruirsi i favi da nido in modo naturale (Foto 1-5).
In che cosa consiste questa tecnica naturale?

1°- Accompagnare l’istinto naturale delle api a costruire i favi da nido. Non dobbiamo dimenticare che il favo di cera è lo scheletro del super organismo alveare, su cui le api svolgono tutte le loro funzioni vitali. Quando noi introduciamo il telaino con foglio cereo armato è come inserire una protesi artificiale che il super organismo deve rendere compatibile con il suo scheletro e quindi superare qualsiasi forma di rigetto. Le api sono incentivate, dal loro istinto naturale, evoluto nei millenni, a costruire i favi naturali (Foto 7-8) e sappiamo benissimo che andare a “favore di natura” tutto diventa più semplificato, efficace e sicuro e il super organismo alveare sembra esprimere un particolare benessere di vita.
La forma del telaino rettangolare, (Foto 6), è un forzato adattamento creato dall’apicoltore per standardizzare il lavoro sugli alveari. Le api si sono evolute in 65.000.000 di anni (l’uomo in un tempo molto più breve: circa 2 milioni di anni) e hanno interiorizzato una forma rotondeggiante del favo costruito con la tecnica della curva catenaria (Foto 1).
2°- La qualità di vita dell’alveare con favi da nido naturali è unica, evoluta nei millenni. Porta le api a modellare i favi in vari modi con diverse misure e spessori di cera (celle da operaia, celle da fuco, celle per il miele, per il polline...), oltre a particolari e differenziate strutture e spessori del favo, strettamente specifici alle caratteristiche di ogni famiglia (Foto 1-5-12). Generalmente, la misura naturale della cella è di 4,9 mm, mentre la più diffusa nei fogli cerei stampati è di 5,4 mm. E’ stato riscontrato da più ricercatori che questo mezzo millimetro in più ha facilitato la varroa a prolificare, in quanto ha allungato il periodo di sviluppo larvale dell’ape di circa 24 ore. La costruzione dei favi richiede 40 °C di temperatura, per formare i cilindri di cera, con pareti di un decimo di millimetro le quali per effetto della tensione superficiale  prendono forma esagonale formando pareti piane che hanno fra di loro angoli di 120°, (Foto 2-3-4). I favi sospesi liberi (Foto 7-8), rispetto quelli rigidi su telaio (Foto 6), trasmettano bene le onde di vibrazione prodotte dalle api per una efficace e intensa comunicazione del super organismo alveare.
Sono le pareti della cella a vibrare, quindi queste vibrazioni si trasmettono sul piano del favo e vengono recepite da organi speciali delle zampe delle api. Bisogna anche considerare che la struttura esagonale superiore  delle celle costituisce una rete portante morbida, dove camminano le api, formata da dei cuscinetti di cera e propoli dello spessore di 0,3 mm che rivestono i bordi superiori delle celle, formando una struttura solida e resistente. Questi costituiscono il 30% del peso del favo e permettono alle api di recepire e trasmettere una complessità di vibrazioni e odori ormonali grazie alle ghiandole tarsali di comunicazione. Questa semplificata descrizione ci fa comprendere il grande valore di benessere di vita che ha la cera e il favo autoprodotti dalle api stese non solo per tutti i complessi scambi sensoriali e comunicativi dell’alveare ma anche per il fatto che le api riconoscono la propria cera prodotta dalla loro emolinfa e dal loro laboratorio biologico specializzato: le ghiandole ceripare addominali.

3°- Migliorare il benessere di vita e ridurre la produzione forzata. Molti ricercatori, apicoltori, tecnici apistici concordano che le api non vanno solo curate, stimolate, alimentate ecc... ma vanno messe soprattutto nelle condizioni di stare bene, di crearsi difese naturali, di sviluppare capacità igieniche, di adattare il loro patrimonio genetico al territorio (ecotipi locali), di poter disporre di pascoli floreali di qualità pollinifera e ci dobbiamo accontentare della produzione di miele che normalmente riescono a ottenere una volta soddisfatti i fabbisogni del super organismo alveare, intervenendo il meno possibile. Il grande vantaggio dell’autocostruzione del favo naturale, nell’arnia da 10 telaini (Foto 10), o nel nucleo da 6 telaini (Foto 9), a nidi trapezioidali, è quello di poter usare normalmente i melari standard da 9 telaini e dunque ottenere la produzione di miele che la stagione permette, lasciando le api a vivere e svernare nel loro nido naturale, dove il glomere trova una sua precisa collocazione e protezione razionalizzando gli spazi ed evitando i problemi di muffe e condense che spesso riscontriamo specie sugli angoli dei telaini tradizionali.

4°- Semplificazione delle tecniche e minori costi. Pensate al grande vantaggio di non dover più preoccuparsi di telaini e fogli cerei biologici, non ci sono più problemi di cera contaminata da residui di vario tipo. Diventa facile seguire la famiglia che si è sviluppata autocostruendo i favi. Basta aggiungere   uno dopo l’altro, man mano che vengono costruiti, solo la barra portante del telaino tradizionale con una sottile strisciolina di foglio cereo, di circa 1 cm di altezza, ben incastrato nella fessura della barra e con sciolta ai lati della cera a caldo per fissare bene la strisciolina. Conviene usare due diaframmi  per mantenere più caldo, al centro, il nido e allargare in base all’andamento stagionale, alla temperatura, alle fioriture, e alla forza della famiglia, (facendo attenzione a non anticipare troppo, perché la fase di sviluppo specie di piccoli nuclei è molto delicata e strettamente legata alle temperature stagionali), cercando di razionalizzare gli spazi di sviluppo e i giusti tempi di inserimento delle barre, per controllare l’istinto di sciamatura per problemi di spazio. Al momento giusto, di pronta e profumata fioritura, mettere normalmente l’escludi regina e il melario anche se il nido non è stato totalmente costruito nei 10 favi.

5°- Come iniziare e poter adattare le normali arnie e nuclei
Per non sprecare materiale e ridurre i costi ho cercato di adattare le mie arniette da nuclei da 6 Telaini, (Foto 9), inserendo due piani inclinati di legno, a circa 60°, lasciando lo spazio di entrata da una parte e sigillando i due spazi vuoti dei lati al fine che non si annidino tarme o altri parassiti, lasciando il normale fondo di rete con cassetto antivarroa. Modificare l’arnia Dadant-Blatt non conviene, si fa prima costruirne una trapezioidale con sopra le stesse misure del melario, (Foto 10), ma con i 2 piani inclinati interni a circa 60° e sempre la rete con cassetto sotto. Sto progettando di partire in primavera con circa 30 nuclei, abbinando a due a due i cassettini  da 6 modificati, (Foto 11), con la possibilità di mettere sopra l’escludi regina e quindi i melari. Ritengo sia più raccolto lo spazio e quindi più facile far costruire i favi naturali, facendo attenzione che se c’è troppo sviluppo, bisogna togliere qualche favo e formare altri nuclei di scorta per impedire un sovraffollamento e quindi maggiore possibilità di sciamatura. Diventa del tutto naturale per la famiglia costruire i favi in maniera autonoma, gestire liberamente il nido, con il vantaggio di partire da un sano e forte sciame naturale o artificiale: ciò permette di avere sicuramente qualche vantaggio sulla tolleranza alle malattie. Basta lasciar seguire alle api il loro istinto naturale, sviluppare lo studio, l’osservazione e la comprensione delle loro esigenze di vita in relazione con l’ambiente e la stagione climatica, sapendo valutare le situazioni favorevoli e sfavorevoli che si presentano. Tutto questo significa essere veramente sensibili al loro benessere di vita, impegnati e attenti ad una speciale comunicazione con i propri alveari.    

6°- Grande attrazione e intesse per una apicoltura naturale e sociale. Per la nostra fattoria didattica, questa arnia trapeizioidale è stato il più bel regalo che l’amico apicoltore Giuseppe Dalla Vedova di Sedico (BL), poteva ideare e costruire. Tutti i visitatori, grandi e piccini, restano colpiti nel vedere come le api si comportano naturalmente e dimostrano docilità, vigore e benessere costruendosi autonomamente i favi del loro nido e nello stesso tempo migliorando tutti i processi vitali dell’alveare che avvengono in sostanza all’interno dei favi o sopra di essi.

7°- Quando le api stanno bene sono anche molto generose nel produrre. Questo fatto è certo e lo abbiamo ben sperimentato. In pratica, se la stagione è favorevole la produzione è sicura, ma io prevedo che con questo metodo del favo da nido autocostruito sarà possibile anche pensare ad una certificazione di produzione specifica, “Miele ottenuto da alveari con favo da nido naturale”. Ecco che saranno le api stesse a ricambiare il loro migliore benessere di vita dell’alveare.
Come? Con una produzione certificata e di alta qualità che diventa interessante far conoscere nella tracciabilità ai clienti consumatori.

8°- Crescita culturale e formativa delle Fattorie Apistiche Didattiche. Tutto ciò permette anche di divulgare una importante cultura sui valori fondamentali di vita e produzione del superorganismo alveare attraverso il costante e sempre più qualificato impegno educativo delle Fattorie Apistiche Didattiche che si stanno rivelando fondamentali nel percorso di diversificazione e valorizzazione produttiva - culturale della nostra apicoltura.

Affidiamo alla collaborazione comunicativa e divulgativa di Apitalia COME altri apicoltori possano sperimentare questo percorso innovativo in apicoltura che semplifica le tecniche, riduce i costi e crea maggiore (di qualità) benessere alle api. Sarà un piacere scambiare idee, approfondire eventuali aspetti problematici che possono insorgere, studiare, sperimentare e costruire tipi di arnie trapezioidali per favi da nido naturali dell’apicoltura semplificata del futuro, tenendo ben presente che il principio di qualità di vita dell’alveare si basa, non tanto sulla “scatola” in cui è contenuto ma soprattutto sulla autoproduzione e gestione del proprio scheletro: il favo da nido di cera.
 
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 12 tot.
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Foto 11
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 02/02/2016 da Giuseppe Morosin
Esperto Apistico
 
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