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 Biologia
Nettari floreali e auto-medicazione negli impollinatori
 
di David Baracchi
 
 
Come ormai ogni apicoltore ha imparato a proprie spese, parassiti e patogeni possono avere un impatto drammatico sulla vita delle api e, più in generale, di ogni animale. Di contro, questa enorme pressione fornisce una potente forza selettiva agente sui meccanismi di difesa dell’ospite.
Nel regno animale, il sistema immunitario e i suoi meccanismi molecolari sono tradizionalmente considerati i principali elementi di difesa a disposizione di ogni essere vivente. Tuttavia, gli ospiti possono contare su una serie di meccanismi di difesa alternativi, come le barriere morfologiche, i cambiamenti nella life-history, difese indotte dai propri simbionti intestinale, non ultimi, comportamenti specifici atti a combattere le infezioni. L’immunità comportamentale è un’importante modalità di difesa contro le malattie, e in alcuni animali il comportamento di medicazione può rappresentare un elemento importante delle difese a disposizione dell’organismo. Il comportamento di automedicazione è definito come l’uso selettivo di sostanze curative da parte di individui infetti, in grado di indurre un effetto benefico misurabile nell’ospite e negativo sul patogeno o parassita.
Un ulteriore criterio necessario affinché la sostanza curativa possa essere considerata un farmaco, è che il consumo induca un costo, se consumato in assenza del patogeno. La maggior parte degli esempi di auto-medicazione nel regno animale riguarda il consumo di piante curative da parte di vertebrati. Molte piante, infatti, contengono numerosi metaboliti che mostrano una vasta gamma di attività biologiche originariamente evolute per dissuadere e difendersi da erbivori e insetti fitofagi.
Tuttavia, anche tra gli insetti ci sono alcuni esempi di auto-medicazione. Per esempio alcune specie di bruchi aumentano la loro preferenza alimentare per alcaloidi pirrolizidinici o glicosidi iridoidi se parassitati da parassitoidi, aumentando la probabilità di sopravvivere all’infezione. Allo stesso modo, le larve del moscerino della frutta infettate da larve di vespe parassitoidi consumano preferenzialmente alimenti ad alto contenuto alcoolico, per medicarsi. Per quanto riguarda gli insetti sociali è stato dimostrato che alcune specie di formiche applicano veleno antimicrobico sulla cuticola delle larve infette, mentre le api aumentano la raccolta di resine vegetali in risposta al fungo Ascophaera apis.
Oltre al fatto di subire forti pressioni selettive da agenti patogeni, a causa del numero elevato di individui che vivono in alta densità, una relativamente bassa variabilità genetica e alti livelli di umidità e temperatura nei nidi, gli impollinatori sociali, come bombi e api, sono esposti a un maggior rischio di infezione attraverso i fiori, che rappresentano un “luogo pubblico” dove centinaia di individui si nutrono più volte al giorno. Gli insetti che visitano fiori per bottinare potrebbero tuttavia ottenere anche alcuni vantaggi aggiuntivi. La presenza di metaboliti secondari antimicrobici nel nettare di moltissime piante suggerisce che gli impollinatori possano trarre beneficio dal consumo di nettari ricchi di questi metaboliti. Ciò non è cosa di poco conto se consideriamo che la comprensione della potenziale rilevanza di fenomeni di auto-medicazione per la salute degli impollinatori possa rappresentare una chiave per comprendere e gestire il loro declino.
In un lavoro relativamente recente (Manson, Otterstatter & Thomson, 2010) per la prima volta è stato studiato l’effetto di un alcaloide del nettare (Gelsemina) sul carico parassitario di un protozoo intestinale (Crithidia bombi) in una specie di bombo americano (Bombus impatiens). Lo studio ha dimostrato come l’ingestione dell’alcaloide in dosi naturali riesca a ridurre la carica parassitaria nell’ospite. Il Crithidia bombi, un protozoo parassita intestinale, è il parassita più diffuso tra i bombi ed è parente stretto del Crithidia mellificae che, invece, parassitizza Apis mellifera. Il parassita, trasmesso sia in verticale (regina-operaia) che in orizzontale (operaia-operaia), infetta gli adulti per via orale, e due - tre giorni dopo l’infezione, le cellule infettive vengono rilasciate attraverso le feci delle api. Regine infettate da C. bombi hanno un ridotto successo nel fondare nuove colonie a primavera e producono meno future regine e maschi. Le operaie infette hanno un più alto tasso di mortalità in condizioni di stress. Inoltre, l’infezione compromette l’attività di bottinamento e la capacità di apprendimento e memoria delle operaie, inducendo costi aggiuntivi per la colonia.
Lo studio sopracitato, dunque, ha suggerito per la prima volta la possibilità che effettivamente gli impollinatori possano beneficiare delle proprietà antimicrobiche dei nettari.
In un recentissimo lavoro (Baracchi, Brown & Chittka, 2015) è stato testato, mediante una serie di esperimenti tossicologici, microbiologici e comportamentali, se la nicotina, un altro metabolita secondario del nettare di alcune piante Solanaceae (foto in basso a destra) e Tilia, viene attivamente selezionato e utilizzato da bombi parassitizzati come fonte di auto-medicazione. Il lavoro dimostra che le api parassitate modificano la loro dieta e il loro comportamento di bottinamento, preferendo nettari curativi che ritardano lo sviluppo dell’infezione.
Api artificialmente infettate con il patogeno intestinale e mantenute isolate in piccole gabbiette hanno mostrato una leggera preferenza per soluzioni zuccherine arricchite con nicotina in concentrazione naturale. I test comportamentali condotti in laboratorio, mediante l’uso di arene di volo artificiali e fiori artificiali (i quali permettono di controllare accuratamente quantità, concentrazione e tempi di rilascio del nettare artificiale) hanno dimostrato che l’infezione del parassita induce una preferenza per fiori con nicotina durante l’attività di bottinamento, nonostante l’alcaloide induca una generale riduzione dell’appetito. Sebbene la nicotina non sia in grado di debellare completamente l’infezione, l’alcaloide ritarda la progressione dell’infezione di alcuni giorni. Il consumo di nicotina in singola dose non impone alcun costo anche nelle api tenute in condizioni di stress (deprivate del cibo) ma l’alcaloide ha effetti negativi sulle api sane quando il consumo si protrae per settimane.
Nelle api infette, che hanno un’aspettativa media di vita più breve rispetto a quelle sane, gli effetti negativi della nicotina non sono evidenti, suggerendo che i costi di detossificazione potrebbero essere controbilanciati dai vantaggi nel rallentare la progressione dell’infezione. Il consumo di nicotina non ha effetti significativi sulla durata della vita dell’ape infetta, ma la riduzione del carico parassitario potrebbe avere altri possibili benefici sia per le singole api che per la loro colonia che lo studio non ha però preso in considerazione. Bombi e api infette hanno deficit di apprendimento, e di conseguenza, una riduzione del carico parassitario potrebbe influenzare positivamente apprendimento e memoria, migliorando l’efficienza di bottinamento, e a sua volta, migliorare la produttività della colonia.
Nello studio anche i bombi sani durante il bottinamento non sono dissuasi da nettare artificiale contenente nicotina. Mentre queste preferenze comportamentali possono essere spiegati con l’impatto che alcuni alcaloidi del nettare, tra cui nicotina e caffeina, hanno sull’apprendimento e sulla memoria delle api, il meccanismo alla base del ridotto consumo complessivo di cibo (in api in gabbietta) causata dalla nicotina rimane inspiegabile. è però interessante notare che lo stesso effetto è ben noto anche negli esseri umani, dove la nicotina induce una forte riduzione dell’appetito.
In questi ultimi due anni sono stai pubblicati altri due lavori che hanno trovato risultati simili (German et al., 2014; Richardson et al., 2015). In particolare, uno studio condotto su Apis mellifera ha dimostrato come le api nutrici infettate dal parassita intestinale Nosema ceranae abbiano una preferenza alimentare per diversi tipi di miele in test di scelta simultanea. Le api infette preferiscono nutrirsi con mieli caratterizzati da maggior attività antimicrobica in grado di ridurre la carica del patogeno intestinale. Dal momento che nello studio le api nutrici non solo hanno nutrito le larve, ma anche i compagni di nido con mieli curativi, gli autori hanno suggerito che tale comportamento possa essere considerato una forma di medicazione profilattica a livello coloniale.
In conclusione, questa serie di recenti studi (Manson et al. 2010, Gherman et al., 2014; Richardson et al., 2015; Baracchi et al., 2015) dimostra che diversi metaboliti secondari del nettare come alcaloidi, terpenoidi e glicosidi (nicotine, anabasina, gelsemina), sono in grado di ridurre il carico parassitario delle api.
Nel complesso, le scoperte rafforzano l’ipotesi che l’ingestione preferenziale dei metaboliti secondari del nettare, da parte degli impollinatori, potrebbe svolgere un ruolo chiave nella mediare la trasmissione di patogeni all’interno e tra le colonie. I metaboliti del nettare potrebbero pertanto rappresentare un aspetto fondamentale alla base dell’interazione pianta-impollinatore-parassita. Queste recenti scoperte forniscono potenziali prove per l’auto-medicazione mediata dal consumo di metaboliti secondari, anche se un approccio cauto nell’interpretare l’impatto dei metaboliti del nettare sugli impollinatori è ancora necessario.
La tesi secondo cui i metaboliti secondari nei nettari floreali possano essere sotto selezione degli impollinatori, o essere utilizzati dalle piante per incrementare il proprio successo riproduttivo (manipolando il comportamento degli impollinatori) dovrebbero idealmente essere confermate con ulteriori studi.
 
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 3 tot.

Il rosmarino è un pianta aromatica che contiene sostanze di odore gradevole (aromi), ricche di oli essenziali, la cui funzione biologica si ipotizza possa essere di difesa dagli insetti fitofagi.

Spore di Ascosphaera apis.

Bombus impatiens.
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 28/09/2015 da David Baracchi
*Postdoc a: Laboratoire d’ethologie Expérimentale et Comparée, Université Paris 13; e a: Centre de Recherches sur la Cognition Animale, Université Toulouse III, France
 
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