Un'esclusiva per i lettori di Apitalia Online
[Condizioni di accesso ai contenuti di Apitalia Online]
 
[Indice degli speciali online]
 
 Scrivi il tuo commento a questo articolo!
 0 commenti disponibili     [Scrivi commento]
 
 Ricerca
Il punto su Aethina tumida
 
di Massimo Ilari
 
L’errata gestione del flusso di informazioni e la non precisa conoscenza degli argomenti ha, e sta producendo equivoci e malintesi ai quali si è deciso di mettere un punto. Per uscire dagli inevitabili fraintendimenti abbiamo sentito Vincenzo Palmeri. 57 anni. Entomologo. Professore di Entomologia generale e applicata all’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Abbiamo ritenuto doveroso sentirlo al telefono, il 27 gennaio 2015, sulla questione Aethina tumida. Del resto chi meglio di lui, visto che è stato il primo in Italia e in Europa a individuare il pericoloso coleottero
 
Professor Palmeri può ricordare agli apicoltori il suo incontro con Aethina?
Tutto è cominciato a settembre 2014, momento in cui abbiamo individuato il coleottero all’interno di tre nuclei sperimentali che avevamo ubicato nella zona di Gioia Tauro.

Questi nuclei avevano lo scopo di intercettare Aethina?
No, le famiglie erano state posizionate per tutt’altro motivo.

Quale?
Stavamo portando avanti un’attività di ricerca legata alla sindrome dello spopolamento degli alveari. Nella fattispecie venivano valutate le ricadute di trattamenti insetticidi contro una cocciniglia degli agrumi e il presumibile impatto di questi trattamenti sulle api.

Dunque, è stato un incontro del tutto casuale?
Sì, anche se per certi versi non proprio sorprendente perché A. tumida è notoriamente un problema presente in molte zone del mondo che da tempo temevamo. Ormai da anni le introduzioni accidentali di insetti da quarantena sono diventati, purtroppo, una routine non solo in Italia.

E' stata la Regione a conferirle l’incarico di posizionare nel Porto di Gioia Tauro i nuclei?
Non ho mai detto né che il posizionamento mi era stato in qualche modo richiesto dalla Regione, né che i nuclei erano stati posizionati all’interno del Porto. Coincidenza ha voluto che il campo dove erano ubicati si trovasse nelle vicinanze. Da lì l’ipotesi della possibile via di ingresso è stata solo una delle tante speculazioni fatte in quanto questa potrebbe essere solo una delle tante ipotesi. L’ho già detto, stavo portando avanti un mio lavoro di sperimentazione in riferimento, ribadisco, alla sindrome di spopolamento degli alveari. Un’emergenza seria. Non a caso ogni anno si verificano morie delle api legate a diversi fattori. Tra questi, l’impiego non corretto di fitofarmaci ha un suo peso sulla moria di api.

Fa riferimento ai neonicotinoidi?
Assolutamente no. Ovvero, la tossicità dei neonicotinoidi nei confronti delle api è ormai scientificamente dimostrata, ma il loro impatto è maggiore dove questi principi attivi vengono utilizzati per la concia delle sementi. Nel caso specifico degli agrumi, i trattamenti effettuati, illegalmente, in fioritura per il controllo delle infestazioni afidiche, rappresentano un problema serio al di là della classe di insetticidi impiegata. La concia delle sementi con l’impiego di neonicotinoidi è stata sospesa mi pare dal 2008. In agrumicoltura, ma anche su altre colture, l’impiego ad esempio di Imidacloprid, però, è consentito per il controllo di diversi fitofagi. Personalmente non ho mai avuto conferma di morie di api, in Calabria, causate da neonicotonoidi. Se non sbaglio, nessuna postazione calabrese del progetto BeeNet, per quanto attiene alle mie conoscenze, ha correlato la moria di api con la presenza di neonicotinoidi.

Torniamo ad Aethina. Come sono andate le cose?
Come già detto, abbiamo notato la presenza di alcuni coleotteri all’interno di quelle tre famiglie. In una di queste la presenza degli adulti del coleottero era più evidente. La sensazione che fossimo in presenza di Aethina è stata immediata anche perché se non fosse stata Aethina sarebbe stato scientificamente più eclatante.

Perché?
Perché nel mondo è conosciuta una sola specie appartenente al genere Aethina che vive a carico delle api. In definitiva, avremmo trovato una nuova specie. I coleotteri che usualmente troviamo all’interno degli alveari, nella maggior parte dei casi Carpophilus spp, hanno un habitus nettamente diverso e non sono dannosi.

A questo punto che ha pensato e come ha proceduto?
Abbiamo intanto attivato le procedure che in genere si applicano agli insetti da quarantena. Per cui le famiglie sono state sigillate inserendole in sacchi di polietilene, trasportate in laboratorio e gassificate con acetato di etile. Non è stato difficile giungere alla conferma e all’identificazione della specie nel giro di qualche ora. Il nostro è un laboratorio accreditato presso il MIPAAF per le diagnosi entomologiche, anche di specie da quarantena.

I passi successivi?
Abbiamo contattato via email le istituzioni (ASP provinciale e task force per le attività veterinarie della Regione Calabria) e contattato telefonicamente un veterinario del settore apistico dell’ASP di Reggio Calabria. Preso atto della normativa, l’indomani è stato eseguito un trattamento al terreno, con un formulato a base di clorpyrifos. Nei giorni successivi siamo stati contattati dall’ASP e infine è entrato in scena l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e il Centro di referenza europeo. A questo punto la gestione è passata nelle loro mani.
Durante i sopralluoghi effettuati con le Autorità competenti su esplicita richiesta sono stati effettuati due ulteriori trattamenti insetticidi al terreno. Contestualmente, su richiesta dello stesso Zooprofilattico, abbiamo posizionato altri due nuclei, ispezionati accuratamente per escludere la presenza di A. tumida, nelle immediate vicinanze al sito del primo ritrovamento.
Tutte le attività e i dettagli sono stati sempre oggetto di verbalizzazione redatte dai funzionari preposti.

Come mai non siede ai tavoli di lavoro?
Non so a quali tavoli tecnici Lei faccia riferimento, ma la nostra Regione organizzò un tavolo tecnico al quale fui immediatamente invitato e al quale partecipai. Erano presenti il dottor Andrea Maroni Ponti (ministero della Salute), la task force regionale e le associazioni di categoria rappresentate dai loro referenti nazionali e regionali. Da quel momento, ho avuto contatti solo con il dottor Mutinelli dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. La Regione Calabria, proprio in questi giorni, mi ha richiesto ufficialmente una consulenza sul problema. Se il riferimento è ai Tavoli tecnici tenutisi successivamente al ministero della Salute, non sono mai stato chiamato in causa e ne so ancora meno.

Come fare a meno di un Entomologo per saperne di più sulla lotta a un coleottero?
Il dottor Franco Mutinelli dello Zooprofilattico delle Venezie ha tutte le competenze necessarie in merito alle patologie apistiche. So di sicuro che ai tavoli tecnici sono invitati, non so però con quale ruolo, due colleghi entomologi del CRA. La figura dell’entomologo è di fondamentale importanza in una situazione del genere. La dinamica di popolazione di un insetto è abbastanza complicata e le variabili che entrano in gioco sono numerose.

Professore, sembra però, che in questa vicenda non abbia ricevuto il giusto riconoscimento e più critiche che elogi.
Personalmente non ho mai chiesto o ambito a nessun riconoscimento, non c’è nulla di cui essere fieri. Sono molto deluso perché ho ricevuto critiche ingiuste anche da Voi e prendo atto delle sue scuse e della stima che Lei mi ha manifestato. Vorrei chiarire ai lettori che quando viene pubblicato un articolo scientifico, gli accademici non “fanno cassa”, anzi in qualche caso devono pagare le spese di pubblicazione degli articoli. Quindi, se un lettore decide di acquistare un articolo scientifico da una rivista internazionale è bene che sappia che nemmeno un centesimo di quei soldi andrà mai nelle tasche degli Autori o dell’Ente in cui prestano servizio.
Sempre in merito alle critiche ricevute da un suo collaboratore che scriveva che “Forse occorrerebbe una minore dose di protagonismo e una maggiore dedizione nella ricerca di efficaci metodi di contrasto del coleottero e di miglioramento delle pratiche apistiche” vorrei sottolineare, e informare i Vostri lettori, che allo stato attuale, viste le misure emanate dalle Autorità competenti, è impossibile, attesta la situazione in cui ci troviamo, avviare progetti di ricerca legati al coleottero in questione.

Da quanto tempo, secondo Lei, il coleottero è presente nel nostro territorio?
Credo, per quanto attiene alla mia valutazione, da almeno 6 mesi. E su questa cifra sarei pronto a scommetterci. Il coleottero ha un ciclo di vita abbastanza veloce soprattutto nelle condizioni climatiche tipiche della Calabria. A mio avviso, Aethina aveva già completato diversi cicli di sviluppo. Il ritrovamento di numerosi apiari infestati in un raggio che va al di fuori della capacità di volo del coleottero (13-16 Km) supporta la mia ipotesi.

Può chiarire ulteriormente?
Bene. Occorre considerare che si tratta di un coleottero che completa il suo ciclo nel terreno. La letteratura parla di oltre 1000 uova prodotte da una singola femmina. Ripartiamo dal fatto che ritengo fosse presente da circa sei mesi. Un ciclo riproduttivo, da uovo a uovo, viene chiuso al massimo (bisogna tener conto della temperatura) in poco più di due mesi e allora in Calabria potrebbero essersi chiuse due o tre generazioni. E non è tutto. In Calabria, a partire dalla fioritura degli agrumi, da aprile in poi, arrivano da tutta Italia centinaia di apicoltori nomadisti che permangono sul territorio almeno sino a settembre. Per gli agrumi scelgono la pianura (Gioia Tauro); per il castagno i monti della Sila o l’Aspromonte; poi, scendono sulla fascia ionica in cerca di eucalipto, la cui fioritura arriva sino a settembre-ottobre. è una manna.

E allora?
Voglio dire che questi apicoltori (si parla di circa 20.000 alveari) si sono mossi da una parte all’altra della Calabria. A questo punto mi pongo delle domande, domande con le quali non voglio irritare i vostri lettori che praticano nomadismo e tutti gli altri nomadisti, ma più semplicemente espongo una mia ipotesi, tutta da verificare. Siamo certi che il problema Aethina sia nato in Calabria e che non sia stato portato da altre Regioni? In più, siamo sicuri, nell’ipotesi che se fosse stato già presente in Calabria, gli apicoltori rientrati nelle loro Regioni, non se lo siano portato a casa portando via anche Aethina?

I roghi hanno funzionato?
“Una volta insediatosi il piccolo coleottero dell’alveare non può essere eradicato”. Questo è quanto riportato in un documento ufficiale pubblicato, tra gli altri, dal Laboratorio europeo di riferimento per la salute delle api. Io concordo con loro. I roghi non possono funzionare per una serie di motivi, primo fra tutti è che non si possono intercettare tutti gli apiari presenti nel raggio di protezione. Ma più che altro il vero problema riguarda gli sciami selvatici e quelli sfuggiti agli apicoltori. Come si fa a sapere se uno di questi sciami sia stato infestato dal coleottero? Basta che uno di questi sciami in un anfratto, in un albero o in una qualsiasi cavità sia stato infestato per rendere vane tutte le operazioni di eradicazione.
La mia sensazione che Aethina fosse in fase di diffusione e presente stabilmente nel territorio è stata poi supportata anche dal fatto che gli altri due nostri nuclei riposizionati, sono risultati positivi a distanza di poco più di tre settimane.
Questo dato, disponibile anche in un lavoro pubblicato su Journal of Apicultural Research, conferma che il coleottero era in grado di colonizzare, già a suo tempo, famiglie non infestate.

Ma lei ha bruciato il materiale d’indagine?
Gli esemplari riscontrati all’interno dei nuclei sono stai conservati a secco (adulti) mentre le larve e tutto il resto del materiale è stato conservato a -80 °C. Una parte del materiale è stato consegnato allo Zooprofilattico delle Venezie. Il materiale conservato potrebbe essere utile per cercare di capire da quale Paese origina la popolazione italiana accidentalmente introdotta e, ma in questo caso servirebbero più campioni prelevati dai diversi apiari infestati, stimare, analizzando la variabilità genetica, se la popolazione di Aethina che oggi è rilevabile nel nostro Paese sia stabile o appena insediata.

A questo punto qual è la situazione attuale degli apicoltori calabresi?
Gli apicoltori calabresi, ora, sono divisi in due categorie ben chiare. Quelli i cui apiari sono stati trovati positivi al coleottero e che hanno ormai perso le famiglie, e quelli che non potendosi “muovere” (movimentazione bloccata) aspettano l’arrivo del coleottero per poi essere portati al rogo.

Lei che farebbe per lottare contro Aethina?
E' bene premettere che quanto ha fatto sino ad oggi il Ministero era un atto dovuto perché è una procedura standard imposta dagli Organismi internazionali cui l’Italia aderisce. D’altronde, lo stesso Ministero, per voce del dottor Maroni Ponti, al tavolo tecnico tenutosi in Regione, si era già dato un tempo di 60-90 giorni per fare il punto della situazione e eventualmente ridefinire il da farsi. Allo stato attuale la mia opinione è che occorrerebbe completare l’indagine sull’intero territorio nazionale in maniera puntuale. Magari, anziché procedere con le ispezioni visive che sono indubbiamente più lente e laboriose, si potrebbe ricorrere all’utilizzo di trappole del tipo “beetle blaster”, in molti casi più efficaci e veloci. Altro passo utile sarebbe quello di avviare le procedure per autorizzare e rendere disponibili i formulati necessari per effettuare interventi di controllo nelle zone dove la presenza del coleottero è ormai accertata. Sono a conoscenza del fatto che questo percorso trova impedimenti a livello comunitario, ma ciò consentirebbe di non abbandonare gli apicoltori lasciandoli alla loro iniziativa, che condurrebbe all’esplosione della libera alchimia con utilizzo di formulazioni non autorizzate e frutto di creazioni personali. Da oggi in poi sarà imperativo gestire le famiglie secondo le migliori pratiche apistiche. Fortunatamente le soluzioni per una coabitazione con il parassita, come ormai avviene per la varroa, sono già disponibili e adottate nelle altre parti del mondo. Si tratta di valutarle nei nostri ambienti ed eventualmente apportare delle migliorie.

Dulcis in fundo, un messaggio di speranza?
«L’apicoltura italiana non finirà con Aethina, anzi bisogna imparare a conviverci». Nei Paesi dove Aethina è stata introdotta, gli apicoltori continuano a fare gli apicoltori.
 
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 1 tot.

Il gruppo di lavoro che opera nel Lab. di Entomologia agraria e applicata della Mediterranea di RC. Da sinistra dottor Paolo Zoccali, dottor Antonino Malacrinò, dottoressa Francesca Laudani (seduta), professor Vincenzo Palmeri, dottor Giuseppe Algeri, dottor Orlando Campolo (seduto).
 
 Scrivi il tuo commento a questo articolo!
 0 commenti disponibili     [Scrivi commento]
 
© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 10/03/2015 da Massimo Ilari
 
 COMMENTI A QUESTO ARTICOLO: 0 tot.
Inserisci il tuo commento personale all'articolo [regolamento]:
Il tuo nome
La tua email
Il tuo messaggio
Privacy Ho letto e compreso le note relative alla privacy
Ho letto e compreso il regolamento dei commenti
 
[Torna ad inizio pagina]