n. 665, aprile 2016
[Condizioni di accesso ai contenuti di Apitalia Online]
[Torna al sommario degli articoli]
 
 • Biologia
L'Ape insetto prodigioso
 
Renzo Barbattini
 
 
Continua il nostro viaggio nel mondo infinitamente piccolo dell’ape. Andiamo alla scoperta, grazie agli occhi di un Autore - sì attento, ma specialista in Entomologia apistica - di minuscoli dettagli, forme affascinanti, soluzioni efficaci ed efficienti che dimostrano quanto sia complesso e imponente il percorso evolutivo di questa specie animale. Basti dire che alcune delle soluzioni pratiche, messe a punto dalle api - ad esempio per muoversi rapidamente o deambulare, volare a grandi distanze trasportando pesi esagerati e senza mai perdere la rotta, decollare o atterrare in tratti brevissimi di spazio, costruire solide strutture che garantiscano la corretta deposizione della regina ed elevati standard igienici alla dispensa alimentare - affascinano i ricercatori che spesso ne traggono ispirazione per soluzioni tecnologiche applicate alla nostra vita quotidiana. Pronti dunque, si parte…
 
IL TORACE
Questa regione, situata tra capo e addome, può essere definita come la “regione del movimento” in quanto reca gli organi per il volo e per la deambulazione rappresentati rispettivamente da due paia di ali (anteriori e posteriori) e da tre paia di zampe (anteriori, medie e posteriori), come si è visto in Fig. 1.

LE ALI
Le ali dell’ape, espansioni del torace, sono membranose; questa caratteristica è richiamata dal nome stesso dell’ordine di appartenenza delle api e degli insetti affini: Imenotteri (dal greco hymen = membrana e pteron = ala). Esse presentano una costituzione piuttosto complessa essendo internamente percorse da una fitta rete di tubi sclerificati detti nervature o venature contenenti trachee, terminazioni nervose ed emolinfa. Tenendo conto di questa complessità morfofunzionale non è da escludere che l’amputazione delle ali dell’ape regina - pratica che era adottata da alcuni apicoltori per ridurre la probabilità di sciamatura e rivelatasi parzialmente inefficace per tale scopo - provochi alterazioni comportamentali di un certo peso.
Allo stato di riposo le ali sono mantenute sopra l’addome, mentre durante il volo quelle anteriori, più grandi e più venulate, si muovono collegate con le posteriori in modo da formare un’unica superficie. Tale collegamento si realizza grazie ad una serie di hamuli (Fig. 2), uncini a punta presenti sul margine anteriore delle ali posteriori, che si agganciano a una ripiegatura sclerificata del bordo posteriore delle ali anteriori.
Le ali permettono all’ape bottinatrice di compiere rapidi e lunghi voli sostenendo, spesso, pesanti carichi. Infatti, un’ape dal peso medio di 100 mg è in grado di trasportare all’alveare, a una velocità di circa 20 Km/ora, un carico di polline di 15 mg e/o di nettare di 40 mg e/o di acqua di 25 mg percorrendo tratti lunghi anche alcuni chilometri senza fare soste intermedie. A questo proposito bisogna dire che l’ape per percorrere la distanza tra l’alveare e una sorgente alimentare, consuma meno energia volando che non muovendosi “a piedi”. Ciò fu dimostrato sperimentalmente dai ricercatori dell’équipe di von Frisch negli anni 60-70 del secolo scorso interpretando il linguaggio delle api, in condizioni naturali e in condizioni obbligate; tale linguaggio, basato principalmente sulla danza “circolare” e sulla danza “dell’addome”, sarà descritto alla fine di questo capitolo. Le api che si muovono naturalmente con voli liberi, passano dal primo tipo al secondo tipo di danza quando tra l’alveare e la fonte di cibo vi è una distanza di 50-100 metri; quando le api sono obbligate a camminare, il passaggio tra le due danze avviene già dopo un percorso di 3-4 metri.
è stato constatato, poi, che le api per percorrere 55 m in volo o 3 m a piedi consumano lo stesso quantitativo di zuccheri presenti nell’emolinfa; lo zucchero che si trova nel “sangue” è, quindi, il “combustibile” necessario alle loro attività. Comunque è bene ricordare che queste acquisizioni scientifiche non sono da considerarsi definitive, in quanto tali aspetti della biologia sono oggetto di continuo studio e di approfondite ricerche che potranno portare a nuove indicazioni.
Le ali funzionano non solo da organi della propulsione, ma servono anche per prendere, mantenere o cambiare la direzione di volo; esse, inoltre, sono strettamente legate ad altre attività indispensabili nella società delle api quali l’accoppiamento tra fuchi e regina, l’eliminazione degli escrementi durante i voli di “purificazione” e la termoregolazione all’interno dell’alveare.

LE ZAMPE
Robuste e ben articolate - a partire dal punto di attacco nella zona sternale del torace si trovano la coxa, il trocantere, il femore, la tibia e il tarso  plurisegmentato - esse svolgono, oltre a quella locomotoria anche altre funzioni Ciò è legato alla particolare conformazione di ciascun paio di zampe.
Come già accennato, nelle zampe anteriori è presente la stregghia (Fig. 3); con questa struttura, costituita da un incavo del primo articolo del tarso e da uno sperone flessibile inserito all’estremità della tibia, l’ape aggancia le antenne per pulire i numerosi sensilli su di esse presenti, dai granuli di polvere e di polline che possono attaccarsi durante le diverse attività svolte.
Per staccare le pallottole di polline dalle zampe posteriori quando l’ape rientra all’alveare, per pulire le ali e togliere corpi estranei che possono ostruire le aperture dell’apparato respiratorio, essa utilizza una robusta spina presente nelle tibie del secondo paio di zampe (Fig. 4).
Le zampe posteriori dell’ape operaia sono strutturate per svolgere un’attività basilare per la vita dell’intera società delle api: l’accumulo e il trasporto all’alveare del polline e del propoli (Fig. 5). è opportuno ricordare che il polline è fonte di proteine, sali minerali e vitamine necessarie per il nutrimento delle larve e delle api adulte, mentre il propoli è una sostanza resinosa prodotta da alcune piante che è utilizzata dalle api per fissare i favi, per chiudere eventuali fessure dell’arnia, per rivestire le pareti delle cellette di covata e anche per imbalsamare i corpi di grossi nemici uccisi, grazie alle sue proprietà batteriostatiche.
Il polline è raccolto dall’ape bottinatrice direttamente dai fiori in quanto durante le visite il suo corpo si “sporca” e la fitta peluria che lo ricopre trattiene i granuli pollinici. Da qui inizia il “viaggio” del polline verso le cestelle, il luogo naturale di accumulo. La prima tappa è rappresentata dalla pulizia del corpo con le zampe anteriori e mediane e dalla deposizione dei granuli di polline sulla faccia interna del tarso delle zampe posteriori. Questa zona, ricoperta da circa dieci serie trasversali di rigide setole, è la spazzola con la funzione di trattenere il polline proveniente dalle altre zampe e dallo “spazzolamento” dell’addome (Fig. 6). La pulizia del corpo in generale avviene durante gli spostamenti da un fiore all’altro della stessa specie vegetale visitata ma anche durante le soste dell’ape sui fiori.
Durante la seconda tappa avviene il trasferimento del polline dalla spazzola, ad esempio della zampa sinistra, verso il margine superiore appiattito del tarso della zampa destra (auricola). Ogni apicoltore, ma anche ogni persona attenta alle bellezze della natura, avrà osservato un’ape bottinatrice intenta a sfregare tra di loro e alternativamente le zampe posteriori tenendole sotto l’addome.
Con questo movimento ritmico d’innalzamento e abbassamento, essa raschia la spazzola con il lato inferiore della tibia della zampa opposta, il pettine, per cui i granuli di polline trattenuti cadono e si ammassano sull’auricola sottostante (Fig. 7).
A questo punto si ha l’inizio della terza tappa; la masserella di polline, schiacciata da un movimento di chiusura del tarso contro la tibia, è spinta verso la superficie esterna della stessa tibia. Nonostante il nome (cestella) che potrebbe trarre in inganno, essa è perfettamente liscia, leggermente concava e contornata da una frangia di lunghe setole ricurve. All’angolo inferiore è inserita un’unica rigida setola che nella sua funzione ricorda l’antico “palo del pagliaio”, poiché attorno ad essa si accumula e si forma la pallottola di polline (Fig. 8).
I movimenti sopradescritti sono compiuti in rapida successione in modo che si abbia, in breve tempo, la totale copertura della superficie. La pallottola completa di polline, del peso di circa 7,5 mg, è piuttosto consistente e rimane saldamente agganciata alla tibia posteriore perché è trattenuta oltre che dal “palo del pagliaio” anche dalle setole contornanti la cestella (Figg. 9 e 10).
Per la raccolta del propoli le api utilizzano unicamente le cestelle nelle quali accumulano direttamente, aiutandosi con le zampe anteriori e medie, i pezzetti di questa sostanza dopo averli staccati con le mandibole dalle gemme di alcune piante (betulla, pioppo, ippocastano ecc.).
Caratteristica di ogni zampa è quella di essere provvista all’estremità di forti unghie tra le quali è situata una particolare ventosa (arolio); con le prime l’ape può aggrapparsi alle superfici ruvide, con la seconda riesce a fissarsi e a procedere su superfici lisce (Fig. 11).
Un’altra caratteristica delle zampe è quella di essere ricoperte da numerose setole; da pochi anni è stata dimostrata la funzione sensoriale di alcune di queste. Essa diventa di vitale importanza quando è esplicata da sensilli presenti sugli articoli terminali delle zampe anteriori dell’ape regina. Tra queste, infatti, e il risultato dell’ovideposizione esiste una precisa relazione; l’ape regina prima di introdurre l’addome nella celletta in cui deporrà l’uovo tasta i bordi della stessa, oltre che con le antenne anche con il primo paio di zampe. Così facendo, da alcuni sensilli delle zampe anteriori partono degli stimoli indicanti il “diametro” della celletta, che raggiungono il sistema nervoso centrale da cui viene inviato un messaggio che agisce sul sistema riproduttivo dell’ape regina. In tal modo quando la regina avrà localizzato una cella di covata dal diametro compreso tra i 6,2 e i 7 mm, necessaria per lo sviluppo di un maschio, in esso deporrà un uovo non fecondato, mentre una cella dal diametro leggermente più piccolo (5,3-6,3 mm) potrà ospitare un uovo fecondato da cui nascerà un individuo femminile.
A dimostrazione di questo, se si procede al blocco delle attività delle zampe anteriori dell’ape regina, ad esempio bloccandole con piccoli fili o amputandole, si avrà un’elevata percentuale di errore nell’ovideposizione. Esprimendosi in termini sindacali, si può dire che in questo caso si è in presenza di un condizionamento non più provocato dalla regina verso le api operaie ma dalla “base” verso il “vertice” della società: le stesse operaie, infatti, costruendo celle di covata di diversa grandezza, secondo le esigenze domestiche, condizionano l’ape regina sul tipo di uova da deporre e quindi sul tipo di prole.
Il futuro dell’uovo fecondato - verso una vita d’ape operaia o d’ape regina, soggetti entrambi caratterizzati da una loro morfologia e da specifiche funzioni - non è dovuta al corredo genetico ma a una diversa razione alimentare durante lo sviluppo larvale.
Come già accennato, le larve sono nutrite dalle api nutrici con la gelatina reale, prezioso secreto delle glandole mandibolari e ipofaringee.
Nei primi tre giorni di vita, quest’alimento è offerto a tutte le larve, indipendentemente dal loro futuro; in seguito, però, il regime dietetico delle larve destinate a diventare api operaie, e così pure quello delle larve maschili, è modificato con la sostituzione di una parte della gelatina reale con un cibo giallastro, costituito soprattutto da miele e da polline (Fig. 12).
La larva allevata nella cella reale e che darà origine a una regina è, invece, alimentata fino alla maturità con abbondanti quantità di sola gelatina reale.
Si può, quindi, parlare di un determinismo di casta condizionato dal tipo di alimentazione larvale che incide anche sulla durata dello sviluppo preimmaginale. Il periodo, infatti, che va dalla deposizione dell’uovo fino allo sfarfallamento dalle cellette opercolate delle api operaie e dei fuchi dura 21 e 24 giorni rispettivamente; l’ape regina, invece, fuoriesce dalla cella reale dopo soli 16 giorni dalla ovodeposizione.
 
© by Apitalia - Tutti i diritti riservati   
 
 Immagini dell'articolo: 12 tot. (click per visualizzare)
  
Fig. 1
Ape operaia: sono indicate le tre zone morfologiche nelle quali è suddiviso il corpo.
Fig. 2
Gli hamuli permettono il collegamento delle ali di ogni lato durante il volo.
Fig. 3
Particolare delle setole presenti nell’incavo della stregghia.
Fig. 4
Le tibie delle zampe medie sono dotate di una lunga spina per favorire il distacco delle pallottole di polline, per pulire leali e le aperture dell’apparato respiratorio.
Fig. 5
Visione schematica del lato esterno (a) e del lato interno (b) della zampa posteriore.
Fig. 6
Faccia interna del tarso con spazzola in evidenza: nella parte dx si notano l’auricola e il pettine.
Fig. 7
Particolare del pettine (a dx) e dell’auricola (a sx).
Fig. 8
Il polline è accumulato nella cestella per essere trasportato all’alveare.
Fig. 9
L’ape bottinatrice trasferisce il polline dalla spazzola di una zampa alla cestella di quella opposta utilizzando alternativamente i due pettini. Nella sequenza sono indicati i movimenti che spingono il polline trattenuto dal pettine verso la cestella, portando alla formazione della pallotola di polline in quest’ultima.
Fig. 10
Ape bottinatrice con cestelle ricolme di polline.
Fig. 11
Il pretarso di ogni zampa porta le unghie e l’arolio per l’adesione e la locomozione su qualsiasi superficie.
Fig. 12
Larve d’ape immerse nella gelatina reale.
 
 
[Torna al sommario degli articoli]