n. 665, aprile 2016
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 • Lavori del mese
Aprile dolce dormire, ma non per gli apicoltori
 
Vincenzo Stampa
 
 
Con frequenti visite a cadenza settimanale e con qualche semplice stratagemma, è possibile fare in modo che gli alveari seguano l’andamento meteorologico, nonostante gli sbalzi termici conseguenti alle variazioni climatiche in atto. Dal corretto dimensionamento del nido all’aggiunta dei nuovi melari nella giusta posizione, qualche utile “trucchetto”, frutto però di anni di esperienza nella gestione degli apiari, per aumentare la produttività dell’apiario
 
La penisola italiana la possiamo idealmente inscrivere in un rettangolo che ha per base sei meridiani, per altezza ben dieci paralleli e per diagonale la catena appenninica.
Questa particolare disposizione geografica determina una grande varietà di microclimi il cui effetto positivo in apicoltura lo verifichiamo nell’altrettanta grande varietà di mieli che si possono produrre ma, nello stesso tempo, non permette di elaborare un calendario di lavori apistici valido per tutta la penisola.
L’allevamento delle api, a scopo produttivo, non può essere condotto senza una opportuna programmazione dei lavori, la proiezione in un futuro più o meno lontano dipende dalla capacità dell’apicoltore di interpretare l’andamento dell’alveare, partendo dall’osservazione di una situazione attuale e immaginando una possibile evoluzione in relazione alle abitudini ed alle esigenze delle api.
Ad esempio una delle cose più semplici da prevedere è lo sviluppo della famiglia, in relazione all’estensione della covata opercolata osservata, sapendo che le api adulte nate da un intero favo opercolato ne occupano tre e che la deposizione della regina è limitata alla superficie dei favi presidiati dalle api durante la notte, possiamo calcolare l’evoluzione della popolazione di api adulte e della nuova covata nei successi 10/12 giorni. Di conseguenza organizziamo tutto il materiale occorrente per la visita successiva, in modo da arrivare in apiario preparati ad affrontare la nuova situazione.
L’osservazione del susseguirsi dei fenomeni naturali, dai quali dipende la vita delle api, ci aiuta a prevedere in anticipo il comportamento degli alveari e di conseguenza a organizzare gli opportuni interventi di conduzione.
Le visite, a cadenza settimanale, ci aiutano a meglio relazionare lo stato dell’alveare con l’ambiente e il clima e, nello stesso tempo, a prevedere l’evoluzione della famiglia per sapere quali accorgimenti adottare nel breve periodo allo scopo di indirizzare l’attività delle api verso lo scopo produttivo voluto.
Il metodo è applicabile per ogni latitudine ed assume quindi valenza generale.
Le variazioni climatiche in atto, già osservabili e quindi misurabili fin dal 2003, ci creano qualche ulteriore difficoltà.
In Sicilia, nel corrente mese di Aprile stiamo subendo le conseguenze degli sbalzi di temperatura, anche di dieci gradi, del mese precedente, verificatisi con alternanza settimanale e a volte anche giornaliera, che ha spostato in avanti la stagione della sciamatura in coincidenza con la prima e più importante fioritura produttiva.
Questo mese di aprile, per consuetudine mese di melari, a causa delle intemperanze climatiche, di cui si è detto, è anche mese di controllo della sciamatura; fortunatamente questa tendenza è mitigata dal grande afflusso nettarifero che di per se ha l’effetto di rallentarla.
Tradizionalmente in aprile abbiamo due fioriture coincidenti quelle della sulla e degli agrumi, coltivati in aree pedoclimatiche diverse, per tanto l’apicoltore che vuole diversificare le sue produzioni deve essere, per forza di cose, transumante.
In più andando dalle zone costiere a quelle più interne o semplicemente più elevate, si può prolungare il raccolto sulla stessa fioritura per almeno un altro mese. Lo sanno bene gli apicoltori che transumano dalla costa verso l’interno della Sicilia seguendo la sulla o verso la Calabria e Basilicata inseguendo le fioriture degli agrumi.
Mettiamo dunque i melari, anche senza aspettare lo sviluppo dell’alveare sui dieci favi, racchiudendo il nido tra due diaframmi.
Le regine giovani di uno o due anni, non avranno difficoltà ad estendere la covata su tutti gli otto favi, costringendo le api a salire al melario per immagazzinare il raccolto. Se qualche alveare dovesse dare segni di sciamatura, la soluzione migliore, di questo periodo, consiste nell’eliminare la regina e gran parte delle celle reali, lasciandone soltanto due di cui una opercolata e l’altra la più giovane possibile.
La temporanea orfanità, a causa del mancato consumo per l’alimentazione della covata, avrà l’effetto di fare accumulare il miele nel nido che successivamente passerà nei melari, allorquando la nuova regina avrà bisogno di spazio per la deposizione.
Anche la posa dei melari successivi al primo segue una prassi ormai consolidata da anni di esperienza, il nuovo melario va posizionato subito sopra il nido.
Le api, per necessità di una futura sopravvivenza, hanno l’abitudine di posizionare le scorte di miele a diretto contatto con la covata, frapponendo un melario vuoto tra la covata ed il miele precedentemente raccolto, si incentiva l’alveare ad intensificare il raccolto stesso allo scopo di ripristinare la contiguità; come apicoltori godiamo del fatto che le api non sanno contare e neanche pesare.
 
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