n. 665, aprile 2016
[Condizioni di accesso ai contenuti di Apitalia Online]
[Torna al sommario degli articoli]
 
 • Lavori del mese
Entriamo nella stagione produttiva
 
Vittorio Di Girolamo* Angelo Lombardi*
 
*Presidente ARAL Associazione Regionale Apicoltori Lazio **Presidente CoNaProA Consorzio Nazionale Produttori Apistici
 
Ridurre la criticità degli alveari utilizzando regine selezionate, inserendo fogli cerei nei luoghi e nei momenti opportuni, aggiungendo i melari a tempo debito e, infine, un utile accorgimento per dare libero sfogo alle api ceraiole. Questi e altri utili consigli nel tentativo di limitare la febbre sciamatoria
 
Ci siamo. Oramai la stagione apistica è entrata nel vivo.
Si è usciti dall’inverno (se di inverno si può parlare per quanto abbiamo assistito a cavallo tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016) e si è entrati nella fase produttiva vera e propria.
Gli auspici, quest’anno, sembravano propizi ad una stagione favorevole. Certo l’inverno mite, molto mite, forse il più mite degli ultimi decenni, non ci aveva aiutato in termini di consumi alimentari spropositati delle famiglie e di covate mai interrotte con relativi cicli ripetuti della Varroa. Gli apicoltori accorti, però, sostanzialmente si sono ritrovati delle buone famiglie, ben popolate (forse troppo e forse troppo presto) all’inizio delle prime fioriture primaverili di portata significativa. Arrivare alle “porte dell’acacia” con famiglie di api troppo popolate e troppo presto popolate - evidente conseguenza di uso di sottospecie apistiche non adattate al territorio (ma questa è un’altra storia) oppure di un uso eccessivo e fuori controllo di nutrizioni stimolanti - è la condizione ideale per innescare le “febbre sciamatoria”.
Su questo argomento è bene fare una precisazione. Il fenomeno della sciamatura è il sistema di “riproduzione” del superorganismo alveare, che le api adottano per garantirsi la perpetuazione della specie.
è indissolubilmente legato al ciclo biologico delle api. è impossibile azzerarla.
è innaturale eliminarla. Le api, se vogliono essere tali, devono saper “sciamare”. Dunque l’ape regina selezionata deve avere una bassa propensione alla sciamatura, non deve e non può essere un’ape regina che non sciama in senso assoluto.
Chiarito questo aspetto, ritorniamo alla gestione dell’apiario. Prevenire la sciamatura. Le opzioni sono tante, alcune anche molto diverse tra loro. Vediamo allora di evidenziare dei punti che sono in comune tra tutte le tecniche che vengono adottate sul territorio, consapevoli che la soluzione migliore in assoluto non è stata ancora trovata. Le condizioni che facilitano l’innesco della febbre sciamatoria sono molteplici. Le principali sono la genetica dell’ape regina, la sua efficienza (misurata ad esempio dalla capacità di tenere coesa la famiglia) e il sovrappopolamento della famiglia. Poi condizioni meteo avverse - ad esempio, prolungati periodi di pioggia o abbassamento delle temperature - possono amplificare l’effetto di queste condizioni.
Che fare? Innanzitutto prevenire è meglio che curare.
Dunque bisogna ridurre il più possibile le criticità, scegliendo api regine selezionate da cambiare al massimo ogni due anni e gestendo correttamente il nido. Per quanto riguarda la scelta delle regine ci sarebbero da scrivere libri interi e quindi ci limitiamo ad evidenziare la sintesi del nostro punto di vista: vanno utilizzate regine italiane autoctone provenienti da allevamenti seri che oltre ad allevare, selezionano. La gestione del nido, invece è un po’ più complessa da descrivere e da realizzare. Potremmo definirla una tecnica avanzata di allevamento. Questo aspetto va curato a partire dalle operazioni di invernamento quando lo spazio a disposizione della famiglia deve essere contenuto, grazie ad uno o due diaframmi, in rapporto alla consistenza del superorganismo alveare (valutando numero di api, quantità di scorte e di covata presenti).
Nel nido va lasciato lo spazio adeguato alla reale consistenza della famiglia, rispettando alcuni principi di base. Procedere all’allargamento dello spazio attraverso l’inserimento di fogli cerei, che vanno posizionati preferibilmente tra l’ultimo favo di covata ed il primo favo di scorte, facendo attenzione a non interrompere la continuità della covata. Inserire il melario a tempo debito, e cioè quando nella famiglia sono stati allevati non meno di sei favi covata, almeno da una ventina di giorni e sono presenti i primi segnali di richiesta da parte delle api, come l’allargamento della corona di miele con cera nuova e come la costruzione di primi ponticelli sempre di cera tra la testata dei telaini ed il coprifavo.
Un’altra tecnica, diremmo avanzata, che si sta diffondendo ultimamente, con buoni risultati e diverse finalità, è quella di aggiungere di sponda un favo da melario oppure un telaino non incerato o parzialmente incerato. Lo scopo di tale tecnica, ai fini del controllo della sciamatura, è di dare sempre sfogo alle ceraiole, tenendole costantemente impegnate, riducendo uno degli elementi critici che favorisce la febbre sciamatoria. Questo telaino, poi, può essere utilizzato anche come trappola per le varroe (che verranno richiamate dalla presenza di covata maschile presumibilmente deposta sul favo naturale costruito nel telaino) ma anche per leggere le condizioni della famiglia ed il suo stato di sviluppo. Le condizioni del telaino infatti ci possono raccontare con una buona dose di attendibilità se la famiglia è in attività di raccolta, la sua intensità, le condizioni sanitarie, l’efficienza della regina.
Un altro elemento che possiamo utilizzare come indicatore dello stato della famiglia, soprattutto in relazione al fenomeno della sciamatura, è la quantità di polline immagazzinata ed il suo posizionamento. Troppe scorte di polline in generale e troppo polline presente nei favi di covata possono essere considerati sintomi di un inizio del periodo di sciamatura al pari della crescita in quantità della covata maschile.
Quando la famiglia avvia la costruzione dei cupolini reali, nonostante le nostre attenzioni, dobbiamo necessariamente passare alla fase di emergenza che consiste nell’eliminare tutti i cupolini e le celle presenti. Bisogna fare molta attenzione a non lasciare nemmeno un cupolino intatto.
Anche una sola cella reale, infatti, è in grado di far sciamare le api. A tal proposito, noi riteniamo che quando, per un motivo o per l’altro, ci troviamo di fronte ad una famiglia in piena febbre sciamatoria, ossia con presenza di celle reali chiuse e blocco di deposizione della regina, noi consideriamo la battaglia persa. Ossia la famiglia sciamerà oppure, se saremo tanto bravi da impedirlo, osserverà un lungo periodo di inattività durante il quale produrrà “zero”. Dunque la parola d’ordine, come detto, è prevenire per non arrivare mai alla piena febbre sciamatoria. Quest’anno, alcune concause di carattere ambientale, hanno determinato in alcune zone una forte propensione alla sciamatura mentre, in altre, ci siamo trovati di fronte a situazioni completamente opposte nella quali le famiglie generalmente non hanno sofferto questo fenomeno. Se saremo stati bravi ed avremo superato indenni il periodo della febbre sciamatoria, sostanzialmente saremo anche pronti ad affrontare il grande raccolto che, mai come quest’anno, si è presentato in anticipo. Melari in spalla (si fa per dire, ovviamente), diamo un’ultima occhiata alle famiglie e, se del caso, in presenza cioè di un numero di api adeguato, condizioni meteo favorevoli, attività delle ceraiole in corso e flusso nettarifero avviato, li posizioniamo sugli alveari.
Cosa può succedere? Le api salgono ed incominciamo ad importare. Tutto a posto, proseguiamo. Le api non salgono. Perché? I motivi sono davvero tanti. Generalmente quello più ricorrente è legato alla mancanza di un numero adeguato di bottinatrici (i famosi sei favi di covata presenti almeno da venti/trenta giorni nella famiglia).
Le famiglie possono essere stracolme di api, ma se la maggioranza degli individui è appena sfarfallata, la raccolta sarà appena sufficiente a coprire il fabbisogno alimentare interno (in questo periodo i consumi alimentari delle famiglie sono rilevanti).
Quest’anno, poi, ci si sono messe anche le condizioni meteo caratterizzate da forti escursioni termiche che hanno rallentato notevolmente la raccolta. Nel primo caso - numero di api bottinatrici insufficiente - poco potremo fare se non aspettare. Nel secondo caso, invece, dovremo stare attenti, perché la contemporaneità di famiglie molto forti ed assenza di raccolta di nettare può causare una pericolosissima ed anomala - per il periodo  crisi alimentare che in qualche caso, ahimé quest’anno è successo, può portare le famiglie a soccombere.
La gestione dei melari, in questa fase, è abbastanza semplice. Quando i due terzi dei favi del primo melario sono riempiti, è consigliabile aggiungere il secondo melario che, come procedura ideale, va interposto tra il nido ed il primo melario. Per i casi di bisogno di terzo melario con i tempi che corrono, non servono consigli ma una processione di ringraziamento direttamente a Sant’Ambrogio. Per l’auspicabile fase successiva di gestione dei melari, dei tempi di raccolta e delle procedure di estrazione del primo miele rinviamo al prossimo numero.
Una considerazione in chiusura. Una rassegna sulle operazioni apistiche del mese non può, per ovvie ragioni di spazio, essere esaustiva, ma resta sempre fermo il proposito di offrire utili spunti di riflessione per meglio organizzare il lavoro sui propri alveari; spunti che vanno puntualmente e singolarmente approfonditi ed eventualmente adattati alla propria realtà apistica territoriale.

Apisticamente,
 
© by Apitalia - Tutti i diritti riservati   
 
 Immagini dell'articolo: 1 tot. (click per visualizzare)
  

 
 
[Torna al sommario degli articoli]