Speciale Apicoltori - n. 620, marzo 2012
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Rino Zanconato
Natura pulita per api sane
di Massimo Ilari e Alessandro Tarquinio
Gli antibiotici non vanno bene in apicoltura. E non occorre essere degli scienziati per capirlo. Del resto, è chiaro che inquinano il prodotto. Inizialmente, possono apparire come una soluzione ma nella realtà sono solo un palliativo che funziona fino a un certo punto e maschera la patologia ma non la elimina
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Rino
 cognome  Zanconato
 età  75
 regione  Veneto
 provincia  VI
 comune  Colli Vicentini
 nome azienda  Apicoltura BZ
inizio attività  1978
arnie  100
 apicoltura  Nomade e Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Acacia
Millefiori
Tarassaco
Castagno
Tiglio
 miele prodotto  50 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
La passione l’ho sempre avuta fin da piccolo, anche se ho iniziato a dedicarmi a tempo pieno all’apicoltura nel ‘78, dopo aver abbandonato il precedente lavoro. Ho sempre guardato lavorare mio padre che aveva degli alveari per produrre il miele che serviva alla famiglia e che, a sua volta, aveva ereditato la passione dal nonno. Ho continuato sempre a occuparmi delle api anche quando, da giovane, facevo altri lavori.
 
Per quali motivi ha scelto questa strada?
Semplice per quella forte passione per le api che “possiede” gli apicoltori. Una passione che si lega strettamente a un forte amore per la vita e la natura. E come potrebbe essere diversamente? Basta osservare come l’ape “abita” l’ambiente in punta di piedi.
 
Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape?
Per me è semplice spiegarlo. Dalle api si impara sempre qualcosa. Grazie a loro si capisce lo stato di salute dell’ambiente in cui viviamo: si va dall’inquinamento per arrivare all’eventuale contaminazione di piante e fiori. E c’è dell’altro. Significa dedicarsi totalmente alle api. Un esempio? Da giovane, la domenica e nei giorni di riposo dal lavoro, non andavo in giro come facevano molti altri ragazzi ma correvo subito a vedere come stavano le mie api. In quel periodo non disponevo di terreno e mi venne in aiuto mio cugino che mi diede anche una baracca dove poter mettere gli attrezzi per le api.
 
Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?
Sono sempre crescenti, rispetto ad un tempo. A mio parere ciò dipende dal fatto che l’ambiente naturale è mutato radicalmente negli ultimi anni e allora le api mostrano qualche difficoltà ad adattarsi ai mutamenti prodotti dall’uomo. La varroa, insieme alle altre patologie, rappresenta un grosso problema. La ragione? Con tutte le patologie che assediano l’alveare diminuiscono inevitabilmente le difese che l’ape, normalmente, avrebbe. E non si tratta certo di fantasie, visto che in questi decenni di attività ho potuto osservare come i cambiamenti climatici abbiano causato un indebolimento progressivo delle api. Una volta erano in grado di trovare, in un ambiente sano, tutto il polline di cui avevano bisogno. Ora? Non lo trovano più e ciò le rende maggiormente esposte a patologie. Ai cambiamenti ambientali subentrano sempre di più anche i sistemi agricoli moderni, con il ricorso massiccio alla chimica tossica.
 
Che problemi pone la commercializzazione?
Fortunatamente da questo punto di vista non ho difficoltà. La possibilità di vendere direttamente al consumatore, nel punto vendita e nei mercati, consente di promuovere, al meglio, il nostro miele al consumatore e di formare nel tempo un certo numero di clienti affezionati. La percezione del prezzo è soggettiva: per alcuni clienti può risultare alto, mentre, per altri, è a buon mercato. Per quanto mi riguarda, è di primaria importanza la qualità del prodotto offerto al consumatore e questa attenzione è ripagata quasi sempre dal fatto che una volta assaggiato il nostro miele il consumatore torna.
 
Pratica il nomadismo?
Si, indicativamente per il 50% degli alveari: l’altra metà sono fissi presso l’azienda. Oggigiorno per fare produzione nel nostro territorio è indispensabile praticare il nomadismo, ancora una volta per una questione ambientale. Bisogna andare dove l’ambiente offre il meglio per il pascolo delle api. Una volta, infatti, i raccolti erano molto più “lunghi”. Ora, invece, a causa dei cambiamenti del clima, la raccolta si è molto accorciata e per alcuni tipi di miele si è ridotta a pochi giorni. Per quanto riguarda l’acacia, ad esempio, il periodo di fioritura adatto alla raccolta si è ridotto ormai ad una settimana o poco più e diventa, quindi, indispensabile spostarsi seguendo l’andamento della fioritura, nelle zone in cui dura più a lungo.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
Certamente. Deve sapere dove portare le api e ciò significa conoscere le piante adatte al loro pascolo. E’ d’obbligo prediligere i luoghi lontani da inquinamento (collina e montagna) e naturalmente considerare le piante adatte.
 
Che tipo di apicoltura pratica?
Convenzionale. La mia filosofia? Credo che sia di fondamentale importanza lavorare nel rispetto della salute delle api e con l’uso di metodi naturali, al di là della certificazione biologica.
 
Che cosa direbbe agli apicoltori che usano antibiotici?
Direi di dimenticarsi della loro esistenza! Gli antibiotici inquinano il prodotto. Inizialmente, possono apparire come una soluzione ma nella realtà sono solo un palliativo che funziona fino a un certo punto; maschera la patologia ma non la elimina! Non bisogna mai dimenticare che se l’ambiente è sano l’ape è in grado di trovare il suo “antibiotico” direttamente in natura. Bisogna invece lavorare per mantenere l’alveare forte e sano.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
Ho avuto sempre la passione per il lavoro del legno e quindi ho lavorato continuamente per migliorare la struttura dell’arnia e aumentarne la funzionalità. In tal senso, nel corso degli anni, ho apportato varie modifiche alle arnie classiche, intervenendo soprattutto sul fondo e sull’entrata. Il motivo? Per facilitarne la ventilazione interna e il trasporto. Nel caso delle arnie usate per il nomadismo, ho introdotto un fondo a rete per diminuire il peso e aumentare la ventilazione interna durante il trasporto. Inoltre, ho apportato delle modifiche che permettono una verifica rapida della quantità di varroa presente e delle modifiche al telaino (vedi foto).
 
Come lotta contro la varroa?
Ho provato vari trattamenti ma negli ultimi anni ricorro al blocco della covata con telaino modificato, aspettando che nasca tutta la covata prima di fare il trattamento. Con questo sistema l’ape regina non è ingabbiata ma continua a deporre le uova. Il risultato? L’alveare resta in equilibrio perché le api sentono la presenza della regina. Si tratta, comunque, di sistemi che richiedono alcuni anni prima che si possa apprezzarne, al meglio, i benefici.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
L’apicoltura è dimenticata dalle istituzioni e dagli Istituti di ricerca. L’attività dei veterinari è solo di tipo repressivo: il veterinario dice quello che non si deve fare ma non dà consigli propositivi per migliorare la situazione. Il problema fondamentale è che la ricerca è poca o nulla. Negli ultimi anni qualche miglioramento c’è stato, anche se le soluzioni concrete tardano ancora ad arrivare. Inoltre, c’è il problema dei finanziamenti per l’apicoltura: molto spesso vengono usati male. Oggigiorno, poi, è necessario essere sempre più attrezzati (muletto, furgone, ambienti di smielatura ad hoc, frigo…). Di contro, un tempo era possibile farlo a livello amatoriale. Forse anche per tutti questi problemi sono sempre meno i giovani che si “buttano” nell’apicoltura. Ricordo che in un passato, neppure così tanto lontano, quasi ogni casa aveva le sue api. Al presente, per ogni vecchio che lascia il lavoro non c’è quasi mai un giovane pronto a prendere il suo posto. E dire che l’apicoltura ha bisogno vitale dei giovani ai quali noi potremmo trasferire esperienza e passione.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
Le api e la passione degli apicoltori che dedicano la vita a questo lavoro.
 
Cosa rappresentano per lei le api?
utto quanto. Senza api non saprei stare perché da esse c’è sempre qualcosa da imparare. E’ bello vedere quelli che come me lavorano con le api a petto nudo e non incappucciati da cima a fondo. Quando si conoscono le proprie api si capisce immediatamente se quel giorno saranno buone o cattive… è come se ci parlassimo!
 
Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
Uno solo? Ce ne sarebbero tanti… Una ventina di anni fa, dopo averle fatto il bagno, avevo legato momentaneamente la mia cagnetta per evitare che si sporcasse, mentre si asciugava al sole. E’ stato a quel punto che si è vista circondata da uno sciame di api, attirate forse dal sapone. Nel tentativo di liberarla ho preso più di 100 pungiglioni, finché, come sistema per allontanarle, sono ricorso al getto di una canna dell’acqua. Non dubito che se la scena fosse stata osservata dall’esterno avrebbe destato non poca ilarità.
 
Aspettative future dell’attivita?
La speranza di trasmettere la passione e lasciare l’attività a mio figlio Francesco.
 
 
 • Le immagini di questa intervista (click per visualizzare)
Rino Zanconato
 
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