Speciale Apicoltori - n. 601, giugno 2010
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Luca Modolo
Un'ape per amica
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Luca
 cognome  Modolo
 età  21
 regione  Emilia-Romagna
 provincia  PC
 comune  Val Nure
 nome azienda  Azienda Agricola Modolo
inizio attività  2008
arnie  150
 apicoltura  Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Tarassaco
Acacia
Millefiori
Tiglio
Castagno
Erba medica
 miele prodotto  70 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
E’ cominciata come un gioco nel giardino di casa. Galeotto - parafrasando Dante - è stato mio padre che ha sempre avuto una grande passione per le api e, allora, sarebbe stato impossibile evitare un coinvolgimento nella professione che io considero la più bella del mondo. E sì perché permette di stare a contatto con l’ape - ha tanto da insegnare - e con la natura. Ma andiamo avanti. Grazie all’aiuto di papà, mio fratello Alessandro è stato in grado di passare da hobbista a professionista e io, in seguito, di prendere le redini dell’azienda che mando avanti grazie al prezioso contributo dei miei genitori.
 
Per quali motivi avete scelto questa attività?
La passione, la voglia di espimere la mia voglia di ecologia, di apprendere i segreti di un mondo, a dir poco, straordinario e di mettersi sempre in gioco. Certo, mettersi in gioco, perché la strada dell’apicoltore, infatti, non è per niente facile (purtroppo). Le difficoltà sono molte, soprattutto per chi cerca di produrre in un certo modo puntando alla qualità del prodotto e alla valorizzazione del territorio sul quale opera.
 
Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape?
Proprio perché si è animati dalla “passione” per l’ape occorre vivere l’apicol- tura come qualcosa di entusiasmante. Mi ripeto, l’ape è anche maestra di vita. E proprio dall’ape si impara a condividere: loro lo fanno in ogni attimo dell’esisenza: pur se la loro è così breve. Allora, ho scelto di mettere in comune le conoscenze che ho appreso sul loro mondo con gli altri apicoltori. Mostro, a chi non ne ha mai avuto l’opportunità, come funziona il mondo nascosto dell’alveare ed è sorprendente come la mia modesta esperienza possa illuminare le persone. Spiegando il mio lavoro quotidiano, il consumatore riesce anche a dargli valore, riesce a vedere un vaso di miele come qualcosa di prezioso, il frutto di ore di lavoro dell’apicoltore e dell’ape. La passione per l’ape, quindi, è il motore che manda avanti tutto il sistema dell’apicoltura: penso (e spero) che nessuno sia in grado di fare il mestiere dell’apicoltore senza essere animato da una grande passione e rispetto per l’ape.
 
Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?
Sull’Appennino emiliano, come penso anche in altre zone, vi sono troppi hobbisti sprovveduti che lasciano alveari, magari morti, alla mercé dei saccheggi. Ci vorrebbe un controllo più assiduo e una preparazione adeguata da parte di tutti. Un consiglio: meno burocrazia quando si denunciano malattie che, per legge, andrebbero obbligatoriamente denunciate.
 
Che problemi pone la commercializzazione?
Il problema della nostra azienda è stato sempre quello di produrre piuttosto che quello di commercializzare. La domanda del nostro miele è sempre stata superiore all’offerta. Dunque... La vendita è attuata, nella maggior parte dei casi, per via diretta: il cosiddetto “mercato corto”. Si realizza un immediato contatto tra produttore e consumatore (mercatini e vendite in azienda). Di sicuro, non si può nascondere che i problemi non sono pochi e non di scarsa rilevanza. Ma non ci spaventiamo e cerchiamo sempre di affrontarli con decisione e pazienza.
 
Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
Molte persone che vengono al nostro banchetto, durante mercatini o fiere, stigmatizzano il marchio con la dicitura “prodotto da agricoltura biologica” e contestano la piccola maggiorazione di prezzo cui è proposto il nostro miele. In Italia non abbiamo ancora (in generale) la cultura del prodotto bio e si fa molto poco per dare un’adeguata informazione. E dire che siamo tra i più grossi produttori mondiali di miele e di contro ci collochiamo nelle retrovie, come consumatori. Penso che molti apicoltori leggendo queste pagine capiscano che cosa voglia esprimere. Noi, con molta pazienza, spieghiamo al consumatore che i prodotti biologici soffrono in piccola parte dell’ambiente circostante: il grosso delle sostanze tossiche che sono assorbite, invece, è dato dall’intervento diretto dell’uomo sulla coltivazione o sull’animale per aumentarne la produzione, anche in assenza di malattie dell’alveare.
 
Ci può fare un esempio?
Molte persone che vengono al nostro banchetto, durante mercatini o fiere, stigmatizzano il marchio con la dicitura “prodotto da agricoltura biologica” e contestano la piccola maggiorazione di prezzo cui è proposto il nostro miele. In Italia non abbiamo ancora (in generale) la cultura del prodotto bio e si fa molto poco per dare un’adeguata informazione. E dire che siamo tra i più grossi produttori mondiali di miele e di contro ci collochiamo nelle retrovie, come consumatori. Penso che molti apicoltori leggendo queste pagine capiscano che cosa voglia esprimere. Noi, con molta pazienza, spieghiamo al consumatore che i prodotti biologici soffrono in piccola parte dell’ambiente circostante: il grosso delle sostanze tossiche che sono assorbite, invece, è dato dall’intervento diretto dell’uomo sulla coltivazione o sull’animale per aumentarne la produzione, anche in assenza di malattie dell’alveare.
 
Che cosa vuol dire fare apicoltura bio?
Il nostro modo di fare apicoltura tende, nel rispetto del disciplinare bio, ad usare il meno possibile sostanze chimiche di sintesi, tossiche, e sceglie sostanze ed estratti naturali che danno un margine minore di efficacia - sarebbe sempre da verificare - ma senza, però, riempire di tossine l’alveare. Inoltre, il nostro Ente certificatore bio (ICEA, Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) attua analisi sulla cera del nido, oltre che sul prodotto finito. In parole povere, se fossero state utilizzate sostanze non consentite queste verrebbero alla luce anche a distanza di anni. Chi ascolta ciò che sto affermando potrebbe sentirsi spiazzato: nell’immaginario collettivo l’ape è un insetto autosufficiente che non richiede alcun aiuto e secondo questo pensare l’uomo si limiterebbe soltanto ad estrarre il miele dai favi, svolgendo un ruolo marginale. La gente capisce, in ogni caso, che il miele da agricoltura biologica non è una truffa ma un alimento che rispecchia un sistema di produzione volto a dare una sicurezza superiore al consumatore. In più, oltre a valorizzare il prodotto con il biologico si salvaguarda anche il territorio circostante. Un sogno? Come sarebbe bello se tutto il miele italiano fosse certificato bio!
 
Pratica il nomadismo?
Lo praticavamo soprattutto durante i primi anni di attività, quando avevamo pochi alveari e più tempo per farlo. Abbiamo poi deciso di limitarlo non solo per smorzare il già titanico lavoro che come azienda familiare dobbiamo affrontare, ma anche per diminuire lo stress che l’inseguimento delle fioriture può portare all’ape. Il nomadismo che attuiamo si limita a trasportare gli alveari che escono dall’inverno dalle postazioni invernali, più calde, a bassa quota, a quelle di produzione dove rimarranno per tutta la stagione primaverile - estiva ad alta quota.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
L’ape poggia il suo mondo sui fiori e sulle piante, cambia umore secondo il nettare che raccoglie e che porta nell’alveare. E’ impensabile, dunque, che un buon apicoltore sia completamente digiuno di nozioni sulla botanica, sul riconoscimento delle varie specie (apistiche e no), dei tempi delle fioriture e di come queste si distribuiscono sul territorio. Sono dell’opinione che alzare lo sguardo dalla cassetta di tanto in tanto possa aiutarci moltissimo nel lavoro. Non meravigli il rapporto fra nettare e umore nell’ape. Indagini scientifiche mostrano la stessa equivalenza fra cibo e uomo. Chi non ha sentito parlare della stretta connessione fra cereali e buonumore?
 
Insomma, l'apicoltura bio su tutto?
Beh, a questo punto è chiaro a tutti e ribadirlo non guasta. Anzi, credo fermamente che questa scelta sia la migliore per un mondo agricolo che punta alla produttività spinta, talvolta a discapito della salute dei consumatori e dell’ambiente. Ho sempre sostenuto che la nostra salute parte da quello che mangiamo, da quello che introduciamo direttamente nel nostro organismo attraverso l’alimentazione: se quello che mangiamo è sano, la salute ne beneficierà. Io, assieme ai miei familiari, sono il primo consumatore del miele che produciamo e so che è un prodotto sicuro che non ha residui di sostanze tossiche. Eppoi, propongo lo stesso miele ai miei clienti e non solo. Per centrare l’obiettivo, faccio sì che chi sceglie i nostri prodotti sia tutelato da un Ente certificatore che ha il compito di controllare l’operato della nostra apicoltura, di attuare tutte le analisi necessarie e di indicarmi quali sono i prodotti che posso usare per la cura delle api. Sono conscio che l’Ente certificatore ha anche il dovere di sanzionarmi, di strapparmi il marchio di produttore biologico qualora dovesse rilevare delle anomalie. Penso che il futuro sia in questo. E’ vero che fare apicoltura biologica, vuol dire anche vedersi restringere ulteriormente la già sottile lista di prodotti che si possono usare; accettare ogni anno di perdere una percentuale quasi fissa di alveari; dedicare più tempo ad ogni singola arnia per avere alla fine una produzione totale ridotta non è bello, però, lasciatemelo dire, è una scelta importante.
 
Che cosa direbbe agli apicoltori che usano antibiotici?
Direi che il loro impiego in apicoltura non ha assolutamente alcuna giustificazione. Chi ricorre agli antibiotici non solo va contro la legge ma commette pure uno sbaglio che porta conseguenze negative sia per il consumatore che per l’ape. Gli antibiotici non risolvono le patologie dell’alveare ma semplicemente le nascondono. Chi adopera l’antibiotico dovrà farvi ricorso continuamente, per evitare che i problemi si presentino di nuovo. Si tratta di una pratica scriteriata che porterà, inevitabilmente, alla presenza sempre maggiore di residui di sostanze chimiche nel miele, nella cera e in tutto quello che l’alveare produce. Penso che come accade per noi, l’uso degli antibiotici azzeri le naturali difese immunitarie dell’ape che sarà sempre più soggetta a patologie e virosi.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
Ritengo, sotto questo aspetto, di avere ancora molto da imparare.
 
Come lotta contro la varroa?
In tutte le visite primaverili, da marzo a giugno, asportiamo la covata maschile. Usiamo timolo a fine luglio e ad inizio agosto. E qui lo dico e poi lo nego (per ovvi motivi) ossalico a ottobre- novembre. Stiamo valutando con attenzione l’uso dell’acido formico.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
Forse ho poca esperienza per rispondere alla domanda ma da quel che ho visto sino ad ora nel mondo apistico c’è troppo silenzio. Gli apicoltori comunicano poco tra loro; per nulla con i veterinari, ne hanno una scarsa opinione, mentre dovrebbero essere il punto di riferimento e di aiuto per l’apicoltore. Attualmente, ci sono pochi addetti veramente validi in campo medico-veterinario capaci di affrontare i problemi dell’apicoltura. La conseguenza? Gli apicoltori non denunciano i loro guai, preferiscono risolverli col fai-da-te, con un passaparola espresso sì, ma sottovoce. Vi porto un esempio. La peste americana l’hanno quasi tutti, ma pochissimi la denunciano per evidenti motivi… Di conseguenza, si presenta come un problema statisticamente inesistente e quindi non è necessario fare ricerca, investire per risolverlo.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
L’ape, innanzitutto, e la passione che per essa nutrono tutti gli apicoltori. Un binomio, questo, che permette di affrontare e superare momenti catastrofici, come quelli vissuti nel 2008.
 
Cosa rappresentano per lei le api?
Le api sono una parte importante della mia vita. Oltre a rappresentare una grande passione sono la fonte di sostentamento della mia famiglia e quindi è come se ne facessero parte: un loro problema diventa anche un mio problema diretto.
 
Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
Recentemente, abbiamo partecipato per la prima volta a BiolMiel, un concorso internazionale di mieli biologici che si è tenuta Nicolosi (CT): ci siamo piazzati terzi con il nostro miele di acacia. Lo abbiamo considerato, ritengo a ragione, un importante riconoscimento che mi ha ulteriormente caricato e motivato a proseguire l’attività.
 
Aspettative future dell’attivita?
Riuscire a conciliare il lavoro dell’apicoltore con l’attività da studente alla facoltà di medicina veterinaria di Milano. L’obiettivo? Riuscire a migliorare, sempre, la qualità del mio miele ma di pari passo l’organizzazione del lavoro in azienda, cosa per niente facile.
 
 
 • Le immagini di questa intervista (click per visualizzare)
Luca Modolo
Il tipico paesaggio brumoso della Val Nure
 
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