Speciale Apicoltori - n. 596, gennaio 2010
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Marco Bianchi
Api e Natura? Due giudici imparziali
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Marco
 cognome  Bianchi
 età  52
 regione  Lombardia
 provincia  CO
 comune  Olgiate Comasco
 nome azienda  Apic. Bianchi di Broggi Francesca
inizio attività  1980
arnie  250
 apicoltura  Nomade
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Acacia
Castagno
Tiglio
Millefiori
Lampone
 miele prodotto  80 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
Quando mio padre andò in pensione volle due alveari per impollinare le sue piante da frutto. Da allora mi appassionai veramente tanto al mondo dell’ape: seguendo i loro voli sui fiori e la loro attività di impollinatrici, inevitabilmente, te ne innamori. Al di là del lavoro che ogni giorno compiono e degli insegnamenti che arrivano dall’alveare, ti rendi, ben presto, conto di quanto siano importanti per l’Ambiente. Lì, a stretto contatto sul campo, capisci la realtà effettuale di queste parole che lette e sentite non esplicano gli stessi effetti.
 
Per quali motivi ha scelto questa strada?
Bella domanda! Alcuni aspetti motivazionali li ho già affrontati nella precedente domanda. Come che sia, ti trovi coinvolto in una esperienza bellissima dove si ha sempre qualcosa da imparare, dove l’impegno personale e anche le capacità trovano un giudice imparziale che valuta il tuo operato - le api e la natura. Insomma, le soddisfazioni se le si sa cogliere non mancano.
 
Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape?
Beh, non vederla solo come uno strumento di reddito. Mi ripeto, avere rispetto per il suo mondo, non comportarsi da saccheggiatori ma entrare in contatto con la sua attività giornaliera. Del resto se non hai passione per l’ape non la rispetti, e io credo si possa rispettare anche un insetto: quando si apre l’alveare e si guarda all’interno si osserva un mondo che ci rimanda proprio all’intero creato. E torniamo alla parola rispetto, una parola, al giorno d’oggi, troppo spesso sottaciuta e non rispettata. Se consultiamo il vocabolario d’italiano, leggiamo: “rispetto sta per sentimento, sentimento di deferenza nei confronti di una persona ritenuta degna”. E chi è più degno dell’ape? Una nota, per quanto mi riguarda il rispetto si deve a tutti, sino a prova del contrartio
 
Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?
Tanto per cominciare l’elevata urbanizzazione con tutte le problematiche che ne derivano: è sempre più difficile trovare luoghi idonei per posizionare gli apiari. Sembra quasi che la città che mangia spazio e terra spinga sempre più ai margini le api. Non a caso i bambini che vivono negli spazi urbani congestionati non sanno più come sono fatti gli animali. Finché, un giorno, con la scuola o la famiglia non si recano in visita in un Bioparco e qui gli si apre un mondo. E sì, perché sino a un momento prima avevano in testa tanta confusione e rischiavano di credere che gli animali fossero quelli dei cartoni animati. Poi ci sono gli avvelenamenti dovuti ai trattamenti anti – zanzare. E ancora le vespe che infestano grondaie e sotto tetti e sono scambiate per api. E apriti cielo se uno sciame finisce in un cassonetto: può scatenarsi un’autentica caccia al caro insetto. Insomma, al di là dei toni sensazionalisti che in determinati momenti i media utilizzano in favore dell’ape, poi ci sono lunghi silenzi colpevoli che fanno andare nel dimenticatoio le api. A conclusione di questa lunga digressione, non posso sottrarmi ad un plauso verso la vostra Campagna di raccolta firme: “Difendiamo l’ape, un animale a rischio estinzione.
 
Che problemi pone la commercializzazione?
Non ce ne sono di particolari, per quanto mi rigurda. Prima accennavo agli effetti negativi che l’urbanizzazione ha sull’ape, ad onor del vero non è il caso di sottacere che c’è un lato positivo nel lavorare in una zona molto urbanizzata: quello di non avere grossi problemi di commercializzazione. C’è, appunto, maggiore possibilità di entrare in contatto con i consumatori. Ma attenzione, ritengo che se si lavora bene e si offre al consumatore un prodotto di qualità e non ci saranno, di certo, problemi di commercializzazione. Premia anche il mercato corto, cioè il rapporto diretto fra apicoltore e consumatore che permette di mettere in piedi un bello scambio. Tanto per fare un esempio, si veicolano tante informazioni utili sui prodotti dell’alveare all’acquirente finale. Se poi, si vogliono far crescere i consumi del miele è fondamentale entrare nelle scuole, facendo conoscere le api e il “biondo” alimento ai ragazzi. L’esperienza mi ha insegnato che se si avvicinano i giovani al mondo apistico si effettua un investimento sul futuro. Un investimento non solo economico: il miele fa bene e ha tante proprietà salutari. Quanti sanno che non è solo un dolcificante, ma soprattutto un alimento?
 
Pratica il nomadismo?
Sì, un nomadismo a corto raggio all’interno della provincia di Como. Una breve considerazione su tale pratica. Il nomadismo va condotto a regola d’arte, rispettando l’ape e gli altri apicoltori che conducono le api nella zona in cui portiamo i nostri apiari. E direi che quello a corto raggio permette di seguire adeguatamente le api, senza lasciare che eventuali cassette ammalate infettino tutta l’area. Credo che sia proprio quest’ultimo uno degli aspetti più deteriori di un nomadismo mal fatto.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
Direi che è essenziale. Certo non si tratta di trasformarsi in professori di Botanica, più semplicemente è richiesta una buona conoscenza di fiori e piante, cosa che facilita la conduzione degli apiari: si possono portare le api nelle aree maggiormente indicate per il loro lavoro. Da non trascurare che la conoscenza di piante e fiori determina un ulteriore rispetto dell’Ambiente. Come vedete, la parola rispetto accompagna sempre la vita dell’apicoltore.
 
Che tipo di apicoltura pratica?
Quella tradizionale, non biologica. Del resto, se si lavora bene non c’è nessuna differenza. Quando si produce all’insegna della qualità l’esperienza mi ha insegnato che non si presentano problemi e io fornisco, sempre, al consumatore un miele con queste caratteristiche.
 
Cosa direbbe agli apicoltori che usano antibiotici?
Sbagliate: si può fare senza, anzi si deve fare senza. Qualche consiglio: raggi gamma su tutti i favi da nido che si portano in magazzino. Il vantaggio? Presto detto, in primavera sarà possibile ridare alle famiglie solo favi sterili, escludi regina che evitano covata nei melari, e purtroppo fuoco dove serve. C’è, inoltre, da tenere a mente che l’attuale legislazione, ce lo dice l’Europa, ne vieta l’utilizzazione. Ciò detto, gli apicoltori avrebbero bisogno di un maggior supporto nella lotta contro le patologie che colpiscono l’alveare. Se si rispettano le api non si avvelenano con incredibili miscugli.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
Penso che ogni apicoltore abbia introdotto in apiario le sue piccole migliorie, dalla modifica alla leva, al distanziale tra nido e coprifavo, colmo di trucioli di legno, per ottimizzare la temperatura nei trattamenti estivi con evaporanti. Quali i vantaggi dei trucioli di legno? In primis, non inquinano l’alveare e l’ambiente, poi esplicano un’azione isolante: d’inverno evitano eventuali dispersioni di calore e d’estate non fanno penetrare all’interno troppo caldo.
 
Come lotta contro la varroa?
Dal 2003 al 2007 Apiguard 3 trattamenti, 1-8-21 (il riferimento è ai giorni del trattamento, ndr). Distanziale (4 cm) tra arnia e coprifavo (quello alto) colmo di trucioli per ottimizzare la temperatura nei trattamenti estivi; ossalico gocciolato 675-675-35 (dose svizzera), trattamento invernale 2008. In pratica, 675 g di acqua distillata con 675 g di zucchero danno un litro di sciroppo, al quale aggiungo 35 g di ossalico; Apistan trattamento estivo; ossalico 675-675-35 novembre; ossalico sublimato, con Sublimox, dicembre. 2009 ingabbiamento di 250 regine (si rischia l’esaurimento) per 21 giorni poi dopo 4/5 giorni trattamento con ossalico sgocciolato 1000-1000-100 (dose italiana). Ma oggi, primi di dicembre, periodo in cui sto parlando con voi, sono soddisfatto della scelta. Certo è una modalità di operare che va preparata per ridurre i tempi di lavoro, regine assolutamente marcate, gabbie inserite nei favi sono due condizioni indispensabili per ottimizzare l’operazione. Il trattamento invernale sempre con ossalico sgocciolato 675-675-35, fatto nella seconda metà di novembre, ha evidenziato una bassa caduta di varroa. Per essere il primo anno nel quale ho scelto questa soluzione sono veramente soddisfatto.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
La quasi assoluta mancanza di fondi per la ricerca e l’arroganza di qualcuno (non del tutto disinteressata) di pensare di poter farne a meno gestendo in modo più o meno privatistico le poche risorse a disposizione.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
La passione vera che unisce molti di noi che diventa amicizia e dove la regola è “aiutiamoci”.
 
Aspettative future dell’attivita?
Con la mia Associazione, l’Associazione Produttori Apistici delle province di Como e Lecco - Apacel, stiamo lavorando per certificare le produzioni di miele del Lario, in particolar modo acacia e tiglio. Questo a livello locale è quanto speriamo di attuare. Più in grande, pensando alle esigenze dell’apicoltura italiana, oltre alla ricerca essenziale per qualsiasi settore, penso all’anagrafe apistica che ridisegni in modo veritiero l’apicoltura italiana. Penso ad un veterinario provinciale preparato per il settore apistico, penso ad aiuti al settore meglio distribuiti, penso ad una assistenza tecnica alle aziende dove la ricerca abbia più potere e i presidenti delle Associazioni molto meno.
 
 
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Marco Bianchi
 
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