Speciale Apicoltori - n. 591, luglio-agosto 2009
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Igaumo (Susan) Edogaiwerie
L'apicoltura? Una passione contagiosa e meravigliosa
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
Vi presentiamo l’esperienza di un’apicoltrice che lavora con la Buckfast. Ricordiamo, però, che l’ape italiana è l’Apis mellifera Ligustica, ce la invidia tutto il mondo. La Ligustica caratterizza gran parte del territorio nazionale, dato che è il nostro ecotipo locale. Come che sia, in merito alla questione invitiamo gli apicoltori a dire la loro sul tema. Avremo a disposizione un sondaggio che ci parlerà degli umori del popolo dell’apicoltura
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Igaumo (Susan)
 cognome  Edogaiwerie
 età  35
 regione  Veneto
 provincia  VI
 comune  Lusiana
 nome azienda  Apicoltura Canova
inizio attività  2003
arnie  90
 apicoltura  Nomade e Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Buckfast
 tipo di miele  Tarassaco
Acacia
Millefiori
Castagno
Melata di abete
Rododendro
 miele prodotto  70 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha intrapreso l’attività di Apicoltrice?
Il primo contatto con le api risale all’estate del 1999 quando ero ospite di un apicoltore che si era allontanato per una telefonata e, avendolo osservato mentre preparava delle api regine da spedire, inserendole in una gabbietta di plastica gialla, ho preso la sua attrezzatura e mi sono dilettata ad imitarlo. Al suo ritorno il mio amico è rimasto sorpreso della mia inaspettata capacità.
 
Per quali motivi ha scelto questa strada?
All’epoca lavoravo in una piccola fabbrica d’accessori per aziende enologiche, ma dopo una prima esperienza positiva con una decina di nuclei acquistati con regine Primorskys decisi di cimentarmi in un’attività in proprio.
 
Cosa significa avere una passione per l’ape?
Per me è stata lasciare la certezza di un lavoro sicuro per immergermi in un’avventura che mi affascina ogni giorno di più e che tutt’ora mi dà grandi soddisfazioni.
 
Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?
La nostra difficoltà è trovare un posto facilmente accessibile persino ad un mezzo leggero; inoltre, i non addetti ai lavori difficilmente sono tolleranti verso gli apiari, anche di pochi alveari. Un’altra difficoltà sono le strade dissestate che si trovano in alta montagna e che causano problemi di percorrenza. Inoltre, l’estate scorsa, proprio sul finire della fioritura di rododendro, ad un’altezza di 1680m s.l.m., abbiamo avuto l’annunciata visita di un orso bruno che, nonostante tutti gli accorgimenti per limitare i danni previsti, ha banchettato con dell’ottimo miele e successivamente ha gradito pasteggiare con i favi di covata di uno degli alveari. Solamente l’arrivo delle reti elettrizzate dal vicino Trentino ha impedito ulteriori dannose incursioni. Poi, nella nostra zona preoccupa molto la scelta di alcuni comuni consorziati di raddoppiare l’inceneritore esistente, mentre dovrebbero promuovere una cultura di riduzione e riciclo dei rifiuti.
 
Che problemi pone la commercializzazione?
Al momento non ho ancora riscontrato problemi legati alla commercializzazione in quanto in zona c’è una maggiore cultura di consumo dei prodotti del nostro altipiano.
 
Pratica il nomadismo?
L’ho praticato in passato in Calabria e nel Cilento con esperienza su fioriture di erica, agrumi, eucalipto e corbezzolo; poi l’arrivo di mio figlio e l’amore nei suoi confronti mi ha riportata ad un’attività prevalentemente locale.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
Secondo me sì. E ne spiego la ragione. E’ fondamentale conoscere le piante, gli arbusti e i fiori dei prati che danno nettare e polline. E’ fondamentale per capire profondamente la biologia delle api e il loro comportamento. Ad aiutarmi in questo compito ci sono i bellissimi libri di Giancarlo Ricciardelli d’Albore e le numerose analisi melissopalinologiche effettuate sui mieli da me prodotti.
 
Che tipo di apicoltura pratica?
Tendenzialmente preferisco seguire il ritmo dinamico dell’alveare, accettando all’interno dell’apiario regine di diverse età, ma parimenti valide. Questo mi serve per poter selezionare una regina longeva, produttiva e mite.
 
Cosa direbbe agli Apicoltori che usano antibiotici?
I miei apiari sono posti in siti abbandonati dal mondo agricolo e gli alveari vanno dalle 18 alle 24 unità per sito. Per questa ragione non ho ancora dovuto affrontare il problema, ma qualora notassi delle anomalie alla covata non esiterei a rivolgermi alle istituzioni competenti.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
Dedico particolare attenzione alla prevenzione della sciamatura che risulta, anche quest’anno, una delle problematiche più sentite nel settore. Seguo la regola dello spazio proporzionale alla forza della famiglia: prima bilancio l’interno del nido di covata portando la famiglia a coprire otto favi; poi anticipo la posa dei melari prima che la famiglia raggiunga i dieci favi nel nido. La stessa cosa si attua con i melari: una volta che un melario è pieno di api e di miele lo pongo sull’alveare che non è ancora salito a melario e così via, fino alla fine della fioritura. Ciò non esenta l’apicoltore al controllo ed eliminazione delle celle che le api preparano, in vista dell’eventuale sciamatura.
 
Come lotta contro la varroa?
L’inverno scorso è stato particolarmente rigido. Le famiglie si sono sviluppate in ritardo, raggiungendo la fioritura principale con abbondanza di raccolto e con conseguente prolungato blocco di covata. Prevedo un’infestazione leggera di varroa e, a seconda della caduta di parassiti, mi adeguerò utilizzando come indicatore l’Ipereat. Nel frattempo sto preparando dei nuclei artificiali che andranno a far fronte alle eventuali perdite.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
Secondo me dovrebbe esserci più collaborazione e scambio d’idee fra le associazioni del settore, sia a livello locale che a livello nazionale. Purtroppo, ciò non avviene ancora e non riesco a spiegarmene il perché. Si deve considerare che in tal modo ci sarebbe maggior dialogo soprattutto per quanto concerne il problema più serio da risolvere che, a mio avviso, rimane il contenimento della varroasi. Per me la lotta all’acaro varroa non potrà mai essere condotta a livello individuale dal singolo apicoltore, ma solo a livello territoriale, usando nel medesimo periodo gli stessi acaricidi. Solo così, penso, potrebbe essere contenuto il fenomeno della reinfestazione che in modo perverso reintroduce negli alveari risanati la quasi totalità degli acari dagli alveari trascurati, in estinzione o che comunque vengono risanati in tempi successivi. Io cerco di difendermi da questa diffusa disorganizzazione eliminando covata maschile dagli alveari, in primavera, ed attuando dei blocchi di covata ove serve, a fine raccolto.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
Ho trovato molto bello il passaggio d’informazioni che l’apicoltore affermato attua verso le nuove leve. Saper trasmettere questo tipo di passione in modo contagioso è qualcosa di meraviglioso, quasi un’arte. Poi, al giorno d’oggi, è rilevante anche la velocità di informazioni e scambi grazie ai nuovi mezzi di comunicazione come il computer ed internet che però, durante il periodo di raccolta, rimangono spenti per forza di cose.
 
Cosa rappresentano per lei le api?
Il mio futuro.
 
Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
Durante una visita di una sessantina di allevatori ed utilizzatori di api regine Buckfast, arrivati con un grosso pullman da un Land tedesco, è stata sorprendente la facilità di comprensione tra colleghi, senza la conoscenza base delle rispettive lingue, quando l’argomento di discussione si spostava alla nostra comune passione. C’è stato un tradizionale scambio di regine seguito dalla donazione di un secchio con la dicitura “alimentazione per apicoltori” pieno di prodotti tipici tedeschi accompagnati però da un’ottima bottiglia di grappa di Bassano.
 
Aspettative future della sua attività?
Proseguire con la mia attività e soddisfare le esigenze dei colleghi che fanno uso dei miei servizi.
 
 
 • Le immagini di questa intervista (click per visualizzare)
Igaumo (Susan) Edogaiwerie
 
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