Speciale Apicoltori - n. 590, giugno 2009
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Marco Locicero
Le api nel DNA
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Marco
 cognome  Locicero
 età  30
 regione  Lazio
 provincia  LT
 comune  Aprilia
 nome azienda  Ape d'Oro - Bio
inizio attività  2000
arnie  150
 apicoltura  Nomade e Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Millefiori
Eucalipto
Acacia
Castagno
Girasole
 miele prodotto  70 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
L’apicoltura non è per me un mondo nuovo in quanto mio padre, e prima di lui mio nonno, la praticavano in modo professionale. Quello che per molti è un semplice hobby, per noi rappresenta il perfetto connubio tra passione e lavoro. E’, praticamente, innestata nel nostro DNA.
 
Per quali motivi ha scelto questa strada?
Per 3 anni ho affiancato mio padre nell’azienda di famiglia, acquisendo l’esperienza e la professionalità che mi hanno portato alla decisione di avviare un’attività personale. Ho iniziato con 80 famiglie, scegliendo di orientarmi verso la conduzione biologica, e ad oggi posso dire con grande soddisfazione che amo questa vita legata alle api e soprattutto all’ambiente.
 
Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape?
Significa entrare in simbiosi con loro e lavorare nei tempi e nei modi da loro dettati. Si crea una sintonia Ape-Uomo-Natura che permette, dopo anni di esperienza acquisita, di arrivare a capire lo stato di salute di una famiglia semplicemente ascoltando il rumore che questa produce quando si apre un arnia.
 
Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?
La mia azienda ha sede nell’Agro pontino ma sono costretto a spostare le api il più lontano possibile da queste terre già esasperate da pratiche agronomiche estenuanti e poco rispettose di un ambiente minacciato da continui utilizzi di pesticidi e diserbanti. Questo tipo di gestione comporta inevitabilmente un innalzamento dei costi di produzione che però, poi, non si riescono a recuperare sul prezzo di vendita finale.
 
Che problemi pone la commercializzazione?
Ad oggi non ho nessuna difficoltà a commercializzare i miei prodotti in quanto ho creato un mercato vivo, attento e in continua crescita. Potendo contare, in quantità e qualità, su una buona produzione sono riuscito ad inserirmi come fornitore in un prestigioso circuito biologico che serve diverse catene e punti vendita. Un ulteriore incremento l’ho ottenuto negli ultimi due anni creando, all’interno dei negozi bio, la “giornata di degustazione”, durante la quale la clientela ha modo di conoscere personalmente il produttore. In queste occasioni è possibile ammirare le api dal vivo, assaggiare mieli diversi e chiarire dubbi e curiosità. Per quello che mi riguarda i problemi veri si riscontrano solo nel tentativo di aumentare la produzione.
 
Pratica il nomadismo?
Pratico il nomadismo nel centro Italia: Umbria per la raccolta di miele di girasole e di melata; Abruzzo per il miele di acacia; Castelli romani per castagno e millefiori. Il mio territorio (l’Agro-pontino) mi garantisce un miele di eucalipto eccezionale per qualità e quantità. Negli ultimi anni la forsennata ricerca di postazioni sempre migliori ci ha gratificato portandoci dei riconoscimenti a livello nazionale.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
Sicuramente sì. Per avere ottime produzioni è necessario conoscere bene il territorio, e ancor di più le condizioni atmosferiche dei vari microclimi su scala nazionale: precipitazioni stagionali ed escursione termica sono le condizioni fondamentali che determinano la secrezione nettarifera.
 
Che tipo di apicoltura pratica?
Sono un Apicoltore a titolo principale, e la mia è un’azienda a carattere familiare: produco, confeziono e commercializzo all’ingrosso e al dettaglio. Ciò mi permette di realizzare la filiera completa e rendere un prodotto artigianale di qualità anche commercialmente competitivo.
 
Cosa direbbe agli Apicoltori che usano antibiotici?
Non mi sento di colpevolizzarli in quanto questa pratica è la conseguenza di una scarsa assistenza sanitaria e di un comparto veterinario poco preparato in materia di patologie apistiche. Invito i colleghi apicoltori a limitare, estremamente, l’utilizzo di antibiotici nell’interesse di tutti.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
L’esperienza acquisita negli ultimi anni mi ha portato a capire l’importanza di un monitoraggio costante delle famiglie come unico metodo per risolvere, a monte, qualsiasi problema sanitario e no. Portando le api a consumare in primavera tutto il miele di scorta si riesce a far ripartire le famiglie su materiale nuovo, assicurando loro meno problemi. Da qualche anno, oltretutto, ho acquistato uno stampo e preparo personalmente i miei fogli cerei, utilizzando solo ed esclusivamente la mia cera da opercolo. Producendo molti sciami ho la possibilità ogni anno di sostituire più della metà dei favi da nido con una cera sicura, priva di quelle tracce che anche una sterilizzazione accurata può lasciare.
 
Come lotta contro la varroa?
Oltre alle pratiche suggerite dalle associazioni nazionali, durante la formazione degli sciami artificiali tolgo dalle famiglie alcuni telaini di covata opercolata e alcuni con eccedenza di covata maschile, permettendo di alleggerire il carico di varroa sulle nuove famiglie.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
Trovo che uno dei problemi fondamentali dell’apicoltura moderna sia la scarsa unione degli apicoltori e delle loro associazioni. Ciò comporta un indebolimento estremo della forza dell’intero comparto con relativa scarsità di potere decisionale. Quindi, ogniqualvolta si cerca di alzare la voce per farsi sentire, si ottiene ben poco.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
Nel “mio” mondo apistico la fortuna più grande sta nell’avere un’azienda a carattere familiare che mi permette di fare un lavoro che amo con le persone che amo. Io mi occupo prevalentemente della produzione e di tutto ciò che riguarda più in generale le api, mentre mia moglie è addetta a smielatura, confezionamento e marketing. Posso aggiungere che più in generale l’apicoltura funziona grazie anche alle manifestazioni nazionali e internazionali, che offrono la possibilità di condividere con altri professionisti informazioni ed esperienze, ma ancor più amicizie!
 
Cosa rappresentano le Api per lei?
In questo momento rappresentano un funesto termometro ambientale che ogni istante della giornata mi fa riflettere sul male che l’uomo è capace di fare alla natura.
 
Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
Il primo anno da professionista, con mio padre, durante uno spostamento in montagna per il castagno una ventata mi ha fatto toccare la maschera sul naso e lì c’era pronta un’ape già in retromarcia che non si è lasciata sfuggire l’occasione regalando al mio “nasino” un bel pizzico. A parte il dolore, gli occhi lacrimanti e i continui starnuti, la mattina seguente sembravo la rievocazione di Rocky Balboa dopo l’ultimo incontro di pugilato. Ho iniziato a riaprire gli occhi dopo circa due giorni di cortisone e pomate. Ma se dopo quella volta non ho “mollato”, penso che sarà dura farmi cambiare idea sul mondo apistico.
 
Aspettative future dell’attivita?
In generale mi auguro che il futuro ci offra una maggiore collaborazione con le istituzioni per fare sì che almeno si tenti una strada per ovviare a questa continua ed infinita morie di api. Nel nostro futuro c’è un progetto grande e ambizioso: creare un OASI ECOLOGICA nel nostro territorio. Abbiamo finalmente iniziato la costruzione del nuovo laboratorio di smielatura: una struttura di 450mq adibita alla lavorazione e trasformazione del miele e di tutti gli altri prodotti dell’alveare, con annesso il punto vendita (all’ingrosso e al dettaglio) dei nostri prodotti. Il progetto prevede l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili come pannelli fotovoltaici e un impianto eolico per la produzione di energia elettrica, e un impianto termico solare per la produzione di acqua calda. Il tutto sta sorgendo su una proprietà di 3 ettari avviata alla conversione biologica nel 2007: diventerà effettiva e produttiva nel 2010. Un ettaro è dedicato alla semina di grano e cereali, per la produzione di farine integrali. Il secondo ettaro è stato dedicato al frutteto impiantato nel 2007, e che già da questa primavera ci darà la possibilità di assaggiare i primi frutti; e all’orto, che consentirà di assaporare le verdure di stagione prodotte con sementi biologici certificati. Il terzo ettaro è dedicato alla struttura produttiva, che ci auguriamo diventi un punto di riferimento per apicoltori professionisti e hobbisti.
 
 
 • Le immagini di questa intervista (click per visualizzare)
Marco Locicero
 
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