Speciale Apicoltori - n. 584, dicembre 2008
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Eustachio e Gerardo De Simone
Giovani e apicoltura? Si può!
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Eustachio e Gerardo
 cognome  De Simone
 età  31
 regione  Campania
 provincia  NA
 comune  Monte di Procida
 nome azienda  La Regina
inizio attività  1997
arnie  800
 apicoltura  Nomade e Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Castagno
Sulla
Eucalipto
Agrumi
Millefiori
 miele prodotto  400 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
Seguendo attentamente il lavoro che faceva nostro nonno Eustachio che era un apicoltore di esperienza apprezzato non solo in Campania ma in tutta Italia. Poi quello di nostro padre. In pratica, già da piccoli ci districavamo bene tra le file di apiari. Così, dopo gli studi abbiamo cominciato a farlo in maniera intensiva e professionale.
 
Per quali motivi ha scelto questa strada?
Siamo sempre stati attratti dalle api, dalla loro organizzazione, dal loro lavoro, da quello che riescono a fare. Credete è un incanto che lascia a bocca aperta osservarle nei loro voli. Come abbiamo già detto, siamo stati sempre in mezzo alle api e siamo cresciuti con l’intenzione di fare gli apicoltori appena avremmo potuto. Quindi, terminati gli studi non ci abbiamo pensato due volte di fare delle api la nostra vita. Del resto una buona esperienza ce l’avevamo già, avevamo fatto per molti anni gli apprendisti con mio padre. Per non farla troppo lunga, è stato semplice cominciare, grande parte del lavoro lo conoscevamo bene, gli alveari erano sistemati bene e così abbiamo cominciato a gestire l’azienda.
 
Voi siete giovani, ritenete che intraprendere questo mestiere potrebbe essere un’ottima opportunità per i vostri coetanei?
Crediamo proprio di sì, anche se i giovani oggi sono, per quello che vediamo, un po’ scoraggiati dalla paura di lavorare con le api: un po’ per le punture e un po’ per il lavoro fisico. In realtà, è un lavoro impegnativo e molti sono frenati dall’andare avanti. Eppure è una scommessa che può assicurare non pochi vantaggi. Ci sono molti amici che hanno cominciato a seguirci nel lavoro, poi quando cominciavano a vedere gli orari che si facevano e la mole di lavoro elevata hanno lasciato perdere. A tutti diciamo, non spaventatevi e andate avanti, fatevi prendere dalla passione che si sprigiona lavorando con le api. Eppoi, al di là di tutto è assai più faticoso lavorare in fabbrica.
 
Cosa significa avere una passione per l’ape?
Bisognerebbe avere prima di tutto una passione per l’ambiente, per la natura e per tutto quello che ci circonda. Il motivo? Le api si muovono in sintonia con tutta la natura. Dunque, avere una passione per l’ape vuol dire conoscere la natura: fare apicoltura significa avere anche nozioni sulle fioriture, sui cambiamenti climatici e tanti altri fattori che costituiscono il bagaglio culturale dell’apicoltore.
 
Quindi vi siete è avvicinati alle api perché vi piacevano?
Certo, già da piccoli, leggevamo libri sulle api, vedevamo i cartoni animati che avevano per progoniste le api. Scusate ma è d’obbligo la ripetizione, è proprio la vita dell’ape che ci ha sempre attratti. Da piccoli facevamo degli esperimenti. Mettevamo un piccolo sciame dentro una cassetta e ci stupivamo nel vedere come dopo qualche settimana questa fosse piena di api con tutte le cellette costruite e piene di miele. Questo è un aspetto, per quanto possa sembrare piccolo, che ci ha sempre attratti.
 
Quali sono le difficoltà maggiori oggi in apicoltura?
Ce ne sono diverse. Nello specifico la difficoltà più grande è produrre miele. Con la grande moria di api che si sta verificando, soprattutto qui in Campania, dove l’inquinamento ambientale e le discariche creano, anche loro, notevoli effetti negativi. Poi ci sono le altre difficoltà connesse direttamente al settore e che riguardano tutte le medie e grandi aziende. Un altro problema, non da poco, arriva dall’ostinata caparbietà che mettono gli apicoltori nel nascondere il loro mestiere e così a un ragazzo che vuole imparare gli si presentano, ovviamente, mille difficoltà, specialmente a livello pratico, tipo la conduzione di un alveare, e difficilmente trova aiuto e sostegno dalle Associazioni di riferimento o dagli apicoltori.
 
In questa zona si fa assistenza tecnica agli apicoltori?
Assolutamente no. Non c’è nessuna istituzione capace di garantire il servizio. Le ASL vengono a farci i controlli e basta; ci chiamano solo quando devono recuperare uno sciame in zona. Il servizio lo abbiamo anche chiesto, non tanto per noi, visto il nostro carico di esperienza che è passato di generazione in generazione, ma soprattutto per i giovani che si sono avvicinati al settore. Le istituzioni dovrebbero capire che si tratta di dare una opportunità maggiore di lavoro ai giovani come noi.
 
Che cosa consente all’apicoltore di essere tranquillo dal punto di vista commerciale?
Una buona rete di vendita e soprattutto di sviluppare il più possibile il mercato corto che offre non pochi vantaggi. Si evitano così molti passaggi commerciali che consentono di avere un maggior ricavo in termini economici. Noi per problemi di gestione dei tempi non abbiamo un negozio di vendita al minuto del miele, quindi lo forniamo tutto ai negozi presenti nella zona.
 
Che problemi pone la commercializzazione?
Per quanto riguarda l’azienda non molti. Diciamo che il consumo di miele maggiore nella nostra zona c’è nel periodo invernale, specialmente a Natale, periodo in cui il dolce nettare è molto usato per i dolci, ad esempio gli struffoli. E’ altre­tanto vero che in Campania non c’è una grande cultura del miele, proprio come tradizione, e questo è un altro grande lavoro che andrebbe fatto sul territorio. Io e mio fratello lavoriamo per centrare questo obiettivo ambizioso.
 
Praticate apicoltura nomade e se sì in che cosa si differenzia l’attività?
Ovviamente, ci organizziamo per fare nomadismo, scegliendo una zona particolare, e contattando gli agricoltori e le aziende che hanno ad esempio agrumeti, per sapere quali prodotti usano. Ciò per assicurarci che non ci siano pesticidi o veleni, di riflesso scegliamo sempre fioriture trattate con sistemi biologici. Facciamo nomadismo maggiormente nel sud Italia, per ovvie ragioni vista la nostra collocazione geografica. Del resto è un periodo in cui si parla tanto di alimenti a Km 0, prodotti cioè nella propria regione per non sprecare carburante, intasare le strade e inquinare l’ambiente. La pratica del nomadismo, ovviamente, comporta dei problemi e uno di quelli maggiori che abbiamo è il furto di arnie che si verifica costantemente nelle zone dove andiamo per la prima volta. Insomma, dove non ci conosce nessuno il furto è sempre in agguato. Vi chiederete quali possano essere le contromisure. Beh, cerchiamo di scegliere sempre aziende piccole o piccole. Un altro grande problema del nomadismo è quello di non riuscire a conoscere tutti i trattamenti che sono praticati nell’area e che per forza interesseranno le fioriture vicine a quella dove si portano le api. Ciò comporta sicuramente api che muoiono e si può arrivare anche alla presenza di residui nel miele, senza che l’apicoltura abbia fatto niente di negativo. Ma se si riescono a portare sempre le api in zone che si conoscono bene certamente questi svantaggi non si presenteranno. Proprio per questo abbiamo instaurato, nel corso degli anni, una forte amicizia con le aziende agricole che ci hanno sempre ospitato. Ora abbiamo addirittura i nostri alveari stanziali nelle loro aziende, ovviamente ciò comporta degli spostamenti più frequenti durante l’anno.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
Non è fondamentale, ma è meglio che lo sia perché bisogna conoscere tutte le fioriture, per portare le api sui fiori nei periodi giusti. Non si perde tempo ed è più facile assicurarsi un buon raccolto.
 
Che tipo di Apicoltura conduce?
Tradizionale, che per noi vuol dire allevare le api secondo l’esperienza tramandata dalla famiglia. Non crediamo molto nel biologico, perché secondo noi di prodotti di sintesi in agricoltura ne vengono usati parecchi e allora produrre del miele biologico diventa un po’ difficile.
 
Cosa direbbe agli Apicoltori che usano antibiotici?
Che non dovrebbero usarli. Questa pratica è una cosa che va contro la qualità del miele e ne potrebbe danneggiare vistosamente l’immagine.
 
Ricorrete a particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
Noi siamo molto attenti alla pulizia dell’alveare, arriviamo addirittura a togliere i telaini dall’arnia per arrivare a pulire bene il fondo e le pareti della cassetta. L’intento è di far stare l’ape sempre in un ambiente confortante. Quando inverniamo le famiglie togliamo i telaini dall’arnia e smontiamo il fondo, se è mobile, e le puliamo completamente. Nettiamo anche tutti i bordi dei telaini: questo è un lavoro molto meticoloso, che però ci ha dato sempre degli ottimi risultati.
 
E la lotta contro la varroa?
Ovviamente al primo posto c’è sempre la tecnica della pulizia che limita in particolare la diffusione della peste americana. Un apicoltore che si rispetti sa che buone prassi igieniche sono indispensabili per mantenere in perfetta forma le api. Poi ci avvaliamo di prodotti classici come Apiguard o ApilifeVar e cerchiamo di fare i trattamenti soltanto quando c’è stretto bisogno, decisamente no quando vediamo che la famiglia sta bene ed è quindi in salute.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
Non c’è cooperazione e difettano gli scambi tecnici tra gli apicoltori che, invece, sono fondamentali. Poi, non è valorizzato tanto il lavoro dell’apicoltore, e ciò credo che dovrebbero farlo le istituzioni. In verità, che cosa fa veramente l’apicoltore, a parte pochi intimi, non lo sa nessuno e dunque la cosa andrebbe divulgata al grande pubblico.
 
Cosa funziona in apicoltura?
Sicuramente l’ape, la natura e anche la passione degli apicoltori. Senza tutto ciò non si andrebbe avanti. E’ però l’ape che funziona sempre al meglio. La prova? Noi, ad esempio, abbiamo degli sciami che da anni si sono infilati nelle pareti di casa e che non siamo mai riusciti a prendere.
 
Quindi, in assoluta controtendenza, affermate che meno si interviene in apiario e più si rinforzano le famiglie?
Si devono attuare pochi interventi, a patto che siano mirati e fatti bene.
 
Che mortalità state registrando?
Negli anni passati è andata bene, mentre ultimamente abbiamo notato che le api lavorano un po’ di meno, sono più lente, ma una grossa mortalità non c’è mai stata.
 
Un episodio particolare legato alla sua attività?
Una volta ci fermarono i Carabinieri, avevamo un furgone carico di api e stavamo facendo uno spostamento. E veniamo ai fatti. Capitò che uscirono un po’ di api all’interno del furgone, e a chi ci aveva fermato dichiarammo ciò che stavamo trasportando. Uno dei Carabinieri non soddisfatto della risposta ci disse che dovevamo aprire il mezzo comunque. Cercammo di spiegare che non potevamo farlo perché altrimenti sarebbe successo un quarantotto. Insistettero che dovevamo aprire per forza, quindi lo facemmo e gli bastò un occhiata per gridare: «chiudete, chiudete!». A questo punto notammo che uno dei militari presenti, in borghese, sorrise dell’accaduto, un po’ grottesco a dire il vero. Dopo 3 giorni ce lo trovammo davanti casa: era un ufficiale appassionato di apicoltura. Per diversi anni è venuto in azienda a dilettarsi con le api, fornendo un notevole apporto lavorativo. Ora è un ufficiale di alto grado.
 
 
 • Le immagini di questa intervista (click per visualizzare)
Gerardo (a sinistra) ed Eustachio De Simone
Eustachio De Simone
Gerardo De Simone
 
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