Speciale Apicoltori - n. 554, marzo 2006
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Enrico Gualdani
Alla scoperta del mondo delle Api
di Massimo Ilari & Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Enrico
 cognome  Gualdani
 età  41
 regione  Toscana
 provincia  AR
 comune  Arezzo
 nome azienda  Apicoltura Gualdani Ivo di Enrico Gualdani
inizio attività  1986
arnie  1000
 apicoltura  Nomade e Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Acacia
Girasole
Castagno
Sulla
Eucalipto
Tiglio
Corbezzolo
 miele prodotto  400 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
Rappresento la terza generazione di una famiglia che ha vissuto e vive esclusivamente del reddito ricavato dall’Apicoltura. Come, simpaticamente, afferma un collega, sono praticamente nato dentro ad un alveare. Dedicarsi a questa attività è stato naturale, anche perché già da piccolo, nonostante una preoccupante e pericolosa allergia alle punture delle api, che fortunatamente con il tempo è scomparsa, vivevo come avventure piacevoli i viaggi fatti nei camion per il nomadismo e la smielatura, quando babbo Ivo (deceduto nel 1994) e lo zio Mario, allora titolari di un’unica azienda, mi permettevano di andare con loro in giro per l’Italia.
 
Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape?
Per la verità da piccolo era la passione per i viaggi ed i camion che mi tenevano vicino al mondo delle Api, ma quando serviva una mano in laboratorio, come tutti i ragazzi, preferivo andarmene a giocare al calcio e in quei momenti odiavo quel lavoro. Dopo il diploma, c’è stato l’ingresso a pieno titolo nel mondo del lavoro, periodo peraltro coinciso con la divisione dell’azienda di famiglia in due aziende, una gestita da mio padre e l’altra dallo zio, e mi sono dedicato completamente all’Apicoltura in quanto fonte di reddito, come poteva esserlo una qualsiasi altra attività. Trascorsi alcuni anni ho deciso di intraprendere la strada dell’allevamento delle Api Regine, una delle poche cose che in azienda non praticavamo. Lo studio approfondito sulla vita delle api, fatto per raggiungere quello scopo, mi ha aperto gli occhi su un mondo che fino ad allora non avevo visto ed apprezzato. E’ durante quella fase che è nata in me quella che voi chiamate passione ed io chiamo “la malattia delle Api”. Ed è comunque questa “malattia” o passione la sola cosa che permette di effettuare un lavoro così duro e impegnativo quale è quello dell’Apicoltore.
 
Pratica il nomadismo?
Lo pratico da sempre, vuoi un po’ per quello spirito di avventura che anima ogni Apicoltore, vuoi soprattutto per avere produzioni annuali quantitativamente accettabili e diversificate che consentano di soddisfare al meglio le variegate richieste del mercato. A mio modo di vedere un’azienda che vive di sola Apicoltura non può rinunciare al nomadismo, anche se i problemi legati a tale pratica sono molteplici: • investimenti importanti nell’acquisto dei mezzi senza poter accedere al minimo contributo significativo, nonostante i regolamenti comunitari incentivino l’acquisto di arnie e materiale da nomadismo; • nessun aiuto o sconto, tipo quelli di cui godono gli autotrasportatori, o quelli di cui usufruiscono le aziende agricole, per l’acquisto di gasolio per lo svolgimento della loro attività; • necessità di avere regole semplici, snelle ed applicabili che favoriscano e non penalizzino le aziende che effettuano nomadismo. Regole che dovrebbero essere uguali sull’intero territorio nazionale. Un esempio. Dal punto di vista sanitario, un modesto suggerimento sul quale lavorare potrebbe essere quello di dotare ogni azienda di un certificato aziendale, rilasciato anche da esperti apistici delle varie associazioni, che formati dalle ASL di competenza territoriale, a campione, visitano alcuni apiari dell’azienda che ne fa richiesta e rilasciano alla stessa un certificato sanitario aziendale con validità annuale.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
La parola esperto forse è esagerata, anche se oggi sembra la figura di cui non possiamo fare a meno, sicuramente l’apicoltore deve ben conoscere nei loro tempi e modi le varie fioriture dalle quali intende ricavare un buon raccolto, anche se lo stesso è influenzato da tantissimi altri fattori che spesso hanno poco a che fare con la semplice conoscenza della pianta o fioritura in questione
 
Che tipo di Apicoltura conduce?
Come abbiamo detto pratichiamo un’Apicoltura nomade, ma abbiamo anche tanti alveari stanziali. La nostra è un’Apicoltura “convenzionale” effettuata nel massimo rispetto della natura, seguendo delle regole semplici e fondamentali per la produzione di un buono e salutare prodotto quale deve essere il miele e tutti i prodotti dell’alveare. Rispettiamo e stimiamo tutti quelli che seriamente conducono le api secondo il metodo biologico, ma vorremmo che al consumatore oltre a chiedere qualche euro in più, gli fosse spiegato seriamente la differenza fra il Miele Biologico e il Miele Convenzionale. Non credo che per avere un buon prodotto dobbiamo necessariamente sposare la causa del biologico o di qualsiasi altra sigla, tanto di moda in questo periodo.
 
Cosa direbbe agli Apicoltori che usano antibiotici?
Non devo certo essere io a dire qualcosa agli Apicoltori che usano antibiotici. E sì, perché lo avrebbe dovuto fare, in tempi passati e non sospetti, qualcuno che aveva molta più visibilità di quanta ne date a me in queste righe, senza la paura di esporsi e con la forza di sapere che lottava per una buona causa a favore di tutto il settore. Io posso solo consigliare di smetterla, ricordando che eventuali residui ritrovati nel miele fanno scattare denunce penali e multe salatissime. Inoltre, tale pratica serve solo ad inibire la malattia rendendola invisibile quindi molto più pericolosa nel contagio delle spore. Senza dimenticare la pessima pubblicità negativa che va a danno dell’intero settore.
 
E i trattamenti per la peste americana e la peste europea?
Secondo il mio modesto parere non ci sono trattamenti veramente efficaci per debellare queste malattie. L’unica soluzione in caso si manifestino è il fuoco. In ogni caso, può essere molto utile una conduzione pulita degli alveari, per contenerle. Per conduzione pulita intendo l’esecuzione di almeno una visita primaverile per il controllo totale di tutti i telaini dell’alveare con sostituzione sistematica di almeno tre l’anno per un buon ricambio della cera e del materiale potenzialmente carico di spore. Il segreto sta nell’avere alveari popolosi e forti, il che significa un ricambio adeguato delle regine. Infine rinnovare o sanificare le arnie il più spesso possibile.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
La tecnica migliore è quella con la quale ognuno di noi si trova bene. Per quanto mi riguarda, in azienda durante il nomadismo, per il carico e lo scarico degli alveari, ci siamo attrezzati con un piccolo muletto cingolato che all’occorrenza utilizziamo anche per il trasporto dei melari durante la smielatura. Smielatura che effettuiamo, avendo melari per arnia tipo marchigiana, con l’ausilio degli apiscampo e ripulitura finale, dove necessario, con soffiatore. A questo punto tutti i melari sono caricati e pallettizzati già nei camion destinazione magazzino, dove tutta la movimentazione avviene con muletti elettrici.
 
Come lotta contro la varroa?
Pur gestendo un’azienda “Convenzionale” cerco di utilizzare il più possibile prodotti che non lasciano residui. Ormai sono circa dodici anni che faccio uso di acido formico nel trattamento di fine stagione, direi con risultati più che soddisfacenti, integrandolo con ripetuti trattamenti di acido ossalico, soprattutto quando la covata è assente o ridotta al minimo. Ritengo in ogni modo che non vanno messi al bando quei prodotti chimici, regolarmente registrati, che impiegati nella giusta maniera non inquinano le produzioni e possono essere molto utili nelle annate in cui l’infestazione di varroe è superiore alla “normalità” o ancora in tutti quei casi di reinfestazione da far risalire, nella maggior parte dei casi, a quei detentori di api (scusate ma non riesco a chiamarli Apicoltori) che praticano trattamenti tardivi o addirittura non li effettuano assolutamente. Notate bene: sarebbe stato assolutamente necessario un coordinamento nazionale o quantomeno regionale serio per il trattamento della varroa.
 
Cosa pensa dell’effetto sciamatura?
Con un’attenta selezione nell’allevamento delle regine e con i nostri metodi di conduzione si cerca da sempre di limitare al massimo un fenomeno che consideriamo, credo a ragione, dispersivo di energie e di potenzialità apistica.
 
Problemi nella commercializzazione?
Confezioniamo tutto ciò che produciamo, siamo quindi interessati a tutti i mercati e ovunque si apra una possibilità di vendita, senza svendere. Fortunatamente per noi, fino ad oggi la particolare cura nella produzione e le nostre tecniche di lavorazione ci hanno permesso di ottenere un prodotto di buona qualità che si è conquistato da solo i suoi spazi in nicchie particolari di mercato, sia in Italia che all’estero. Non va in ogni caso negato che il problema commercializzazione in apicoltura si colloca ai primi posti. Di certo la grande distribuzione, che sta dettando legge in Italia, non tende la mano a piccoli o medi produttori/confezionatori eppure queste figure garantiscono un miele nazionale prodotto seguendo tutte le regole di sicurezza ed igiene alimentare, dettate dell’Unione Europea, anzi preferisce avere contatti con i grandi gruppi industriali che importano, lavorano e confezionano miele, spesso di dubbia provenienza e prodotto in condizioni igienico/sanitarie alquanto incerte.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
Credo che in tutti gli argomenti fino ad ora trattati ne siano già emerse tante di cose che non funzionano. Non nascondo che l’elenco potrebbe allungarsi a dismisura, anche perché l’imprenditoria apistica di casa nostra è costituita, troppo spesso, di piccole se non piccolissime aziende. Rispetto a tanti altri settori è indietro anni luce grazie anche ai suoi protagonisti principali che sono gli Apicoltori, la maggior parte dei quali preferisce vivere nel sommerso togliendo numeri e forza al settore nel suo complesso. Un’altra nota dolente è la mancanza di un forte organismo incaricato di rappresentarli e differenziarli nel loro modo di essere Apicoltori. Mi auguro che per il futuro si riesca, tutti insieme, a dare forza ad una struttura che possa recuperare il tempo perduto per il bene dell’Apicoltura e per chi di apicoltura deve vivere.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
L’unica cosa che funziona bene è l’Ape che, nell’insieme dell’Alveare, ci mette a disposizione una macchina perfetta che purtroppo troppo spesso non siamo in grado di guidare al meglio.
 
Cosa rappresentano le Api per lei?
Mi piacerebbe ricamarci sopra tutta quella poesia che ispira molti e che le stesse meritano, ma devo gestire un’azienda e non posso perdere di vista i problemi ed i bilanci, non nascondo che ormai sono parte integrante della nostra vita, ma sono anche l’unica fonte di reddito che consente alla mia famiglia di vivere dignitosamente. A tal proposito vorrei chiedere consigli utili a tutti quei “colleghi” che sparano addosso ai nomadisti additandoli come sfruttatori e portatori di malattie, e che nonostante le produzioni ed i prezzi attuali vivono con 50/60 alveari, sostenendo di fare imprenditoria apistica e trarre dei redditi che permettano una vita dignitosa. Il mio sfogo non è animato da una vena polemica fine a se stessa, e non è un attacco a quelle piccole realtà di cui il mondo apistico italiano è costituito, vorrei semplicemente che queste realtà capissero che ci sono aziende che, per dimensione, hanno esigenze e problemi diversi dai loro. Si tratta di soggetti che vivono esclusivamente di apicoltura, sono professionisti seri e proprio per questo vogliono solo il bene del settore. Le pecore nere sono ovunque, cerchiamo di trovarle e convincerle a comportarsi correttamente per il bene di tutto il comparto, senza dimenticare che uno sbaglio in buona fede può essere fatto da chiunque. Se poi qualcuno persevera dobbiamo armarci, finalmente, di coraggio e denunciare, magari con l’aiuto delle associazioni, tutti quegli episodi di cui si è parlato più volte in queste pagine, vedi l’abbandono degli alveari in certe zone dell’Italia da parte di alcuni Apicoltori nomadisti che sicuramente non fanno il bene dell’Apicoltura ma che non possono essere presi neppure come pretesto per cercare di impedire a tanti altri di lavorare. Quando le fioriture e le condizioni sono favorevoli, ce n’è per tutti.
 
Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
Di episodi particolari legati all’attività di Apicoltore ce ne sono moltissimi, a partire dalle avventure e disavventure vissute nelle nottate trascorse in giro per le campagne o in mezzo ai boschi a contatto con la natura spesso impietosa che mette a dura prova sia noi che i nostri mezzi. Provo a fare qualche esempio. Come dimenticare il momento emozionante vissuto all’inizio dell’attività di allevamento delle regine, quando ho visto fecondata la mia prima regina e nottate tipo quella di un ultimo dell’anno trascorso in un hotel sull’altopiano di Asiago ad intrattenere la quasi totalità degli ospiti improvvisando una vera e propria lezione di apicoltura, tanto era la curiosità per il mondo apistico. Ma a dimostrazione dell’amore e del rispetto che la mia famiglia nutre nei confronti delle api vorrei raccontarvi un episodio accaduto all’ormai scomparso Nonno Natalino, capostipite della nostra apicoltura che alla veneranda età di 88 anni durante una notte di piena estate, dopo aver trascorso la giornata in mezzo alle sue api, se ne è ritrovata una nel letto. Amorevolmente l’ha raccolta nel pugno, si è vestito ed è sceso in giardino dove stazionavano alcuni alveari per depositare sul predellino di uno la sventurata. Un unico neo: con suo grande dispiacere al momento dell’apertura del pugno l’ape non c’era più.
 
Aspettative future della sua attività?
Per quanto riguarda la mia attività, spero di riuscire ad incrementare, passo dopo passo, l’azienda. Le aspettative future più importanti, però, riguardano soprattutto il mondo apistico che spero cambi profondamente riuscendo a far emergere il sommerso, dando forza al settore che ha tanto bisogno di essere aiutato, nella ricerca, nella difesa del prodotto, nelle produzioni, nella commercializzazione, negli aiuti finanziari, insomma ha bisogno di aiuti sull’intera filiera. A mio avviso gli strumenti per attuare ciò potrebbero già essere presenti, cerchiamo di unire le nostre forze per farli funzionare bene. Per concludere, in vista dell’inizio della stagione 2006, auguro buon lavoro a tutti.
 
 
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