Speciale Apicoltori - n. 569, luglio-agosto 2007
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Danilo Rosati
Alla scoperta del professionismo apistico
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Danilo
 cognome  Rosati
 età  52
 regione  Umbria
 provincia  PG
 comune  Marsciano
 nome azienda  Apicoltura Orazi
inizio attività  1970
arnie  2500
 apicoltura  Nomade e Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Acacia
Castagno
Eucalipto
Sulla
 miele prodotto  750 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
Soprattutto per passione. La vita delle api mi affascinava fin da bambino, poi piano piano questa passione è diventata un lavoro. Di questa scelta fondamentale per la mia vita devo ringraziare Luciano Orazi che mi ha dato l’opportunità di imparare cosa è veramente l’apicoltura
 
Cosa vuol dire avere una passione per l'ape?
Ho iniziato come dipendente di Orazi, poi ho cominciato a crearmi una mia piccola azienda che in seguito ho associato a quella di Orazi, così è nata la società Apicoltura Orazi.
 
Vuole ricordare chi era Luciano Orazi?
Luciano per me era una figura eccezionale, sicuramente sotto ogni punto di vista, specialmente quello umano. Era una persona di cui potevi fidarti sempre, era pronto ogni momento a darti degli ottimi consigli. Sotto il profilo professionale per me è stato un maestro senza uguali. Mi ha insegnato a fare l’apicoltore in modo perfetto, con questo non voglio dire che io sono perfetto, ma per quello che erano le mie aspirazioni e le mie ambizioni lui è stato una figura di cui potrò mai dimenticarmi. Con la sua modestia, con la sua tenacia, con la sua passione è stato un grandissimo esperto di apicoltura. In più era estremamente aperto verso gli apicoltori, nostri colleghi. Luciano si è sempre rapportato e confrontato con altre realtà apistiche di grande spessore in Italia come Piana e Porrini, erano sicuramente l’avanguardia dell’apicoltura nazionale. Non a caso, negli anni ‘70 quando l’apicoltura di casa nostra aveva preso vigore erano loro le figure di riferimento per gli apicoltori.
 
Cosa significa avere una passione per l’ape?
Credo che è proprio la vita delle api che appassiona. E’ ammirevole la loro laboriosità, la loro precisione. Io vengo soprattutto dall’agricoltura, mio padre era un’agricoltore e quando ero piccolo tutti gli agricoltori avevano le api, così già da bambino ero molto incuriosito e affascinato dalle api. Questo mi ha dato la forza per approfondire sempre di più l’argomento, ovviamente in seguito ho seguito dei corsi anche come assaggiatore di miele.
 
Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?
Sono moltissime, ormai l’ambiente intorno a noi non è più “sano”, per il grande uso e abuso di sostanze come gli antiparassitari o gli anticrittogamici. Forse faccio retorica a parlarne, ma le cose stanno proprio così ed è drammatico. Poi c’è il problema OGM (Organismi Geneticamente Modificati) che ci sta distruggendo. Il bel risultato è che trovare fonti nettarifere sembra sempre più difficile. I pascoli stanno scomparendo, qui nella valle del Tevere avevamo, ad esempio, una grande risorsa che era il girasole finché non è stato deciso di creare dei semi che non danno più nettare. Non so se siano semi geneticamente modificati o ibridi, so soltanto che non riesco più a fare miele di girasole e per me è stata una grossa mazzata a livello economico.
 
Ci sembra di capire che agricoltura e apicoltura viaggino di pari passo, e che tra loro ci sia una stretta interdipendenza.
Certamente, l’apicoltura è un settore dell’agricoltura. Se da parte del mondo agricolo ci fosse maggiore attenzione sugli effetti negativi che le molecole chimiche che si utilizzano hanno sulle api ci sarebbero tanti vantaggi. Troppi pesticidi rischiano, insieme ad altri fattori, di causare l’ecatombe delle api. E c’è dell’altro. Se gli agricoltori impiantassero piante che danno fioriture o erbe adatte anche per la raccolta del nettare allora per noi apicoltori andrebbe benissimo. Ma se si continua sulla strada che l’agricoltura ha imboccato per noi diventa sempre più difficile.
 
Dunque l’agricoltura di oggi dovrebbe cambiare?
Milioni di volte sì. Forse è un discorso un po’ egoistico ma il cambio di rotta dovrebbe essere radicale. Non è più il tempo di inutili cincischiamenti. E dico di più, non solo l’agricoltura ma anche le istituzioni dovrebbero cambiare, un po’, vedute. Tanto per dirne una, è stato deciso per il Parco Fluviale del Tevere di salvaguardare i pioppi, a danno dell’acacia. Tutto bene, ma per noi apicoltori i pioppi sono inutili, mentre l’acacia ci porta raccolto. In parole povere, nella nostra zona manca una cultura delle piante mellifere, c’è poco interesse per l’impollinazione e sono pochissime le aziende agricole che conoscono la sua importanza. Per fortuna quelle poche aziende presenti in zona ci cercano. Ad esempio, una azienda mi ha cercato perché volevano delle api per l’impollinazione della lupinella, e grazie a questo abbiamo trovato vantaggio noi per il maggiore raccolto e loro per il servizio d’impollinazione fatto dalle api. Il dialogo e lo scambio tra i settori dell’agricoltura è fondamentale: la strada giusta sta nel cercare sempre dei vantaggi reciproci per tutti. Ciò noi apicoltori lo sappiamo bene: noi andiamo nelle aziende agricole anche per l’impollinazione del kiwi che non ci dà sicuramente nettare e non riusciamo a fare miele, ma sicuramente facciamo un servizio alla natura con l’impollinazione. Poi, di solito, qui da noi chi ha il kiwi pianta anche qualche ettaro di trifoglio rosso che fiorisce insieme al kiwi ed allora riusciamo a fare anche il nostro miele.
 
Problemi nella commercializzazione?
La nostra azienda conferisce tutto ai grossisti che poi lo confezionano. Non siamo attrezzati per la commercializzazione di miele direttamente al consumatore, il cosiddetto mercato corto, a parte qualche piccolissima quantità che ci richiede il nostro piccolo mercato, ma è insignificante per la produzione che facciamo. Secondo me se uno punta tutto sulla produzione non riesce a fare anche la parte della commercializzazione diretta, o sei una azienda grandissima che riesci a coprire tutti i settori oppure è meglio rinunciarci. Questo significa ovviamente accontentarsi del prezzo che vige nel grande mercato, mentre nel piccolo mercato puoi anche trattare il prezzo con il tuo cliente diretto. Nel grande mercato il prezzo è quello e non si riesce a fare granché per alzarlo. Quest’anno i prezzi sono paurosi, tanto sono bassi. Negli ultimi due anni si è dimezzato il prezzo del miele, oggi il miele all’ingrosso sta intorno ad 1,70 - 1,80 euro al chilo, secondo la qualità, il colore, ecc. Ovviamente parlo del miele millefiori, mentre l’acacia spunta un pochino di più e supera i 2,00 euro.
 
Quale dovrebbe essere il prezzo del miele, secondo lei?
Basti pensare che nel 2004 l’acacia costava 5,00 euro al chilo, dai 4,50 euro ai 5,00 euro secondo la tonalità del colore.
 
L’apicoltore riesce a sopravvivere con questi prezzi?
Bisogna fare molti più sacrifici, si deve cercare di produrre il più possibile per cercare perlomeno di pareggiare il bilancio di fine anno.
 
L’eccesso di produzione crea problemi di qualità e di mercato?
Assolutamente no: la produzione italiana è molto al di sotto del consumo. Un problema è l’importazione da paesi terzi, che è basata su prezzi bassissimi. Ciò si deve alle enormi differenze di produzione che ci sono tra noi e loro, basti pensare al costo di un operaio che in Italia è dieci volte superiore rispetto ad uno dell’est. Di più, occorre mettere nel conto tutti i contributi, per carità sono sacrosanti, che dobbiamo pagare per la prestazione d’opera di ogni lavoratore.
 
Se continua cosi l’apicoltura italiana rischia di chiudere?
Spero di no, ma sicuramente si dibatte in grosse difficoltà: è indiscussione la sua sopravvivenza. Io guardo la mia azienda, è una azienda media, e vedo che negli ultimi due anni abbiamo avuto delle grandi difficoltà economiche per sopravvivere, anche perché i prezzi dei materiali apistici e dei prodotti che andiamo ad acquistare sono aumentati a dismisura. Prezzo del miele più che dimezzato: si può andare avanti così? Le Istituzioni dovrebbero pensare al problema. E veniamo alla presa in giro del gasolio agricolo, sul quale vorrei aprire una parentesi. Ho letto che qualcuno assicurava di aver raggiunto un importante obiettivo: nella finanziaria del 2007 il prezzo sarebbe stato agevolato per l’apicoltura nomade. Quante balle! Sono andato ad informarmi in ogni ufficio possibile e non ho mai trovato qualcuno che ne sappia qualcosa. Pochi giorni fa ho acquistato mille litri di gasolio e l’ho pagato per intero, punto e basta. Non vorrei accusare nessuno, ma il dato di fatto è che si continuano a prendere in giro gli apicoltori.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
Un esperto botanico no, ma sicuramente deve sapere quali sono le piante che danno nettare e in quali periodi.
 
Pratica il nomadismo?
Certamente, pratico nomadismo quasi al 90% perché gli alveari stanziali che ho sono pochissimi. E c’è un motivo. Nella mia zona, la valle del Tevere, se conducessi una apicoltura stanziale non produrrei mai niente, a meno che non venga l’annata della famosa “manna di quercia” che permette di produrre un bel po’ di miele. Un unico neo: quasi tutti si rifiutano di acquistarlo. Qui con la scomparsa del nettare di girasole non si riesce più a fare niente, venti anni fa c’erano tanti prati di erba medica e di lupinella grazie anche alla grande quantità di bestiame.
 
Che tipo di Apicoltura conduce?
Apicoltura convenzionale, credo poco nel biologico, perché ora mai non ci sono più zone prive da inquinamento.
 
Cosa direbbe agli Apicoltori che usano antibiotici?
Di non usarli. Ma c’è molto da dire sull’argomento. La prima cosa che interessa ad un apicoltore è la sopravvivenza delle api e per raggiungere lo scopo, purtroppo, credo che ci sia bisogno anche degli antibiotici, dati in modo corretto, dati in modo che non si presentino residualità nel miele, dati in periodi lontani dal raccolto. Non so che riscontro avrà questa mia affermazione ma se fosse possibile farlo io sarei favorevole all’uso di antibiotici, per la salvaguardia delle api e dell’apicoltura. A mio modo di vedere senza usare niente contro la peste americana nel giro di pochi anni avremo poche api in Italia. Gli antibiotici, bene o male, quasi tutti gli apicoltori li hanno sempre usati e le api sono sopravvissute. Noi come Apicoltura Orazi sono più di sei anni che non utilizziamo più antibiotici e siamo passati da zero mortalità delle api ad una bella percentuale di mortalità per la peste americana, siamo oltre il 10% e non so quanto durerà questa situazione: da un 10% potremmo passare a molto di più. Il problema, mi ripeto, è che stando alle leggi attuali gli antibiotici non si possono usare perché si rischia di chiudere. Una domanda. Ma perché si ricorre ad altri parametri per prodotti come il latte e la carne, dove una soglia è ammessa? Dove è la differenza con il miele? E’ immancabile la stessa, trita e ritrita, risposta: “non c’è un farmaco registrato”. Inevitabile dire: “allora registratelo”. Credo che sia bene per chi di dovere di cambiare la musica anche per il miele, dando così agli apicoltori delle regole per usarli, senza creare inquinamento.
 
Non crede sia una sconfitta somministrare gli antibiotici per combattere la peste americana? Ad esempio, i ricercatori consigliano di bruciare.
Anche noi bruciamo. Quest’anno abbiamo già bruciato 18 alveari e siamo ad inizio stagione. Penso che a fine stagione ne avremo bruciati un centinaio. Il problema è che fino a che si riesce ad intervenire tempestivamente trovando la famiglia malata va bene, altrimenti si rischia di infestare tutte le altre famiglie intorno e viene compromesso tutto.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
Sicuramente controlli assidui sulle malattie e cerco di avere regine sempre giovani.
 
Come lotta contro la varroa?
Apilife Var e acido ossalico. Però è un lavoro micidiale, perché per attuare trattamenti che funzionino serve molto tempo e molte energie. Noi adoperiamo l’acido ossalico sia sgocciolato che nebulizzato, facciamo tre applicazioni di Apilife, insomma il trattamento è molto lungo, ma va fatto bene altrimenti si trovano delle brutte sorprese.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
Sicuramente il discorso dell’antibiotico è una grossa pecca, il fatto di non doverlo utilizzare potrebbe portarci all’autodistruzione.
 
Però nella legge è stabilito che il miele è una sostanza naturale prodotta dalle api cosi com’è. Non crede che l’uso di antibiotici porterebbe un grossa danno all’immagine del miele?
Non credo perché l’impiego di antibiotici dovrebbe attestarsi su parametri bassissimi, in modo che non lasci residui nel miele. E’ chiaro che prima di tutto andrebbe riconosciuto un farmaco, che va registrato e autorizzato e poi quel farmaco non deve lasciare residui sopra una soglia decisa dagli organi competenti.
 
Lei è proprio convinto che l’apicoltura senza antibiotici non ha futuro?
Non vorrei essere così drammatico ma abbiamo enormi difficoltà nel non avere a disposizione un farmaco per combattere la peste americana.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
Le api, perché loro fanno di tutto per far sì che si produca sempre nettare.
 
Cosa rappresentano le Api per lei?
La mia vita, il mio modo di essere, non a caso cerco di copiare il loro modo di essere “tutti per uno, uno per tutti”.
 
Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività.
Una volta, ho trovato uno sciame e con questo sono riuscito ad ottenere sette famiglie con sette regine. Ho riempito sette arnie da dieci telaini, era uno sciame mastodontico. Era attaccato su una vigna, l’ho recuperato con sette arnie e le api sono rientrate tutte. E’ stata una cosa incredibile, sicuramente è successo che si sono trovate a sciamare le api di sette alveari e si sono raggrumate tutte insieme perché il tempo non era dei migliori, piovigginava e hanno dato origine ad un ammasso di api quasi impossibile.
 
Aspettative future della sua attività?
Ho promesso a Luciano Orazi, recentemente scomparso, era il 19 Marzo 2007, di dare un ottimo seguito alla sua creatura, perché questa azienda è una creatura di Luciano. Spero tanto di riuscirci, è il miglior modo per averlo con noi ogni giorno. Tanto sono certo che lui è restato qui.
 
 
 • Le immagini di questa intervista (click per visualizzare)
Danilo Rosati
Luciano Orazi
Tutti i telaini usati dall'Apicoltura Orazi sono marchiati a fuoco con il logo dell'azienda
 
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