Speciale Apicoltori - n. 564, febbraio 2007
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Tiziano Rondinini
Divertirsi con le api con un occhio al reddito
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Tiziano
 cognome  Rondinini
 età  46
 regione  Emilia-Romagna
 provincia  RA
 comune  Faenza
 nome azienda  Az. Agr. Rondinini
inizio attività  1935
arnie  1200
 apicoltura  Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Acacia
Castagno
Millefiori
Tiglio
Girasole
Eucalipto
Agrumi
 miele prodotto  600 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
Da quando sono nato, nel 1961, sono cresciuto in mezzo alle api. L’attività di apicoltura dei Rondinini era già sviluppata; l’inizio, infatti, risale al 1935 con due alveari, ma già negli anni ’60 l’attività, grazie all’intraprendenza di nostro padre Aldino, si sviluppava con 300 alveari. Già all’età di 8 anni andavo con mio padre alle riunioni della Federazione emiliano romagnola, presieduta dal commendatore Astorre Girotti. In questi incontri ascoltavo con “quattro orecchie” i problemi dell’apicoltura. Erano vere lezioni "bocconiane" ed ascoltavo i grandi apicoltori Giulio Piana e Primo Pellicani, facendo tesoro dei loro suggerimenti.
 
Per quali motivi ha iniziato?
E’ difficile spiegare per quali motivi si decide di intraprendere il lavoro di apicoltore ma il contatto con questi insetti comporta una continua ricerca che coinvolge a livello emozionale. Nella nostra azienda l’apicoltura è stata sempre una attività complementare dell’azienda agricola. Le produzioni principali erano la frutticoltura e l’allevamento suinicolo.
 
Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape?
Il seguire costantemente mio padre mi ha permesso di imparare molto presto i segreti di questo mestiere. Ma sicuramente per avere successo bisogna essere buoni osservatori, non guardare, ma seguire attentamente i comportamenti delle api, perché sono loro stesse a comunicarci le azioni efficaci per una buona riuscita in ogni operazione. La passione per le api si acquisisce senza volerlo e il sopportare le immense fatiche per i trasferimenti degli alveari nella notte, nel parlare continuamente con amici e colleghi di api, ma soprattutto la irrefrenabile voglia di stare con le api e lavorare con loro, significa che la “malattia” è già arrivata.
 
Che difficoltà si incontrano nella sua zona?
La provincia di Ravenna o meglio la Romagna è sicuramente il territorio con la più alta presenza di allevatori di api d’Italia. Questo significa che da un punto di vista produttivo è molto vocata. Abbiamo la zona collinare buona per la produzione di acacia, millefiori, melata. In pianura, medica, girasole, tiglio e millefiori. La mia azienda sviluppa l’allevamento di 1200 alveari produttivi in cinque regioni diverse: Calabria e Basilicata (500 alveari) per la produzione di rosmarino, arancio, sulla, eucalipto. Abruzzo (100 alveari), per la produzione di millefiori; Piemonte e Lombardia (600), per la produzione di acacia, castagno e melata.
 
Problemi nella commercializzazione?
La commercializzazione è sviluppata in questa maniera: per il 20 % il miele viene venduto in vasetti, e per l’80% viene veduto all’ingrosso, in fusti. I prezzi di mercato all’ingrosso hanno subito negli ultimi due anni una riduzione, rimane soddisfacente per i mieli prodotti con sistemi di qualità, ad esempio il biologico.
 
Pratica il nomadismo?
Il nostro modello produttivo è il seguente: apiari stanziali in zone altamente vocate. La gestione delle api avviene nella maniera più naturale possibile, senza forzature, per esempio la nutrizione spinta. In questa maniera è la natura stessa ad essere il nostro “asso della manica” e la nostra abilità è riuscire a capire le variabili che si possono verificare nel periodo produttivo.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
L’apicoltore deve conoscere perfettamente l’area di raccolta e le varie fioriture che si presentano e soprattutto nel periodo che si verificano, in maniera tale da poter effettuare un “piano produttivo”: mi riferisco alle grande produzioni. Solo in questa maniera si possono ottimizzare le produzioni. Ad esempio, sfruttare le zone precoci, per poi sfruttare quelle tardive, dando la possibilità di effettuare una doppia produzione nella medesima essenza.
 
Che tipo di Apicoltura conduce?
I metodi portati avanti da noi sono sia il biologico che il metodo di qualità controllata della Regione Emilia Romagna“Qc”. Già dal 1997 aver introdotto queste metodiche ci ha permesso di mettere in atto un sistema di autocontrollo comprendendo anche la fase primaria due anni prima dell’entrata in vigore della legge 155. L’esperienza di campo, soprattutto per la lotta contro la varroa, sono partite nel lontano 1994, il prodotto utilizzato era la soluzione di acido lattico al 15 %. Poi con il confronto con altri amici colleghi, Angelo Dettori e Marcello Ortolani si è preso in considerazione l’uso di acido formico in buste e così via, fino ad arrivare al timolo e all’acido ossalico. Già dal 1997 la nostra azienda ha adottato il sistema di qualità Iso 9002, inoltre è stata scelta per verifica di campo dell’utilizzo di apparecchi per sublimare l’acido ossalico. Nella campagna 2005/06 abbiamo condotto prove di campo, per una ditta inglese, utilizzando un prodotto a base cera vegetale e timolo “exomite apis”.
 
Cosa direbbe agli Apicoltori che usano antibiotici?
L’uso degli antibiotici può portare a lasciare residui nel prodotto. Di conseguenza l’immagine del miele potrebbe venire compromessa. Con questo dichiaro la mia contrarietà all’impiego questo sistema.
 
Utilizza particolari tecniche per migliorare il lavoro in apiario?
La tecnica utilizzata per l’allevamento è quella di scegliere le aree più vocate. Perché è la natura stessa che ci permette di ottenere grandi risultati. La nostra gestione è orientata ad ottimizzare i risultati produttivi applicando la logistica operativa. Ad esempio, non si può considerare una produzione da reddito a mille chilometri dal centro aziendale, senza ottenere dei grandi risultati. Occorre avere un minimo di 500 alveari. E’ frequente concentrare in pochissimo tempo il lavoro, es. togliere con tre persone 800/900 alveari in 72 due ore, nelle principali fioriture arancio e acacia. Un altro “segreto” per avere buoni risultati è quello di adoperare buone regine.
 
Come lotta contro la varroa?
La lotta alla varroa avviene con i seguenti prodotti: timolo in cristalli ed acido ossalico sublimato. Noi per esigenze aziendali, nel periodo successivo siamo impegnati nella raccolta della frutta, per questo anticipiamo alla prima decade di agosto la tolta dei melari. L’intervento, forse, aiuta a limitare i rischi di questa malattia. Abbiamo notato che l’efficacia del timolo in cristalli è migliore con delle temperature superiori ai 33/34 gradi. E’ necessario alla tolta anticipata dei melari nelle area di raccolta tardiva, esempio dove è presente la melata metcalfa, togliere anche i due favi esterni quelli con mieli e aggiungervi due fogli cerei. Questi fanno da valvola di sfogo se ci fossero ancora probabili raccolte tardive. Evitando di intasare troppo i nidi. L’altro prodotto utilizzato è l’acido ossalico sublimato. Va ricordato che per situazioni di grande infestazione, il metodo è valido anche in presenza di covata e quindi il mio consiglio è di intervenire varie volte prima dell’interruzione della covata: anche tre trattamenti non causano problemi collaterali alle nostre api.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
Se debbo cogliere alcune lacune del settore, una di questa è la limitata comunicazione da parte delle associazioni per far capire l’importanza del miele nella alimentazione quotidiana. Dico questo, perché in diverse trasmissioni televisive gastronomiche, del miele se ne parla pochissimo. Ritengo che ci vorrebbe una vera politica di orientamento dei consumi. Un altro problema molto serio è quello delle malattie batteriche delle api. Occorre la volontà concreta di affrontare in modo adeguato il problema. A causa di una legge sanitaria che impedisce di gestire in maniera non burocratica l’evento, purtroppo gli enti sperimentali non svolgono ricerche per risolvere questo grave problema.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
Ho dedicato 23 anni della mia vita all’associazionismo. Sono stato Consigliere, Vice Presidente e Presidente dell’Associazione Romagnola Apicoltori e inoltre consigliere alla Fai. Debbo ricordare l’impegno importante della mia regione verso il settore: • La legge regionale n.33/88 del 25 agosto 1988 recante “Tutela e sviluppo dell’apicoltura”. • Regolamento regionale n.29/91, che istituisce l’albo regionale degli allevatori di api regine a scopo commerciale. • Regolamento regionale n.18/95, che disciplina la pratica del nomadismo. • Decreto del presidente di giunta Regionale n.394/1986, che disciplina la profilassi della varroasi. • Circolari assessorili n.20/1996 (autorizzazione sanitaria per laboratori di smielatura); prot. n. 42886/vet del 17/10/97 (nuove strategie terapeutiche in relazione all’uso dell’acido ossalico per la profilassi della varroasi). Il lavoro della nostra associazione ha permesso di far crescere il settore portando una mentalità imprenditoriale. Il ruolo della nostra associazione “ARA” è quella di “solven problem”, soprattutto dalla produzione alla commercializzazione. Aver creato un rapporto di partnership con la ditta “Rigoni” di Asiago ci ha permesso di realizzare un progetto di filiera.
 
Cosa rappresentano le Api per lei?
Le api per il sottoscritto rappresentano l’avere concretizzato obiettivi importanti nella vita ottenendo molte soddisfazioni, non solo economiche, ma soprattutto morali. E grazie a loro ho avuto la possibilità di svolgere un lavoro divertente e di avere amici in tutta Italia. Grazie alle esperienze vissute in campo ho avuto la possibilità di gestire una attività produttiva abbastanza rilevante. La nostra azienda produce annualmente dai 500 ai 600 quintali. La disponibilità a divulgare la nostra esperienza è stata preziosa per diversi colleghi nel loro cammino formativo. Ma, soprattutto, ho avuto modo di aiutare gli altri; mi riferisco all’esperienza di collaborazione con la Comunità di San Patrignano di Coriano. Essere diventato il tutor dei ragazzi che seguono le attività di apicoltura nella struttura mi da grandissima soddisfazione. Inoltre aiuto una comunità africana nel sud del Congo a Matadi Babusongo, insegno a produrre miele, che verrà utilizzato per risolvere il problema della denutrizione infantile.
 
Aspettative future della sua attività?
Dopo dieci anni di produzione di sistema qualità Iso 9002, l’iniziativa importante da concretizzare in futuro è la certificazione di prodotto.
 
 
 • Le immagini di questa intervista (click per visualizzare)
Tiziano Rondinini
 
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