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 Ambiente
Il punto sulla Vespa Velutina
 
di Luca Tufano
 
C’è un nuovo e terribile nemico che minaccia le api: la Vespa velutina. Dunque, è quanto mai necessario e urgente alzare da subito (e «subito» sarebbe ormai non più oggi, ma è già diventato ieri) il livello di guardia e di attenzione ma allo stesso tempo, affinché non vengano diffusi inutili allarmismi, notizie infondate e segnalazioni fuorvianti, è fondamentale che gli apicoltori insieme agli agricoltori - e non solo naturalmente queste due categorie - siano ben informati circa le caratteristiche morfologiche e comportamentali del calabrone asiatico. Proprio per questo Apitalia inizierà un viaggio in due puntate, insieme all’Apicoltore Luca Tufano, per conoscere e capire come contrastare la velutina e mettere insieme un Coordinamento di “lotta”
 
Tanto per non farci mancare nulla e rendere il mestiere dell’apicoltore ancora più difficile e ricco di avversità e insidie, l’anno 2013, già foriero di raccolti non esaltanti e di una recrudescenza dell’infestazione di varroa, ci ha regalato anche la scoperta, avvenuta in provincia di Imperia (precisamente a Vallecrosia), di una colonia di Vespa velutina. Questo primo ritrovamento, certificato da esperti, di un nido della dannosa specie esotica risale al 9 luglio di quest’anno e la segnalazione è stata opera di un apicoltore della zona. Cominciamo citando questo dato, preoccupante per l’apicoltura italiana, per andare ora a ritroso nel tempo e riepilogare molto brevemente la storia della presenza in Europa di questo calabrone asiatico.

Arrivo e avanzata di Vespa velutina in Europa

Vespa velutina nigrithorax1 (ordine Hymenoptera, famiglia vespidae), nome scientifico del calabrone asiatico2, è un imenottero originario del sud-est asiatico e presente attualmente dal nord dell’India alla Cina del sud, così come in Indocina e nell’arcipelago indonesiano. Nel 2003 individui di Vespa velutina furono introdotti accidentalmente nel sud-ovest della Francia, precisamente in Gironde e successivamente in Aquitania, attraverso, così pare, un carico di porcellane provenienti dalla Cina3 e poi distribuite in Dordogne, Lot-et-Garonne e Gironde.
Nel novembre del 2005 a Nérac, nel Lot-et-Garonne, lo sguardo di J.-P. Bouguet fu attirato da alcune curiose «vespe» scure intente a divorare un frutto nel suo giardino. Gli insetti catturati verranno trasmessi a Jean Haxaire, docente universitario di biologia ed entomologia, che identificherà così gli esemplari di Vespa velutina: da questo momento la presenza della specie esotica in Francia è segnalata ufficialmente ed entra nella storia dell’entomologia europea.
Lo sviluppo di V. velutina fu rapido, forse anche a causa di estati particolarmente siccitose in Francia (in particolare nel 2006) tra il 2006 ed il 2009, e alla fine di quest’anno la sua presenza era già attestata in regioni settentrionali come la Bretagna. Data la prossimità con la Francia e la presenza di Velutina, ormai dichiarata da tempo nella zona di Nizza, il calabrone asiatico era atteso con paura in Italia e puntualmente ha fatto la sua comparsa anche da noi, con il primo ritrovamento di un esemplare maschio catturato a Loano (SV) e segnalato dai ricercatori del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino4.
Successivamente, mentre per tutta l’estate di quest’anno sono rimbalzati anche su internet e sui social-network le segnalazioni di catture di esemplari di Velutina e venivano descritti i primi danneggiamenti di apiari ad opera della specie esotica, in data 9 luglio 2013 è stato individuato, per la prima volta, a Vallecrosia (IM), un nido di calabrone asiatico5. V. velutina ha, inoltre, già varcato i confini della Liguria, e l’ultimo dato in nostro possesso, al momento della stesura del presente articolo, è relativo al ritrovamento di un esemplare in provincia di Cuneo, a Vicoforte Mondovì6.

Come riconoscerla: morfologia e comportamenti

Considerata la ormai accertata presenza di Vespa velutina sul nostro territorio nazionale - presenza peraltro non più limitata già da quest’anno alla sola Liguria - e considerato inoltre che il ciclo biologico annuale delle famiglie del calabrone asiatico arriva in condizioni normali fino a dicembre, è quanto mai necessario e urgente alzare da subito (e «subito» sarebbe ormai non più oggi, ma è già diventato ieri) il livello di guardia e di attenzione ma allo stesso tempo, affinché non vengano diffusi inutili allarmismi, notizie infondate e segnalazioni fuorvianti, è fondamentale che gli apicoltori insieme agli agricoltori - e non solo naturalmente queste due categorie - siano ben informati circa le caratteristiche morfologiche e comportamentali del calabrone asiatico. Delle segnalazioni precise e puntuali, meglio ancora l’invio di esemplari catturati alle associazioni apistiche del territorio, sono azioni assolutamente doverose e possono agevolare, specialmente in questa fase iniziale, un contenimento relativo della diffusione della dannosa specie esotica.
Un esemplare di calabrone asiatico può misurare dai 17 ai 32 mm (gli esemplari adulti misurano mediamente 30 mm), il torace è nero, l’addome è prevalentemente bruno, con una larga banda arancione, in corrispondenza del 4° segmento addominale (l’estremità del corpo) e una sottile striscia gialla sul primo segmento addominale. Le zampe, nere nella parte più vicina al corpo, sono gialle alle estremità e la testa vista frontalmente è arancione. Le differenze con il calabrone europeo (Vespa crabro) sono notevoli, sia per dimensioni (la specie autoctona misura dai 18 ai 23 mm nel caso delle operaie e dai 25 ai 35 mm nel caso delle regine), l’addome è prevalentemente giallo chiaro, a righe nere, il suo torace e le sue zampe sono nere/rossastre, la testa vista frontalmente è gialla. Le differenze sono ancora più accentuate con le vespe comuni, dato questo che dovrebbe essere ovvio ma, in ragione di alcuni falsi avvistamenti diffusi anche su internet e documentati da chiare fotografie, preferiamo puntualizzare.
Vespa velutina, anche in ragione delle dimensioni che possono raggiungere i suoi nidi, costruisce i propri ricoveri prevalentemente tra il fogliame degli alberi7, ma sono stati individuate presenze anche a ridosso di abitazioni o strutture rurali (sottotetti, fienili, stalle), e utilizza, in alcuni casi più rari, le cavità presenti negli alberi, nei muri, nel suolo. La posizione dei nidi più grandi ed elevati, coperti dal fogliame nel periodo primaverile ed estivo, rende difficile l’individuazione delle colonie più numerose e la loro distruzione. Il calabrone asiatico costruisce nidi sferici o leggermente allungati, a forma di pera (sono i nidi più voluminosi ad avere questa forma), le cui dimensioni possono variare a seconda degli strati di covata sovrapposti che lo compongono e il cui diametro in alcuni casi può superare un metro8. Anche in tale caso, le differenze con il calabrone europeo sono notevoli, costruendo questo dei nidi di forma cilindrica, raramente esposti a correnti d’aria e solitamente riparati (ad esempio, cavità naturali o artificiali di vario genere), nonché di dimensioni inferiori.
La vespa comune (Vespa vulgaris) costruisce nel suolo o presso le abitazioni dei nidi di forma conica, di dimensioni ridotte, con un diametro non superiore ai 30/35 cm. Sono diversi i materiali che compongono il nido del calabrone dalle zampe gialle e se la parte più esterna è composta di cartapesta, nelle parti più interne troviamo materiali diversi, come il legno. Per la loro costruzione, i nidi necessitano di molta acqua, grazie alla quale i calabroni rendono la struttura più solida e resistente alle intemperie. I nidi della V. velutina crescono progressivamente dalla primavera all’autunno, grazie al sovrapporsi di strati in cui viene deposta la covata, ospitando nel periodo di massima espansione (settembre/ottobre) numerosi individui della specie (da 1200 ai 1800/2000 calabroni).
Generalmente, i nidi risultano disabitati nel periodo invernale e solo raramente sono state ritrovate delle vespe fondatrici (regine) all’interno di questi nella stagione fredda. Le fondatrici - cioè giovani regine fecondate - per superare l’inverno si nascondono in cavità riparate (tronchi, cataste di legna, muri costruiti con pietre a secco, gallerie di varia origine nel terreno) per poi iniziare dalla metà di febbraio, nelle regioni a clima più temperato, la propria attività e la costruzione di nuovi nidi.
Non si possiedono dati attendibili circa la durata della vita degli esemplari di operaie di V. Velutina né in Asia, né in Francia, e solo alcune osservazioni condotte su esemplari in cattività inducono a ritenere che la durata possa variare dai 30 ai 55 giorni, a seconda delle temperature, con maggiore longevità nei mesi primaverili già caldi (a maggio 55 giorni di vita mediamente) e minore nei mesi estivi (ad agosto 30 giorni).
In Francia è stato osservato che è verso la fine dell’estate che le giovani fondatrici, dopo l’accoppiamento che quindi avviene nel periodo più caldo dell’anno, abbandonano il nido d’origine per istallarsi nei ricoveri in cui trascorreranno i mesi freddi.
V. velutina ha degli antagonisti naturali solo in alcune regioni europee.
In Aquitania, sono stati osservati picchi verdi, ghiandaie e cince, attaccare i nidi nei periodi invernali e nutrirsi di larve, ma parliamo di un fase di abbandono della colonia e non del suo momento di vitalità.
L’alimentazione del calabrone asiatico lo rende molto pericoloso non solo per le api, ma anche per tutti gli altri insetti impollinatori, ragione per cui la sua presenza è una minaccia per la già compromessa biodiversità delle zone agricole. Se in contesti urbani la dieta di V. velutina è composta per l’80% da api, essendo questo l’insetto impollinatore maggiormente presente in quelle aree, in aree agricole la percentuale di api cala al 50% mediamente, compensata però dalla cattura di bombi, farfalle, libellule, bruchi e altri insetti, specialmente pronubi.
Per questa ragione la proliferazione del calabrone asiatico è di serio danno, come già abbiamo accennato, per l’impollinazione entomofila.
Le abitudini alimentari e il ciclo biologico del calabrone asiatico rendono questa specie esotica particolarmente mortifera per le diverse sottospecie di Apis mellifera. Fu a partire dal 2006 che in Francia la sua diffusione iniziò a essere avvertita maggiormente dagli apicoltori, con attacchi sempre più numerosi e violenti agli apiari.
In occasione di un attacco, si osserva un volo statico del calabrone asiatico a 30/50 cm dalla porticina di volo dell’arnia, volo che permette a V. velutina di attaccare l’ape bottinatrice al suo ritorno. L’ape aggredita viene solitamente afferrata tra le zampette e trasportata sul primo supporto utile a 5/10 metri dall’arnia. Qui viene decapitata dal calabrone, che provvede anche a levare le zampe e l’addome, per poi trasportare il torace nel proprio nido, dove servirà a nutrire le larve. Talvolta, invece, il calabrone si limita a decapitare l’ape sul posto della cattura, portando il resto nel nido. La predazione del calabrone asiatico è più grave rispetto a quella del calabrone europeo sia per la durata stagionale (da giugno a dicembre) che per quella giornaliera, con attacchi di grande intensità per tutto l’arco della giornata. Maggiore e ingente è, inoltre, la quantità di api che servono alla dieta dell’insetto asiatico. Gli attacchi di Vespa velutina si fanno ancora più numerosi e violenti nel periodo settembre/ottobre, momento di maggiore espansione della covata del calabrone asiatico, coincidente con una fase critica per gli alveari di Apis mellifera, in cui il cambiamento stagionale fa calare sensibilmente il numero di individui. Questo è anche il periodo in cui nascono le ultime api dell’anno, quelle che dovranno trascorrere l’inverno e formare il glomere insieme alla regine e alle «sorelle» un po’ più anziane, e pertanto lo sterminio delle bottinatrici, oltre a ridurre il numero complessivo di api, priva l’alveare del nutrimento per le larve delle future api svernanti. Se osserviamo uno o due esemplari di calabrone asiatico davanti ad un’arnia, gli attacchi provocheranno dei danni non irreversibili a una famiglia forte, ma se il numero di esemplari di Velutina fosse superiore, e dovesse raggiungere i 10/15 calabroni, allora l’alveare sarebbe condannato alla distruzione, come avvenuto nell’apiario didattico del Parc Bordelais in Francia9, in cui nove arnie sono state devastate nel mese di settembre del 2007 nonostante prima degli attacchi fossero in ottime condizioni. I numerosi attacchi del calabrone stressano la colonia, privandola di numerose bottinatrici ed interrompendo l’afflusso di miele e polline, provocando un arresto della deposizione della regina ed un indebolimento della colonia che può arrivare al suo collasso definitivo.
In Asia, Apis cerana ha sviluppato una strategia di difesa molto efficace contro la Velutina, che consiste nel circondare rapidamente l’aggressore con un gran numero di operaie, le quali dopo aver formato una massa uniforme e compatta attorno al calabrone, una «palla» d’api, iniziano a vibrare le ali, racchiudendo così l’avversario in una bolla d’aria satura di anidride carbonica, con temperature superiori ai 45° e capaci di provocare un’ipertermia fatale al calabrone10.
Le colonie di Apis mellifera presenti in Asia, invece, hanno delle reazioni meno efficaci di fronte al predatore, a causa presumibilmente di un minore tempo di adattamento alla Velutina (meno di 50 anni).
In Europa, la specie mellifera ha adottato alcune diverse modalità di difesa, accomunate tutte da attacchi in massa delle api contro il calabrone.
Nella maggioranza dei casi, si formano raggruppamenti di api (fino a 100) sul predellino di volo e davanti alla porticina metallica d’ingresso, ove presente, e le api così radunate sono in condizioni di mettere in fuga il predatore quando questi si presenta. Talvolta un gruppo di api più ristretto si lancia sul calabrone, catturandolo e cercando di pungerlo nelle zone vulnerabili. Si sono osservate anche api che in volo verticale hanno attaccato direttamente il calabrone con il pungiglione, oppure attirato con il proprio volo il calabrone verso la «barba» di difesa posta sul predellino di volo11. Tuttavia, questi sistemi di difesa, oltre a non eliminare spesso nemmeno la minaccia, comportano per le api un notevole stress e costringono numerosi individui al ruolo di guardiani, distraendoli dalle altre attività. Gli attacchi del calabrone asiatico sono all’origine di un’attività debole o nulla della colonia, con api radunate sul predellino di volo in attesa del predatore che puntualmente si presenta, sovente affiancato dal calabrone europeo Vespa crabro che approfitta della situazione per fare bottino. In queste condizioni, può essere compromesso l’invernamento delle famiglie poiché l’apporto di polline necessario allo sviluppo della covata avviene in modo incompleto e discontinuo. E questo dicasi per famiglie forti, poiché diversamente, in presenza di alveari deboli, affetti da virosi, alta infestazione di varroa e/o altre patologie, le possibilità di resistenza delle colonie di Apis mellifera sono pressoché nulle12. Come in una cittadella fortificata e stretta d’assedio da un esercito che ha tagliato le vie di comunicazione e vettovagliamento, le api sono confinate nella propria arnia o costrette a rischiare la vita avventurandosi all’esterno.
Dato che il ciclo biologico annuale delle colonie di calabrone asiatico arriva fino a dicembre, sono noti anche casi in cui V. velutina si introduce nelle arnie attaccando le api del glomere, con le nefaste conseguenze che ciascuno di noi può immaginare conoscendo le già difficili condizioni dell’inverno.

Come combatterla: azioni di contrasto da parte dell’uomo

Le dimensioni raggiunte dalla diffusione di V. velutina portano a ritenere ormai irreversibile la sua presenza e inutile ogni tentativo di eradicazione. Inoltre, trattandosi di un insetto antagonista di altri insetti, tra cui le api domestiche, la sua eliminazione è resa difficoltosa perché si debbono escludere tutti gli strumenti di lotta dannosi per le altre specie e per la biodiversità. Non è il caso di farsi troppe illusioni circa la possibilità di debellare il nemico V. velutina con trappole per colpire le regine e con eliminazione dei nidi, perché se in Francia, e in particolare in Aquitania, dove l’invasione del calabrone asiatico risale ad ormai almeno 7 anni fa (secondo i dati ufficiali), gli «esperti» concludono affermando che la cosa migliore sia trasferire le proprie arnie in zone in cui la presenza del calabrone asiatico dalle zampe gialle è meno significativa, allora significa che le «armi» di cui disponiamo sono già spuntate e risultano inefficaci nel medio e lungo periodo.
Certamente numerosi elementi validi  possono essere ripresi dall’esperienza francese, ma si tratterà di un mero strumento palliativo e di contenimento, non certo risolutivo, e se qualcosa in questa direzione può essere raggiunto, possiamo provarci noi apicoltori italiani, dimostrando ancora una volta nella storia quanto la nostra eccellenza apistica - e non solo - non sia soltanto un ricordo.
Ma per farlo, sarà necessario sperimentare nuovi percorsi. Ad oggi, le porticine d’ingresso in metallo che impediscono l’accesso alle arnie ad ospiti indesiderati, ed i cui passaggi hanno una larghezza media di 5,5 mm, non ostacolano gli assedi di V. velutina e le sue autunnali/invernali incursioni all’interno dell’arnia.
La stessa cosa si può dire di espedienti come l’erba alta davanti alle arnie, che risulta modificare solo le tecniche di caccia del calabrone asiatico, ma non contrastarle o ridurle. Tra gli strumenti di lotta, che ormai quanto avvenuto in Francia porta a ritenere contenitivi, senza condizionare sensibilmente la globale avanzata della specie asiatica, ci sono le trappole selettive rivolte alle fondatrici e la distruzione dei nidi, che però per essere efficace deve significare l’eliminazione dei nidi prima del mese di agosto, cioè prima che da quelli possano partire nuove fondatrici. Tale pratica, tuttavia, non è priva di rischi e difficilmente ci si potrebbe presentare come disinfestatori improvvisati senza incappare in diversi pericoli.
 
1. Denominazione completa Vespa velutina Vespa velutina nigrithorax Lepeletier, 1836, si tratta di una sottospecie della specie Vespa velutina che conta
almeno 11 sottospecie, tra cui ardens, celebensis, sumbana, variana ecc.

2. In Francia Vespa velutina viene comunemente chiamata «frelon asiatique» (calabrone asiatico), «frelon chinois» (calabrone cinese) o «frelon à pattes jaunes» (calabrone dalle zampe gialle), denominazione quest’ultima interessante perché riferita ad una caratteristica morfologica importante della Velutina, che permette ad occhio di distinguerla dalla meno aggressiva e pericolosa specie autoctona del calabrone europeo (Vespa crabro).

3. Un’altra specie esotica pericolosa, in questo caso dannosa per i boschi, giunta in Francia attraverso il carichi di porcellane cinesi è il capricorno asiatico, introdotto anch’esso nel 2003. Questo a testimonianza di quanto i controlli sanitari sulle merci provenienti da paesi extraeuropei dovrebbero essere molto più severi e attenti

4. Sebbene la notizia del rinvenimento di un esemplare maschio di Vespa velutina sia stata data pubblicamente e ufficialmente il 27 maggio 2013, la cattura risulta avvenuta nel corso di attività di monitoraggio svolte nel mese di novembre 2012.

5. Il ritrovamento si deve all’apicoltore, sig. Franceschelli.

6. Il comunicato, con cui è annunciato il ritrovamento piemontese, è stato diramato dal Dipartimento, già citato, dell’Università degli Studi di Torino in data 3 ottobre.

7. In Francia il 73% dei nidi di Velutina è stato rinvenuto sugli alberi, mediamente a 10 metri di altezza.

8. Nei dipartimenti francesi più colonizzati da Vespa velutina (Dordogne, Gironde, Lot-et-Garonne) i nidi più grandi, che hanno forma piriforme, hanno raggiunto mediamente altezze dai 60 ai 90 cm e un diametro di larghezza dai 40 ai 70 cm.

9. Cfr. il dossier Frelon Vespa velutina a cura dell’Union Nationale de l’Apicolture Française.

10. Pare che quando un calabrone si avvicina all’arnia emetta specifici segnali feromonici da caccia capaci di richiamare gli altri esemplari della sua famiglia.
Quando l’ape cerana rileva questi feromoni, circa un centinaio di api si riuniscono vicino all’ingresso del nido e impostano una trappola, mantenendo l’ingresso libero, invitando così all’aggressione. Questo consente al calabrone di entrare nell’alveare, per poi essere circondato dalle api secondo le modalità che abbiamo descritto. Cfr. Heat and carbon dioxide generated by honeybee jointly act to kill hornets in Naturwissenschaften, SettembreSettembre 2009.

11. Cfr. Vespa velutina: nos abeilles leur tirent la langue, pubblicato sul N° 254, marzo/aprile 2013 di La Santé de l’abeille, in cui un apicoltore della Charente racconta come le proprie api abbiano adottato un sistema di difesa che consiste nel proteggere le bottinatrici di rientro all’alveare con piccolo ma agguerrito gruppo di api posto davanti alla porticina e capace di aggredire il calabrone non appena questo si presenta, mettendolo così in fuga. Come si suol dire: «l’unione fa la forza». Insegnamento questo che le api ci prodigano sempre e che speriamo di cogliere almeno di fronte alla nuova emergenza costituita dalla Velutina, senza che il settore apistico resti nuovamente privo di coordinamento e frazionato in particolarismi o associazioni rivali tra loro.

12. Cfr. Vespa velutina: nouvelle difficulté pour les abeilles pubblicato sul N° 252, novembre/dicembre 2012, de La Santé de l’abeille.
 
 IMMAGINI ALLEGATE A QUESTO ARTICOLO: 6 tot.

Vista dorsale della Vespa venutina.

Vista ventrale della Vespa venutina.




Evoluzione della diffusione in Francia della Vespa velutina dai dati dell’INPN (http://inpn.mnhn.fr/) su una carta wikicommons.
 
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© Apitalia - Tutti i diritti riservati
Scritto in data 02/12/2013 da Luca Tufano
 
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