n. 665, aprile 2016
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 • Ambiente
Un intruso negli alveari: la Sfinge testa di morto
 
Santi Longo
 
Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente, Università di Catania
 
Dei numerosi organismi che frequentano gli alveari, la falena Acherontia atropos, che gode di sinistra fama, è occasionalmente presente negli alveari dove, dopo essersi rimpinzata di miele, viene uccisa e mummificata dalle api operaie
 
L'alveare attrae numerosi organismi che, al suo interno, trovano ricovero, alimento, e substrato riproduttivo. Un occasionale intruso è il macrolepidottero Sfingide Acherontia atropos, il cui nome comune di Sfinge fa riferimento al comportamento della larva che, fissandosi con le pseudozampe addominali al substrato, solleva il capo e il torace assumendo una posizione che ricorda quella della mitica sfinge egizia (Fig. 1). L’epiteto “testa di morto” trae spunto dal disegno, somigliante a un teschio, presente sul torace dell’adulto (Fig. 2).
Si tratta di un esempio classico di pareidolia, termine col quale viene indicata una illusione subcosciente che tende a ricondurre alla forma nota di un teschio, le macchie sul torace; tale tendenza istintiva e automatica a trovare forme note è spesso associata a figure e a volti umani. Linneo, nel 1758, descrisse la specie come Shinx atropos; Laspeyus, nel 1809, istituì il genere Acherontia, termine che fa riferimento all’Acheronte (Ἂχέρων), fiume infernale che, secondo la mitologia greca, bisognava attraversare per accedere al regno dei morti. L’epiteto specifico atropos deriva da Atropo (Ἄτροπος), nome della moire greca che recideva il filo della vita.

UNA CATTIVA FAMA
Per le caratteristiche morfologiche e per lo stridio lamentoso che emette se disturbata, la falena ha evocato simboli inquietanti. Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, la cita come funesta e dannosa; nel Medio Evo si riteneva che A. atropos fosse messaggera di guerra e pestilenza, portatrice di sfortuna, in grado di arrecare disgrazie e morte nelle case in cui volava e che, il suo ingresso in chiesa, era presagio di gravi disgrazie. Si credeva, inoltre che, durante la notte, le falene potessero mordere mortalmente i bambini e, in Bretagna, venivano bruciate per mescolarne le ceneri in alcune pozioni magiche. Ma anche in tempi più recenti la falena ha continuato ad avere cattiva fama e, in termini negativi, viene citata in vari romanzi; A. atropos è la funesta protagonista del racconto la Sfinge di Edgar Allan Poe; i nostri poeti Guido Gozzano ed Eugenio Montale ne hanno cantato la presenza come nefasta e inquietante. Anche l’asiatica congenere Acherontia styx, molto simile alla atropos, per la presenza della “testa di morto”, gode della stessa cattiva fama e, nonostante al suo posto siano state utilizzate crisalidi della Sfinge del tabacco (Manduca sexta), è stata resa celebre dalle locandine del film di Jonathan Demme, Il silenzio degli innocenti, tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Harris.

SPECIE MIGRATRICE
La paleotropicale A. atropos è diffusa nelle isole Canarie e Azzorre, in Africa, nella zona meridionale del Bacino mediterraneo, fino alla Penisola arabica. Da tali aree, dalla primavera all’estate, gli adulti in fase pre-riproduttiva, durante la notte, migrano verso nord spingendosi fino alla Scandinavia e all’Islanda. La sindrome migratoria, comune a molte specie, coinvolge, con complesse interazioni, il volo, la riproduzione e l’alimentazione.
In Sicilia e in Calabria le larve sono frequentemente presenti in autunno su olivo e durante l’inverno alcuni adulti si introducono negli alveari, senza tuttavia arrecare danni di rilievo, come invece si registra in Africa dove la frequente massiccia presenza di falene, rappresenta un problema per l’apicoltura tradizionale.

CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE
Gli adulti hanno il corpo lungo circa 7 cm e un’apertura alare di oltre 12 cm. Nel capo, gli occhi e le antenne sono ben sviluppati, ed è presente una spiritromba (proboscide) breve e robusta, dalla quale, se disturbata, la falena emette uno stridio lamentoso consistente nella rapida ripetizione di due brevi sequenze: una di tono basso, dovuto alla dilatazione della cavità faringeale che fa vibrare una prominenza del palato, e una sequenza di tono alto dovuta all’espulsione dell’aria lungo la corta spiritromba che funziona come un fischietto e che, calmando le api, consente al lepidottero di introdursi nell’alveare per nutrirsi di miele.
Le ali anteriori sono brunastre marmorizzate di biancastro e nerastro, con una macchia discale bianca, le posteriori sono gialle con due fasce brune.
Sul mesotorace è presente una macchia la cui forma ricorda quella di un teschio di colore giallo-biancastro.
L’addome è giallo con bande nerastre trasversali. Le uova, ovali (1,5x1,2 mm), di colore blu-verdastro o grigiastro, vengono deposte singolarmente sui piccioli fogliari.
Le larve neonate, lunghe 5 mm, sono di colore verde chiaro; esse, nella forma tipica, diventano via via più scure, evidenziando le bande gialle laterali; sulla parte dorsale dell’VIII segmento addominale è presente un caratteristico cornetto nero e liscio. La larva di seconda età presenta dorsalmente delle minuscole spine. Nei successivi due stadi larvali, le bande diagonali gialle presentano i margini di colore blu o violaceo e il cornetto, di colore giallastro, presenta piccoli granuli. Le larve di quinta età, lunghe fino a 15 cm, sono di norma di colore giallo e verde con fasce oblique scure orlate lateralmente di giallo; il dorso, dal quale scompaiono le spine, è di colore celeste (Fig. 3).
Meno comuni sono le forme scure con il torace chiaro, interpretabili come colorazioni mimetiche crittiche (Fig. 4).
Le larve sono polifaghe e vivono a spese sia di piante erbacee (pomodoro, melanzana, patata, tabacco, datura) che arboree e arbustive (olivo, vite, oleandro, melo, sambuco, frassino); di norma non causano apprezzabili defogliazioni in relazione alla bassa densità di popolazione e alla elevatissima mortalità per cause naturali.
In base all’andamento delle temperature ambientali, la larva può completare lo sviluppo in circa un mese e il numero di generazioni annuali può variare da 1 a 3. Lo svernamento avviene nel terreno, allo stadio di crisalide, di colore bruno rossastro, più o meno scuro, lunga da 5 a 8 cm (Fig. 5).
Il 29 ottobre 2015 a Valverde, in provincia di Catania, sono state raccolte, su un olivo, tre larve mature una delle quali della forma scura. Dopo una fase di torpore (eopupa) di 7 giorni, le due larve con colorazione tipica, si sono trasformate in crisalidi il 5 e il 6 novembre, mentre, la forma scura si è incrisalidata il 10 novembre.
Il primo adulto, un maschio con le ali deformi (Fig. 6), è sfarfallato il 29 febbraio 2016 ed è morto il 2 marzo, vivendo appena due giorni. Dalla seconda crisalide, il 6 marzo 2016, è sfarfallata una femmina che, alimentata con miele, è rimasta in vita fino al 17 marzo. Infine, dalla larva scura, trasformatasi in crisalide il 10 novembre 2015, il 17 marzo 2016 è sfarfallata un’altra femmina che, sempre alimentata con miele in laboratorio, è vissuta fino al 22 marzo.
La durata dello stadio di crisalide è stata rispettivamente di 115 giorni per il maschio deforme, e di 120 e 127 giorni per le femmine. La prima delle quali è vissuta 11 giorni e la seconda 6 giorni, nessuna delle due ha ovideposto in laboratorio.

INTERESSE APISTICO
Durante le migrazioni notturne, gli adulti sono attratti dall’odore del miele e, spesso, si introducono negli alveari, emettendo uno stridio simile a quello dell’ape regina che servirebbe a calmare le api e a prelevare, indisturbate, il miele dalle celle opercolate che forano con la breve e robusta spiritromba. Inoltre si ritiene che le falene producano acidi grassi simili a quelli presenti sul tegumento delle api, che la mimetizzano chimicamente. Dopo avere ingerito una quantità di miele di circa 10 grammi, le api operaie uccidono la falena e ne mummificano il voluminoso corpo con la propoli; la loro reazione non è immediata anche a causa dello stridio che consiste in due brevi sequenze ripetute rapidamente: una di tono basso, dovuto alla dilatazione della cavità faringale, che fa vibrare una prominenza del palato, e una sequenza di tono alto dovuta all’espulsione dell’aria lungo la corta spiritromba che funziona come un fischietto.
Nei nostri ambienti i danni causati dagli adulti agli alveari sono del tutto trascurabili.
Nei dintorni di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, nel corso della primavera del 1980, uno sciame di Apis mellifera ligustica, si è insediato nel vano-finestra, largo circa 20 cm, delimitato dalle imposte esterne e dall’infisso interno nel quale, nel corso dei due anni di abbandono dell’edificio (Fig. 7 e 8), ha costruito 8 favi (Fig. 9a). Nel febbraio del 1982, nel recuperare la famiglia, ho rilevato che, in una brocca in ceramica, rimasta all’interno del vano-finestra (Fig. 9b), erano presenti 3 esemplari di A. atropos, svuotati e mummificati; stessa sorte era toccata a due esemplari di Vespa crabro.

CAUSE NATURALI DI MORTALITA' E CONTROLLO
La mortalità per cause naturali dei diversi stadi di sviluppo di A. atropos è dovuta a vari fattori biotici; solo una decina delle 40 larve prelevate in campo e isolate negli ultimi 30 anni, hanno completato il loro sviluppo.
La colorazione mimetica degli adulti assicura una parziale protezione dai predatori durante il giorno; anche il suono emesso ha una prevalente funzione difensiva poiché, unito al sollevamento delle ali, al rapido movimento dell’addome, di colore giallo, e alla secrezione di sostanze dall’odore nauseabondo da ghiandole addominali, scoraggerebbero l’attacco dei predatori.
Le principali cause di mortalità degli stadi preimmaginali, sono: batteri, funghi e virus entomopatogeni (Fig. 10), nonché numerosi insetti entomoparassiti: fra i Ditteri sono segnalati Compsilura concinnata, Masicera pavoniae e Winthenia rufiventris, il più frequente in Sicilia è Sturnia atropivora, le cui larve gregarie sviluppano nel corpo della larva ma sfarfallano dalla crisalide della Sfinge; attivi sono gli Imenotteri Icneumonidi Amblioppa fuscipennis, A. proteus, Callajoppa cirrogaster, C. esaltatoria, Diphyus longigena, D. palliatorius, Ichneumon cerinthius e Netelia vinulae.
L’ingresso della falena, negli alveari tradizionali siciliani (Fig. 11), veniva spesso bloccato, nei pressi dell’ampia porticina d’ingresso, dalle combattive api nere indigene (Apis mellifera siciliana).
Negli alveari razionali la griglia posta all’ingresso ostacola l’ingresso della falena riducendo notevolmente lo stato di agitazione della famiglia e le conseguenti sottrazioni furti di miele.
 
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Fig. 1
Larva matura di A. atropos.
Fig. 2
Adulto di A. atropos su favo.
Fig. 3
Larva matura, forma chiara.
Fig. 4
Larva matura, forma scura.
Fig. 5
Crisalidi
Fig. 6
Maschio con ali deformi e spiritromba estroflessa.
Fig. 7
Esterno della finestra nella quale è stato costruito l‘alveare.
Fig. 8
Alveare visto dall’interno.
Fig. 9a e 9b
Disegno schematico della finestra con i favi in veduta frontale e dall’alto (9a); si evidenzia la brocca contenente gli esemplari di A. atropos mummificati (9b)(Gioia Tauro, 1982).
Fig. 10
Larva infetta da entomopatogeno.
Fig. 11
Adulto davanti l’ingresso di un alveare tradizionale in ferula.
 
 
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