n. 665, aprile 2016
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 • Lavori del mese
La natura si risveglia alla vita
 
Giacomo Perretta
 
 
Nel mese di Aprile anche gli alveari si risvegliano. Mediante il bilanciamento dei telaini di covata e un’attenta valutazione della regina, possiamo disinnescare la naturale tendenza delle colonie alla sciamatura. Sta quindi all’apicoltore fare in modo che gli alveari arrivino pronti all’appuntamento più importante dell’anno, la fioritura dell’acacia, condizioni meteorologiche permettendo
 
Pittori, musicisti, scrittori e tanti altri artisti hanno descritto, musicato e dipinto la Primavera, stagione che ho sempre letto e tradotto con questo semplice sinonimo: Aprile.
Mi viene istintivo applicarlo ed effettivamente in Aprile vedo tutta la dinamicità della Primavera: è in questo mese che la natura si risveglia alla vita. L’entusiastica allegria di questo mese e l’avvicendarsi dei suoi elementi, ci portano inevitabilmente a confonderci tra i profumi dei fiori e il vorticoso rincorrersi delle nuvole. Ma siamo noi apicoltori, in questo meraviglioso filmato della natura, i protagonisti consapevoli e inconsapevoli, del quale il ronzio delle api è la feconda colonna sonora e l’alveare la sua allegoria.
Questa introduzione, volutamente ispirata all’arte, vuole motivare la passione degli apicoltori contro gli scoraggiamenti che spesso vengono indotti in questo periodo storico. Non ricordo in apicoltura una fase più scoraggiante di questa, se non quella dell’arrivo della varroa verso la metà degli anni ottanta che trascinò molti apicoltori nello sconforto, me compreso.
Il motivo principale dello sconforto odierno sta nell’ansiosa attesa dell’arrivo di questi nuovi nemici dell’ape, ma anche lo sforzo di introdurre tecniche sempre più complesse, dovute alla presenza dell’ormai conclamata varroa, con la quale siamo nostro malgrado riusciti a convivere, ma e soprattutto, a confrontarci con le infezioni virali cui essa ci ha obbligati, e inoltre, i numerosi prodotti drammaticamente nebulizzati sulle nostre colture, purtroppo ipocritamente considerati innocui per gli insetti pronubi, non ci aiutano.
Per finire “dulcis in fundo”, aggiungiamo a tutto questo i sempre più complessi vincoli burocratici legati all’apicoltura in generale, abbiamo così un cocktail di esplosivo sconforto con il quale possiamo brindare al grido di, senza tema di smentite: “È la passione che fa l’apicoltura”.

IL RISVEGLIO
L’inverno non è stato molto freddo, ed ha permesso a tutte le famiglie di svernare senza tante difficoltà. Questo però ha fatto sì che le api consumassero un po’ di più. Non è facile prevedere con precisione come sarà il mese Aprile quest’anno, visto che la stesura di questo articolo avviene per necessità tecniche tra la fine di Febbraio e i primi giorni di Marzo, pertanto chiedo scusa per eventuali imprecisioni, ma sono certo che sarà un Aprile nella media generale degli anni precedenti: ogni zona avrà una condizione che ovviamente non sarà uguale a quella delle altre zone, ma nel complesso sarà un buon Aprile, così mi è stato assicurato dai miei amici meteorologi, anche se le previsioni a lungo termine hanno valenza di indicazioni non quindi di previsioni; ho comunque il dovere di mettervi ugualmente in guardia dal pericolo delle sciamature. L’inverno poco freddo ha fatto sì che le famiglie abbiano svernato bene come ho asserito prima, e quindi si siano sviluppate precocemente rispetto agli anni precedenti.
Fatto questo esame non resta che domandarci: abbiamo preparato l’inizio della stagione in modo corretto? Il mese scorso vi ho esortati al controllo della covata, togliendo o aggiungendo eventuali telaini di covata, indicativamente a secondo della superficie deposta, posso specificare che alla fine di Marzo, nella pianura del Nord, tre telaini di covata sono forse un po’ troppi per arrivare ai primi di maggio, ovvero per la grande fioritura dell’acacia.
Questi suggerimenti tecnici, sebbene li ripeta spesso, sono solo indicativi e infatti sono diversi i fattori che implicano il corretto arrivo alla grande fioritura.
La stessa fioritura di riferimento, l’acacia, che può anticipare o ritardare; le temperature, che possono limitare la produzione di nettare dai fiori con la conseguente diminuzione dell’importazione, la pioggia come in alcuni anni passati.
Ironicamente aggiungo che la fioritura che a noi interessa, non sempre è pronta a rispettare le date e i ritmi che noi ci siamo imposti, purtroppo siamo noi che dobbiamo attenerci ai tempi della natura.
Tutti questi fattori, aggiunti agli errori di valutazione fatti sulla forza dell’alveare, vi produrranno notevoli problemi e quello che ritengo più fastidioso e quasi inevitabile è appunto la sciamatura.
Prima di proseguire voglio ricordarvi quanto ho scritto il mese scorso, cioè che qualora abbiate trovato che qualche alveare fosse più debole degli altri, non indugiate su ricercate motivazioni, indagate concretamente sulle cause, evitando di autoassolvervi aggiungendo giustificazioni che non risolvono il problema.
Abbiamo visto finora, quali potrebbero essere i problemi legati alla produzione, e soprattutto alla crescita dell’alveare legata alle nostre necessità.
Ma vediamo quali sono gli elementi che con più probabilità possono provocare la sciamatura.
La REGINA: senza dubbio dobbiamo metterla al primo posto; essa infatti è la principale causa della sciamatura, fenomeno che senza regina non può esserci: è lapalissiano. La regina accompagna sempre lo sciame, generalmente sarà una regina vecchia, con maggiore probabilità di sciamare in funzione dei suoi anni. Però anche una regina vergine potrebbe sciamare; un esempio: per evitare la sciamatura, non è praticabile la soppressione della vecchia regina oppure il blocco del suo impeto con il taglio dell’ala, il blocco con gabbie ed altro, tutto questo non frena la cosiddetta febbre sciamatoria la quale coinvolge tutta la famiglia, e quindi questa potrebbe sciamare con la prima regina che nasce. La sostituzione della regina ogni anno scongiura la sciamatura, ma purtroppo non totalmente, una certa percentuale di giovani regine possono anch’esse sciamare.
Anche la COVATA ha un suo peso nella produzione di sostanze (feromoni) che inibiscono la sciamatura, ma questo sarà argomento di un successivo articolo.
Fino a qui, la relazione tra sciame e regina, ma possono intervenire anche fattori esterni. Ad esempio le condizioni meteorologiche: se avete osservato gli anni particolarmente piovosi hanno prodotto molti sciami; ci sono poi le sciamature dovute alla mancanza di spazio e le sciamature legate alle attività umane come la produzione di fumo, odori sgradevoli (alle api ovviamente) oppure vibrazioni o rumori, insomma varie altre probabilità che possono influenzare la sciamatura.
Possiamo evitare le sciamature? No!
Le possiamo solo limitare, raggiungendo anche percentuali vicine all’azzeramento nel caso di apicoltori esperti e professionisti; per noi invece, piccoli apicoltori per passione, non resta che il godere della raccolta dello sciame.
Gli SCIAMI non sono così nefasti per l’apicoltore di piccola dimensione aziendale, che anzi possono trarne la piacevole applicazione delle innumerevoli tecniche che ci sono nell’utilizzo dello sciame. Altra cosa è per l’apicoltore professionista, per il quale lo sciame è solo una maggiore spesa, con relativi minori introiti.
Cerchiamo dunque di limitare la sciamatura con alcuni metodi che possono essere applicati anche da noi piccoli apicoltori, al pari di quanto fanno i professionisti.
Il primo intervento è la sostituzione della regina ogni anno, con una regina selezionata e “certificata o garantita”. Come sostituirla? Bella domanda: in effetti è qui che comincia la differenza tra apicoltura professionale e amatoriale. L’apicoltore professionista apre l’alveare, alza uno ad uno i telaini, trova la regina che si presenta con un bel colore di marcatura (un puntino azzurro, bianco, giallo, rosso o verde), la prende tra le dita e la regina non c’è più: poi infila all’interno dell’alveare una gabbietta dalla quale sono state tolte tutte le api accompagnatrici, con un pezzo di candito messo a chiudere il portone della “prigione” ed ecco fatto: quando le api avranno rosicchiato tutto il candito del portone, avranno sicuramente accettato anche la nuova regina.
Qual è la differenza tra questo apicoltore e colui che opera ad un livello amatoriale? La differenza è questa: non ho ancora trovato un piccolo apicoltore capace di uccidere una regina con la disinvoltura di un professionista, e quando “necesse est” si crea talmente tanti sensi di colpa che la volta successiva non ripeterà più l’esperienza.
E allora divertiamoci a raccoglierlo questo sciame ed applicare alcune tecniche per utilizzarlo e trovarne vantaggio. Questa volta, però, preferisco intanto darvi alcuni suggerimenti sulla raccolta dello sciame mentre il prossimo mese parleremo dell’utilizzo dello sciame.

LA RACCOLTA DI UNO SCIAME
Durante la raccolta di uno sciame, è importante tenere un comportamento rispettoso verso le cose, le persone e gli animali che si trovano nelle vicinanze: se siete in un contesto urbano segnalate la vostra presenza e quella dello sciame con qualsiasi elemento che possa essere visibile, meglio se con nastro bianco e rosso. Se siete lungo una strada potete utilizzare il triangolo dell’auto, questo sia per la vostra sicurezza che per quella degli altri, ricordando che possono esserci persone allergiche e che comunque hanno paura: anche di questa paura è necessario avere rispetto.
Attenzione perché quello che sembra facile può diventare difficile e pericoloso: sarà bene indossare sempre gli indumenti protettivi e soprattutto la maschera; se lo sciame è presso una cabina elettrica o vicino a fonti di corrente, verificate che l’alimentazione non sia presente; utilizzate le scale in modo appropriato, possibilmente legatele e verificate che l’appoggio sia solido. Se dovete andare in posti isolati per la cattura di uno sciame fatevi sempre accompagnare, l’aiuto potrebbe essere non solo utile ma in certi casi indispensabile, fino ad arrivare, voglio volutamente esagerare, al salvarvi la vita. Infine non lasciate l’affumicatore acceso vicino a paglia, aghi di pino, foglie secche e qualunque altro materiale infiammabile.
Perché raccogliere uno sciame?
Gli sciami devono essere raccolti e quindi salvati, non solo perché essi rappresentano un vantaggio per l’apicoltore, ma perché in questo periodo storico dell’apicoltura, a differenza di qualche decennio fa, lo sciame andrebbe incontro a morte certa.
Facendo un calcolo puramente economico, la cattura di uno sciame, a volte in posizioni impossibili, non è conveniente; oggi il costo dell’operazione è superiore alla futura sperabile rendita che ne potrebbe derivare. Ma il piccolo apicoltore lo sciame lo raccoglie per passione e anche un po’ per interesse, infatti, ahimè, anch’egli gratifica la propria conduzione con la quantità di miele prodotto: migliore saranno le sue capacità di gestione anche dello sciame e maggiore sarà la produzione. Attenzione a non confondere la giusta e umana gratificazione che giustifichi la nostra passione, con lo sfruttamento “industrializzato” dell’ape.
Concludendo io considero lo sciame una opportunità, prestandogli un po’ di attenzione  e dedicandogli un po’ di tempo, lo sciame potrà portare qualche vantaggio, come l’aumento degli alveari futuri, ma anche, se impiegato opportunamente, ad un incremento produttivo dell’alveare, cosa di cui vi parlerò in un prossimo articolo.
 
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