n. 665, aprile 2016
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 • Ambiente
Clima pazzo, api confuse. Queste strane sciamature del 2016, l’anno più caldo di sempre
 
Stefano Dal Colle
 
 
Se a lanciare l’allarme è la Nasa, e non solo gli Apicoltori, allora la questione è tanto seria quanto grave: dopo un autunno e un inverno anomali, le temperature continuano a stare un grado sopra la media degli ultimi trent’anni. Le api ce lo testimoniano ogni giorno con il loro comportamento anomalo: sciami a raffica, raccolti perduti, così cambia il modo di fare Apicoltura
 
Non sono proprio tanto vecchio, ma i trentacinque anni di attività in Apicoltura mi hanno permesso di notare, quest’anno, un comportamento insolito delle api in occasione della sciamatura.
A tutti sarà capitato di vedere uno sciame che si posa sul ramo di un albero, a pochi metri dall’alveare di origine, per poi andarsene qualche ora dopo. Gli sciami secondari, con regina vergine, fanno proprio così!
Ma con la frequenza con cui è accaduto quest’anno tale fenomeno, tra aprile e maggio, non si era mai visto.
Di solito, con l’acacia “bagnata”, le api non riescono a intasare il nido di nettare per cui la famiglia “stalla” in una perenne condizione di sovrappopolazione di api e covata giungendo a conseguenze facilmente immaginabili. Se poi nel corso della stagione non si avrà la cura di cambiare sia la regina uscita con lo sciame, sia quella nuova rimasta nell’alveare, non faremo altro che perpetuare negli anni a venire la propensione genetica alla sciamatura. Ma si sa che ai più dispiace sostituire così tante belle regine…
Con l’acacia in fiore c’è dunque stata una sciamatura incontrollabile, con sciami che escono anche nel tardo pomeriggio, fino alle 17,00 o 18,00 del pomeriggio (se prima piove è naturale). Gli Apicoltori più anziani mi hanno insegnato che è meglio aspettare il tramonto per recuperare lo sciame; effettivamente accettano meglio il nuovo ricovero e quelle rimaste sul ramo pian piano raggiungono le sorelle fra i favi: ma, a sorpresa, ci stiamo sempre più spesso accorgendo che il giorno dopo il recupero le api abbandonano l’arnia e se ne vanno.
E questo accade anche due o tre giorni dopo la cattura.
Un altro consiglio degli Apicoltori anziani era quello di inserire un telaino con covata fresca assieme ai fogli cerei che accoglieranno lo sciame: ma le api abbandonano anche in presenza di  covata e, fatto ancora per me inspiegabile, ciò accade anche dopo due o tre giorni di permanenza nella nuova arnia.
A proposito di sciami (e magari anche per consolarci un po’), mi è stata consigliata da un amico Apicoltore una semplice operazione per recuperare un bel melario di acacia anche dallo sciame appena catturato.
Si inseriscono nell’arnia, insieme allo sciame, quattro fogli cerei e si stringe il tutto fra due diaframmi; si posizionano l’escludiregina e il melario e… le api costruiranno in fretta i fogli cerei e riempiranno questi di covata e il melario di miele; così facendo le api strutturano perfettamente il nido, anche se solo su 4 favi di covata, evitando di intasarlo di miele, inutile al futuro sviluppo della colonia.
A fine raccolto avremo un duplice risultato: si sarà prodotto il miele, a volte anche di più di quello ottenuto dalla famiglia di partenza, ma avremo anche un nido pieno di covata e api giovani di ricambio pronte per un nuovo raccolto. Tralasciamo perciò la consuetudine di far riempire prima il nido per poi pensare al melario: è proprio controproducente.
 
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Foto 1
Nido con lo sciame: i quattro fogli cerei che ora sono bei favi nuovi costruiti e, ai lati, i due diaframmi (quelli che appaiono di colore diverso dai quattro telaini nuovi).
Foto 2
Melario con 10 Kg di miele di acacia dopo cinque giorni dalla cattura (malgrado le frequenti piogge).
 
 
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