Speciale Apicoltori - n. 595, dicembre 2009
Gli uomini dell'Apicoltura in Italia
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 • Renato Petroni
Giovani apicoltori crescono
di Massimo Ilari, Alessandro Tarquinio
 
 CARTA DI IDENTITÁ
 nome  Renato
 cognome  Petroni
 età  25
 regione  Lazio
 provincia  RI
 comune  Paganico Sabino
 nome azienda  Az. Agricola Petroni
inizio attività  2009
arnie  25
 apicoltura  Stanziale
tipo di api  Apis Mellifera Ligustica
 tipo di miele  Acacia
Millefiori
 miele prodotto  5 quintali/anno
 
 • L'Intervista
 
Come ha iniziato l'attività di apicoltore?
L’attività di apicoltore nasce innanzitutto dall’amore per la natura e dall’attaccamento alla terra dove sono nato. L’attività vera e propria però inizia circa 4 anni fa quando mio padre decise di portare avanti un hobby già praticato da mio nonno. Avevamo tre arnie che servivano per produrre il miele necessario al fabbisogno familiare. Io all’inizio mi limitavo ad aiutare il papà nelle operazioni di smielatura, tenendomi lontano dagli alveari. Poi, un giorno, spinto dalla curiosità, ho deciso di avvicinarmi, nel vero senso della parola, all’apicoltura. Confesso che avevo un po’ di paura ma non appena mio padre tolse il coperchio dell’arnia la sensazione fu stupenda. Vedere migliaia di api muoversi freneticamente, ma razionalmente, all’interno di piccoli spazi mi lasciò a bocca aperta. E’ stato un colpo di fulmine. Da quel momento ho iniziai ad aiutare mio padre regolarmente in tutte le operazioni. Aumentammo il numero di arnie di anno in anno grazie al recupero di materiale usato presso vari hobbisti della zona e grazie alla raccolta di sciami naturali. La passione per l’apicoltura è diventata sempre più forte. Ad aprile di quest’anno abbiamo quindi deciso di trasformare un hobby e una passione in un’attività vera e propria. Nasce così la nostra Azienda che è ancora una piccolissima realtà, anche se auspichiamo che possa diventare una realtà imprenditoriale nella nostra zona. Siamo un cantiere in espansione, per prendere a prestito una metafora.
 
Per quali motivi ha scelto questa strada?
Come ho già detto in precedenza l’attaccamento alla mia terra è forte e la voglia era quella di creare un’attività imprenditoriale a stretto contatto con la natura, in un’area in cui fare impresa non è certo facile. L’attività è ancora un’attività part-time, ma credo possa diventare un’attività principale grazie all’impegno e al sacrificio che sapremo mettere in campo. Il mio percorso di studi, sono laureato in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente, mi ha certamente favorito poiché mi ha fornito alcune nozioni che, in un’attività svolta a strettissimo contatto con la natura, risultano fondamentali. La conoscenza delle piante, dei periodi di fioritura, delle relazioni ecologiche tra le componenti di un ecosistema sono elementi fondamentali per praticare una buona attività apistica.
 
Che cosa vuol dire avere una passione per l’Ape?
Significa amare la natura. Rispettare le sue componenti e le relazioni che intercorrono tra di esse, il suo equilibrio dinamico. Significa saper affrontare le difficoltà che si manifestano giornalmente, visto che la natura non è mai ferma e i suoi cambiamenti a volte sono imprevedibili. Poi, una volta che si osserva l’incredibile lavoro delle api non si può rimanere indifferenti e non ci si può non innamorare della loro splendida e perfetta organizzazione.
 
Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?
Le difficoltà che incontrano tutti gli apicoltori di aree montane, l’invernamento e la ripresa primaverile. Non è raro, infatti, che si abbiano periodi piuttosto prolungati caratterizzati da temperature molto rigide o con elevata piovosità. Sicuramente è un problema, ma questo è il nostro clima e per questo abbiamo imparato a conviverci. Allo stesso tempo, però, ci riteniamo molto fortunati poiché non abbiamo nessun problema legato all’inquinamento, visto che nella nostra zona l’agricoltura e l’industria sono praticamente assenti.
 
Che problemi pone la commercializzazione?
Fino ad oggi non ci sono stati problemi di commercializzazione in quanto la quantità di miele che produciamo è ancora modesta ma sicuramente un problema c’è stato: quello di far comprendere la qualità del prodotto ad alcuni clienti. Non di rado, i clienti storcevano il naso sentendo il prezzo (che poi è un prezzo in linea con quello dell’Osservatorio Nazionale per la Produzione e il Mercato del Miele), forse perché erano abituati ad acquistare il miele a prezzi ridicoli al supermercato, senza fare attenzione alla provenienza e alla qualità. L’informazione al cliente è sicuramente un problema per tutto il settore apistico.
 
Pratica il nomadismo?
Fino ad oggi no, ma spero di attuarlo già dalla prossima stagione. Credo che inizierò con un nomadismo a cortissimo raggio per la raccolta del castagno: a pochi chilometri di distanza abbiamo boschi di castagno molto estesi e facilmente raggiungibili.
 
Un Apicoltore deve essere anche un esperto botanico?
Come ho già detto prima: deve sicuramente essere un botanico ma non solo. In parole povere, deve essere un po’ veterinario, un po’ biologo, un po’ metereologo. Insomma, deve imparare a conoscere le sue api ma soprattutto la zona in cui lavora, e questo non è sicuramente facile.
 
Che tipo di apicoltura pratica?
Noi pratichiamo un’apicoltura che può essere definita biologica al 100%, non abbiamo ancora la certificazione biologica, ma tutto ciò che facciamo è assolutamente biologico. Non utilizziamo nessun farmaco tossico per le api e per il consumatore o antibiotici: facciamo tutti i trattamenti riconosciuti dalla Comunità Europea come trattamenti per l’apicoltura biologica. Quindi non attuiamo trattamenti particolari e non utilizziamo modi di lavorare fuori dall’equilibrio con la natura.
 
Cosa direbbe agli apicoltori che usano antibiotici?
Innanzitutto che è illegale, e non è poco, poi che ormai è riconosciuto da tutti che il ricorso a questi farmaci non risolve i problemi legati, ad esempio, alla peste americana. Non appena si interrompe il trattamento ci si accorge che la malattia si rimanifesta e ciò immette, per chi chiaramente usa questi farmaci, in un circolo vizioso per cui se li utilizzi una volta non puoi più farne a meno e allo stesso tempo non hai risolto il problema. Non sottovaluterei, poi, il problema della presenza delle tracce di queste sostanze nel prodotto finito, cioè nel miele, e i rischi che ciò può comportare per il consumatore.
 
Come lotta contro la varroa?
I trattamenti per la lotta alla varroa prevedono l’utilizzo di sostanze assolutamente non pericolose come preparati a base di timolo, mentolo, eucaliptolo e canfora, oltre ovviamente all’utilizzo dell’acido ossalico sia sgocciolato che sublimato.
 
Cosa non funziona nel mondo apistico?
Ancora non conosco bene il mondo apistico e chi lavora al suo interno quindi non posso esprimere un parere ma, invece, posso dire quello che non funziona intorno al mondo apistico. C’è da rivedere totalmente il modo di fare agricoltura, non è più possibile disperdere tonnellate e tonnellate di pesticidi nell’ambiente senza pensare alle conseguenze per le api, le impollinatrici per eccellenza, e per tutti gli altri esseri viventi, compreso l’uomo ma soprattutto c’è da rivedere totalmente il rapporto tra l’uomo e la natura. Basta con l’impiego sfrenato delle risorse naturali, con l’inquinamento spesso impunito di acqua, aria e suolo. Bisogna dire no all’idea secondo la quale l’ambiente è solo qualcosa da sfruttare. La natura va rispettata e tutelata perché dalla sua sopravvivenza dipende la nostra vita e quella di tutti gli altri esseri viventi.
 
Cosa funziona nel mondo apistico?
E’ il rapporto tra l’apicoltore e le api. Spero di non sbagliarmi.
 
Cosa rappresentano per lei le api?
Attualmente, rappresentano ancora un universo da scoprire. Un universo tanto fantastico quanto vasto, ma piano piano sono convinto che riuscirò a capire sempre meglio i loro comportamenti e le loro esigenze. C’è molto da lavorare ma la voglia di imparare è grande.
 
Lei è un giovane apicoltore, a suo parere c’è bisogno di giovani in apicoltura?
Assolutamente sì, credo che prima di tutto l’apicoltura può diventare un’attività principale se portata avanti con criterio e sviluppando tecniche nuove. Penso che il giovane sia adatto per imparare le tecniche degli apicoltori anziani esperti e sia soprattutto adattissimo ad imparare le nuove tecniche. Dunque, come ritengo sia in ogni campo, l’inserimento dei giovani nelle attività agricole è determinante per lo svolgimento e lo sviluppo di qualsiasi attività.
 
Che cosa potrebbero portare di nuovo?
Possono portare la freschezza della mente e la capacità di imparare ed implementare nuove tecniche per sviluppare un’apicoltura sempre più vicina alla natura e non basata sul reddito e sullo sfruttamento delle api e della natura che le circonda.
 
Che cosa frena l’inserimento dei giovani in apicoltura?
Sicuramente l’apicoltura è un’attività per cui inizio c’è bisogno di risorse e i giovani, soprattutto in un momento come questo, di risorse ne hanno ben poche. La soluzione? Se le amministrazioni locali come, comuni, province, regioni e comunità montane fossero vicine ai giovani, quest’ultimi, con passione, potrebbero attivare la loro attività apistica. Non va certo sottaciuto che l’investimento iniziale è veramente notevole, comprare le attrezzature costa e iniziare da zero a venti/venticinque anni, senza un bagaglio alle spalle, è veramente difficile. Così senza l’ausilio degli enti locali, secondo me, non è possibile impiantare un’attività che possa diventare professionale a tutti gli effetti.
 
Nella vostra zona gli enti locali sostengono l’apicoltura?
Direi poco. Nella nostra zona giusto la comunità montana, ultimamente, ha pubblicato un bando dedicato all’apicoltura al quale ho partecipato e sono in attesa di ricevere dei possibili finanziamenti. Però, per adesso, è l’unico approccio a favore. Ho cercato anche dei fondi in regione nell’area dedicata allo sviluppo rurale, ovviamente le tempistiche sono abbastanza lente e province e comuni sono molto lontani dall’attività apistica, come sono lontani dalle altre attività agricole. Nella zona non c’è una agricoltura che possa dare reddito. Il motivo? E’ sicuramente da ricercare nel sistematico abbandono del territorio: i giovani preferiscono andare altrove, però c’è anche il fatto che siamo stati abbandonati dalle istituzioni. Una mano è venuta dalla Riserva Regionale Naturale Monti Navegna e Cervia che mettono a disposizione un laboratorio di smielatura, poi hanno creato un percorso per far conoscere alle scolaresche il mondo delle api.
 
Aspettative future dell’attivita?
C’è la volontà di farla diventare un’attività prevalente, speriamo anche che sia il piano di Sviluppo Rurale sia i finanziamenti della Comunità Montana ci permettano di incrementare il parco apistico.
 
 
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Renato Petroni
 
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